OPERALOMBARDIA: La Sonnambula – Vincenzo Bellini

OPERALOMBARDIA: La Sonnambula – Vincenzo Bellini

  • 14/01/2020

La somnambule, ou L’arrivée d’un nouveau seigneur

Melodramma in due atti
Libretto di Felice Romani, dal ballo pantomimo La somnambule, ou L’arrivée d’un nouveau seigneur di Eugène Scribe e Jean-Pierre Aumer
Musica di Vincenzo Bellini
Prima rappresentazione: Milano, Teatro Carcano, 6 marzo 1831

 

Direttore Leonardo Sini
Regia Raúl Vázquez

 

Personaggi e Interpreti:

  • Il Conte Rodolfo Davide Giangregorio
  • Teresa Sofia Janelidze
  • Amina Veronica Marini
  • Elvino Ruzil Gatin – Edoardo Milletti
  • Lisa Giulia Mazzola
  • Alessio Luca Vianello
  • Un notaio Claudio Grasso

Scene Sergio Loro
Costumi Claudio Martín
Light designer Vincenzo Raponi
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coro OperaLombardia
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Nuovo allestimento I Teatri di OperaLombardia
in coproduzione con Ópera Las Palmas

 

Si conclude con l’ottava replica il ciclo dedicato alla Sonnambula di Vincenzo Bellini che ha visto impegnati i teatri Sociale di Como, Fraschini di Pavia, Ponchielli di Cremona e Donizetti di Bergamo (ancora in fase di restauro e provvisoriamente trasferitosi al Sociale nella splendida Città Alta).

Frutto della fortunata coproduzione tra i teatri di OperaLombardia e Ópera Las Palmas il capolavoro belliniano ci viene proposto dalla regia di Raùl Vàsquez in un’ambientazione curata da  Sergio Loro lontana dal luogo comune delle Alpi svizzere, delle quali si avverte la presenza ma che mai compaiono. Il periodo storico, messo in risalto dai costumi di Claudio Martin, è quello della prima metà dello scorso secolo. In un luogo a parte dai nefasti tumulti che hanno martoriato il mondo, in un’isola per così dire felice, si svolge quella vicenda che diversamente dalle apparenze che la vedrebbero quale romantica, porta in sé un messaggio contro la superstizione, la credulità e l’ignoranza che caratterizzano in particolar modo le piccole realtà collettive. Si parla di un fantasma che si aggira la notte e al quale tutti credono, per arrivare a quel fenomeno scientificamente provato che è il sonnambulismo al quale nessuno vorrebbe credere. Non basterà a convincere la lettura d’un testo da parte dell’autorevole voce del Conte Rodolfo, ma occorrerà che ad onor del vero si provi la reale sussistenza della malattia di Amina che si presenta nella pubblica piazza in stato di sonnambulismo. Le ottime luci sono quelle di Vincenzo Raponi.

Ci piace partire proprio dal Conte Rodolfo, personaggio apparentemente semplice che si potrebbe erroneamente inquadrare nella sfera dei personaggi buffi, ma che in realtà comprende tutta una serie di finezze e sfumature che solo un buon interprete quale è stato Davide Giangregorio può mettere in risalto. Certificate con lunghi applausi a scena aperta le doti quali l’emissione vocale piuttosto che l’intonazione e quant’altro sull’aria vi ravviso, o luoghi ameni, restano da definire come ottime le arti sceniche con le quali il basso-baritono ci ha descritto un personaggio nobile, autorevole, al contempo piacione e a tratti autoironico. Seguendo l’ordine di apparizione in cartellone si passa per la madre adottiva della protagonista: Teresa interpretata dal mezzosoprano di origini georgiane Sofia Janelidze. Il ruolo richiede una quasi continua presenza sulla scena, brevi ma significativi interventi vocali, alcuni dei quali di una discreta difficoltà dovuta ad una scrittura non proprio comoda. Di lei possiamo dire ottima interpretazione ed emissione vocale sempre bene a fuoco e ben udibile in tutto il registro, tanto nel quartetto iniziale quanto nel delizioso quintetto, così come nei recitativi e nell’unico solo. L’Amina del soprano Veronica Marini piace molto al pubblico in special modo nell’aria  ah! non credea mirarti dove ha occasione di snocciolare tutte le sue più preziose peculiarità quali i piani egli eccellenti pianissimi oltre ad una notevole musicalità. Poco però convince una sempre uguale caratterizzazione dei momenti di gioia così come in quelli del più profondo sconforto. Qualche carenza nei sovracuti. Piccoli appunti sui quali avrà certo modo di lavorare. Difficile immaginare un interprete migliore di Ruzil Gatin per il Rulo di Elvino. Il tenore russo, scevro del benché minimo difetto di pronuncia, ci offre un personaggio baldanzoso, delicatamente comico e dalla vocalità pressoché eccellente. Chiamato come dire alle armi dal Teatro alla Scala, il primo tenore viene sostituito da Edoardo Milletti dotato sì di un prezioso timbro e di ampio spettro armonico, ma che lo speriamo, voglia ancora lavorare per quel che concerne l’intonazione non sempre ottimale e sulle posizioni del suono. L’aspetto scenico è contrassegnato da veemenze forse un po’ eccessive. Inappuntabile il soprano Giulia Mazzola la quale conferisce le giuste dosi di personalità all’indispettita Lisa completandola con la perfetta e gradevole misura dei suoni. Molto apprezzato ogni suo intervento, applauditissima durante e dopo la cavatina tutto è gioia e scena ed aria de’ lieti auguri a voi son grata. È buffo e ben dosato anche il personaggio di Alessio del baritono Luca Vianello dall’ottima presenza scenica e dal brillante squillo fresco e schietto. Tenera l’immagine del Notaio di Claudio Grasso estrapolato dal coro per l’occasione.

Al debutto assoluto il direttore Leonardo Sini la cui prudenza in un’opera non proprio facile si fa un po’ sentire, ma che dimostra di sapere il fatto suo in quanto alla tenuta, agli equilibri, ad un gesto chiaro e non ultimo, in quei momenti dove si rischia di mandare tutto all’aria per un errore di questo o quello, di saper riprendere con polso la situazione senza che quasi ci si accorga dell’incidente.

Molto bene anche il maestro Massimo Fiocchi Malaspina attento preparatore del Coro Opera Lombardia mediamente apprezzabile per musicalità e colori, dove la fazione femminile emerge rispetto a quella del sesso forte restituendo alle rappresentazioni quell’aura che avvolge le riunioni delle comari di paese. Il bisbiglio, il pettegolezzo per arrivare alle movenze da contadinotte si impongono su uomini sornioni e decisamente succubi di un potere manifesto. Talune tanto brave che viene da chiedersi se sia una perfetta interpretazione su indicazioni registiche o se piuttosto non si ritrovi sulla scena ciò che l’artista porta di sé sulla scena.

Successo reiterato in tutte le repliche che hanno visto teatri vicini al tutto esaurito.

Roberto Cucchi

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