BERGAMO: Juan Diego Flórez, un trionfo annunciato!

BERGAMO: Juan Diego Flórez, un trionfo annunciato!

  • 05/12/2017

Un trionfo era persino prevedibile, ma Juan Diego Flórez è riuscito a fare anche di più, mandando in visibilio il pubblico della serata conclusiva del Festival Donizetti 2017 di Bergamo, al Teatro Sociale in Città Alta.

a cura di Paolo T. Fiume


Il celeberrimo tenore peruviano si è esibito in un recital dal programma convincente e bilanciato, accompagnato al pianoforte da un professionista solidissimo come l’italoamericano Vincenzo Scalera, ora docente dell’Accademia Teatro alla Scala. La prima parte, dedicata a Donizetti, ha visto dopo le romanze L’amor funesto e Me voglio fa ‘na casa una prestazione eccezionale nelle tre grandi arie operistiche Ange si pur dalla Favorite, Tombe degli avi miei (Lucia di Lammermoor) e Ed ancor la tremenda porta, da Roberto Devereux. Dopo l’intervallo si sono percorse alcune celebri pagine di altri operisti (Rossini, Che ascolto? Ohimè da Otello; Massenet, Pourquoi me réveiller, Werther; Puccini, Che gelida manina, Verdi, La mia letizia infondere dai Lombardi e Lunge da lei… De’ miei bollenti spiriti).

Tutto il programma è stato una autentica lezione di belcanto, dimostrando ancora una volta la grandissima caratura di Flórez, che a 44 anni mostra una voce tecnicamente solidissima, magnificamente controllata, dal timbro millimetricamente studiato e senza alcuno spazio per sbavature, eccessi o scorciatoie di qualunque sorta. Ancora maggiori pregi del primo ad aver rotto il tabù e strappato un “bis” alla Scala sono quelli di una naturalezza fuori dall’ordinario e di un’interpretazione evidentemente frutto di un animo di rara sensibilità. Nessuno di questi pur notevoli elementi sarebbe tuttavia sufficiente da solo a creare un artista del calibro di Flórez, che marca il segno della sua fortuna specialmente nel saper sempre trovare, nei filati in pianissimo (sempre in voce) e negli acuti più stentorei, nel cantabile e nella coloratura, nel fiero incedere di una cabaletta o nell’intimo struggimento di una romanza, un equilibrio completamente convincente, centratissimo, che fa chiedersi: è possibile sentire di meglio, oggi?

Il timbro è seducente, limpido, sempre modellato sulla parola, elegante, solido. Il suono è raccolto, proiettato, pieno e caldo nonostante la tessitura leggera. L’intonazione non è mai difettosa e anche le colorature più pericolose sono modellate con agilità perfetta. La voce è versatile, e gli permette di destreggiarsi con indiscutibile abilità anche in un repertorio, particolarmente quello verdiano, che esigerebbe teoricamente una vocalità più lirica. Che gelida manina è commovente.

Finito il recital, dopo aver riscosso per ogni brano costanti esclamazioni d’apprezzamento, Flórez concede ben sette bis, concedendosi anche qualche divertito scambio di battute con il pubblico, battuta sulla qualificazione ai Mondiali compresa, dimostrando una freschezza e una “sprezzatura” indubbiamente affascinanti. Una furtiva lagrima è cesellato con rara partecipazione. Nell’estasi della sala, imbraccia quindi una chitarra e concede quattro brani (Marechiare, Besame mucho, Malagueña, Cucurrucucú Paloma) con la naturalezza e il trasporto di un amico che suoni ad una cena, ma con la voce di uno dei migliori tenori del pianeta, divertendosi con un falsetto da diapason, facendo l’occhiolino sulle tenute nel pianissimo.

L’uditorio giunge ad approvazioni francamente mai sentite, inclusa una standing ovation, per la celeberrima Pour mon ame di Donizetti, dove i nove “do” sono risolti nel migliore dei modi. Chiude quindi un recital indimenticabile con La donna è mobile, che segna la firma di un vero talento, migliore antidoto contro i “passatisti”, migliore speranza per un futuro sempre radioso.

Paolo T. Fiume

fotografie Gianfranco Rota

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