Teatro Coccia di Novara – Il Barbiere di Siviglia – 14/15 Novembre 2015

Teatro Coccia di Novara – Il Barbiere di Siviglia – 14/15 Novembre 2015

  • 09/11/2015

 

IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Sabato 14 novembre 2015 ore 20.30 – Turno A

Domenica 15 novembre 2015 ore 16.00 – Turno B

Melodramma buffo in due atti

Musica di Gioachino Rossini, su libretto di Cesare Stermini

da «Le barbier de Seville ou l’inutile precaution» di P.de Beaumarchais

Prima rappresentazione: Roma, Teatro Argentina, 20 febbraio 1816

 

Direzione d’orchestra: Nicola Paszkowski

Regia: Alessio Pizzech

 

Personaggi e Interpreti:

  • Il Conte d’Almaviva: Bechara Moufarrej / Alfonso Zambuto
  • Don Bartolo: Diego Savini / Davide Franceschini
  • Rosina: Laura Verrecchia / Alessia Martino
  • Figaro: William Hernandez
  • Don Basilio: Eugenio Di Lieto
  • Berta: Simona Marzilli / Máriam Guerra Chamorro
  • Fiorello: Lorenzo Malagola Barbieri  / Federico Cucinotta
  • Ambrogio: Andrea Gambuzza
  • Notaio: Davide Franceschini / Diego Savini
  • Un ufficiale: Massimiliano Svab

Scene e costumi: Pier Paolo Bisleri

Luci:  Claudio Schmid

OGI Orchestra Giovanile Italiana

Ensamble LTL Opera Studio

Coproduzione Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, Azienda Teatro del Giglio di Lucca,Fondazione Teatro Verdi di Pisa e Fondazione Teatro Coccia Onlus di Novara

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Atto primo: Il conte d’Almaviva intona una serenata al balcone della bella Rosina la quale tuttavia non si degna di rispondere. Quando sopraggiunge Figaro, furbo barbiere, lo convince ad aiutarlo nel suo tentativo di conquistare la donna. Dietro consiglio di Figaro, il conte dovrà travestirsi da soldato e ottenere alloggio presso Don Bartolo, tutore della ragazza e intenzionato a sposarla. Almaviva, facendosi passare per un certo Lindoro canta un’altra serenata al balcone della fanciulla che, questa volta, risponde e anzi sente in cuor suo un’attrazione per lo sconosciuto e consegna a Figaro un biglietto per Lindoro. Entra in scena il maestro di musica, Don Basilio che rivela a Don Bartolo la presenza in città del conte d’Almaviva; il vecchio tutore, temendo che il conte possa esercitare il suo fascino sulla ragazza, decide di stendere subito il contratto di nozze. Accortosi poi che manca il foglio dalla scrivania, le fa una scenata. Entra il conte, fingendosi ubriaco e travestito da soldato, chiedendo ospitalità. Don Bartolo rifiuta e invoca il soccorso di un ufficiale il quale, riconosciuto in Lindoro nientemeno che il conte d’Almaviva, si allontana ossequioso (e con lui i soldati), suscitando lo stupore dei presenti.

Atto secondo: Si presenta a Don Bartolo un certo Don Alonzo, dicendo di essere allievo di Don Basilio, ammalato, e venuto a sostituirlo nella lezione di musica. Il tutore non si fida; soltanto quando Don Alonzo (si tratta in realtà del conte travestito) gli mostra un biglietto di Rosina intercettato e diretto ad Almaviva, Don Bartolo si convince. Ha inizio la finta lezione di musica durante la quale Rosina e Lindoro si accordano per fuggire insieme, disturbata solo dall’imprevisto arrivo di Don Basilio, subito allontanato grazie ad una cospicua somma di denaro. Don Bartolo vuole celebrare le nozze la sera stessa, fa convocare il notaio e convince Rosina che Lindoro non l’ama ma vuole solo il tramite per darla nelle mani del potente conte di Almaviva. Rosina si chiude in camera in attesa delle nozze, decisa a sposare il tutore. Nella stanza riescono a penetrare Figaro e Lindoro, che rivelano alla fanciulla la verità. Pronti a fuggire, i tre scoprono che la scala che doveva servire alla fuga è stata sottratta. Quando entra in scena Don Basilio col notaio preposto alla celebrazione delle nozze, l’astuto Figaro fa credere allo stesso notaio che i nubendi siano Almaviva e Rosina: viene così celebrato il rito nuziale fra i due; a Don Bartolo, disperato perché ormai non c’è più nulla da fare, il Conte, con generosità, decide di lasciare in regalo la dote di Rosina.

Con Il barbiere di Siviglia, quattordicesima produzione del progetto LTL Opera Studio, i tre Teatri di Tradizione della Toscana (Teatro Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca e Teatro di Pisa) con il Teatro Coccia di Novara, rafforzano il loro impegno per un progetto ormai divenuto momento centrale all’interno della loro programmazione.

Il “Laboratorio Toscano per la Lirica” è un’esperienza unica nel panorama nazionale di perfezionamento ed alta formazione per i giovani cantanti e per le professioni legate al teatro musicale, a cui nel 2013 è stato tributato il prestigioso Premio della critica musicale “Franco Abbiati” per la categoria “migliore iniziativa”.

Oggi più che mai si conferma la volontà di investire su di un percorso progettuale che ha maturato negli anni risultati tangibili, con l’importante apertura di fronti coproduttivi nazionali e internazionali. Attraverso il “Laboratorio Toscano per la Lirica” è stato avviato un processo di scoperta e di valorizzazione di giovani talenti vocali tramite un lavoro accurato di selezione, formazione e preparazione legato alla dimensione di laboratorio e di teatro studio. I giovani sono selezionati ogni anno attraverso un percorso formativo sui temi del titolo prescelto, ma corredato da lezioni generali sul rapporto gestuale, interpretativo, sulla consapevolezza del rapporto artista lirico e spazio scenico.

Siamo convinti che l’opera lirica possieda ancora oggi una funzione culturale ed un linguaggio che la rende attuale per il pubblico dei nostri giorni. L’impegno per la cultura e per le nuove generazioni di artisti unisce le nostre città e siamo convinti che il pubblico saprà apprezzare questo nuovo allestimento de Il barbiere di Siviglia, un’edizione rispettosa della dimensione giocosa e del sapore spagnolo della partitura, che esalterà quell’idea di macchina musicale e teatrale che sta nel cuore stesso della drammaturgia musicale rossiniana.

Scrivere sul Barbiere

Scrivere sul Barbiere è forse… più difficile che dirigerlo. Dirigere il Barbiere è indubbiamente una grande impresa, ci si trova a tu per tu con l’opera più eseguita e quindi più famosa al mondo, la sua “carriera” non ha conosciuto interruzioni da ormai duecento anni! Solo la data della sua creazione ci allontana dal Barbiere, opera modernissima senza tempo e per questo ancora capace di donarci emozioni e divertimento.

Il mio lavoro è partito (come sempre nel caso dell’opera) dalla lettura del libretto di Cesare Sterbini, usato per la prima rappresentazione. È nel libretto che nasce la prima spinta alla composizione rossiniana. È lì che il mondo di Beaumarchais filtrato sapientemente dallo Sterbini suggerisce al genio di Rossini la musica da partorire. Da questa attenta lettura accompagnata dallo studio sulla bellissima ultima edizione critica a cura di Alberto Zedda edita dalla Fondazione Rossini Pesaro – Ricordi del 2009, mi si sono presentati subito tre punti di grande riflessione.

Il primo: tagli sì o tagli no. Come tutti sappiamo la vita del capolavoro rossiniano ebbe fin dall’inizio una molteplicità impressionante di “riletture” e questo soprattutto nei recitativi. Si pensi che a Napoli nel 1818 si usava sostituirli con dialoghi in prosa narrati da Bartolo in dialetto napoletano! Spesso e volentieri, probabilmente per via del fatto che il pubblico del tempo si distraeva immediatamente appena la musica si fermava, si tendeva (pare anche con l’avvallo del autore stesso) di ridurre drasticamente i recitativi. Questa “tradizione” la possiamo notare anche se si ascoltano le decine di registrazioni più o meno storiche, costatando tra l’altro che è molto difficile trovarne una simile all’altra. Ho studiato le varie alternative o meglio i vari tagli possibili e sono arrivato alla conclusione che per la comprensione reale e completa del testo originale usare la forbici non è consigliabile, quindi niente tagli nei recitativi! In fondo sono certo che si possano capire i Promessi Sposi anche se si salta qualche pagina, ma quale pagina saltare è il punto di domanda, e quindi…

Rimanendo nel mondo della tradizione e dei tagli (che strana coincidenza con i tagli alla cultura diventeranno mica di tradizione anche questi…?) chi studia il Barbiere si imbatte nel “grande” dilemma togliere o tenere la “grande aria”del tenore nel finale del secondo atto Cessa di più resistere. Questo ulteriore “dilemma” apre la porta al terzo mio personale punto di riflessione: Barbiere di Siviglia o Almaviva o sia l’inutile precauzione. Mi spiego: come sappiamo l’opera debuttò con il titolo Almaviva o sia l’inutile precauzione, pare però che già dalla seconda recita si iniziò a chiamare l’opera Il barbiere di Siviglia. Credo fortemente, che l’opera è stata scritta per il tenore il Conte d’Almaviva e l’aria in questione ne è la riprova. La fi gura del Conte vive all’interno dell’opera di un crescendo di carattere e di peso strutturale e musicale evidente, cosa che l’esuberante Figaro vive esattamente all’incontrario.

Notiamo che tutte le brillanti trovate di Figaro per aiutare il Conte naufragano tristemente una dopo l’altra, Figaro a un certo punto diventa spettatore dei voleri del Conte. Come dicevo l’opera è stata concepita sul tenore, ma forse è il caso di dire che Figaro ha preso di sorpresa lo stesso Rossini. È qui che avviene il “miracolo”: Rossini stesso “forse” non pensava che Figaro con la sua folle cavatina iniziale e con la sua esuberanza e simpatia viscerale potesse entrare così immediatamente nei cuori della gente, in maniera così irruenta fi n dalla prima esecuzione. Figaro è colui che con successo o meno muove la scena, dà vita alle maschere della tradizione dell’opera buff a donando loro ombre e luci, così da suggerire forse a quel grandissimo uomo di teatro che era Rossini di cambiare subito il titolo all’opera e di dedicarlo al personaggio che rimane uno dei personaggi più attuali che il mondo dell’opera ci ha donato.

Nicola Paszkowski – Direttore d’orchestra

Il barbiere di Siviglia ovvero come costruire “Una follia organizzata” come ebbe a dire Stendhal a proposito del capolavoro rossiniano…

Come frammenti di un gioco i personaggi entrano in scena ed allo stesso tempo fanno la loro irruzione la porta, la finestra, il balcone, la sedia da barbiere, la scala: come un quadro astratto ed infantile, nel senso più alto di tale termine, questi elementi, oggetti e personaggi, ricostruiscono il racconto scenico. Ed ecco che Barbiere diventa un gioco preciso, ritmico, poetico fino a divenire una sublime partitura tra scena e musica, cercando una sincerità, un sorriso che nasca dalla meraviglia.

Con gli interpreti di Opera Studio sta nascendo uno spettacolo leggero, che faccia sognare, guidato dalla mano di Rossini che spinge sul palcoscenico le sue creature, beffando i vecchi rappresentanti di una società che sta morendo ed esaltando l’energia giovanile di un mondo che sta nascendo.

Un Barbiere di Siviglia, quindi, fatto di colori che si stagliano sulla scena a ridefinire abiti e parrucche che prendono forma dalla contaminazione tra lo stile del settecento e l’iconografia del mondo rock degli anni sessanta del novecento. Un Barbiere che vuole restituire alla scatola magica del palcoscenico la luce della fantasia, il gioco dell’abito/oggetto.

Un Barbiere giovane, fatto da giovani con gli occhi rivolti al futuro; un Barbiere intelligente ed elegante, fatto di sogni e di illusioni, capace di rivelare la macchina scenica ed allo stesso tempo restituirla nella sua potenza immaginifica.

Un Barbiere fatto di personaggi che sono pezzi di un carillon, istanti di un gioco scenico, personaggi/maschera che viaggiano funambolicamente tra l’essere guidati dalla mente del compositore ed una loro autonoma volontà di personaggio: marionette che si staccano dai fili immaginari del teatro ed impongono la loro intelligenza, il loro spudorato coraggio nell’opporsi al vecchio mondo oramai vuoto e finito. Certo si respira nel Barbiere di Rossini e prima nella piece di Beaumarchais, un mondo nuovo che però in Rossini è più raccontato dalla freschezza del gioco, del lazzo, di un teatro che, capace di affrancarsi dall’opera buffa del settecento, costruisce un paradigma del teatro comico che talora usa il grottesco ma che fa dell’intreccio della commedia la sua scoperta più grande. Come a dire che comici non sono gli uomini ma le situazioni che essi si trovano, più o meno consapevolmente ad agire; e queste situazioni (la lettera che cade/il fazzoletto che copre il biglietto/la lezione di musica/la fuga) sono il focus dello spettacolo, strappate dallo spartito, queste situazioni emergeranno con tutta la loro forza, con tutta la loro capacità di stupirci per la semplicità della narrazione e la compiutezza della forma. A noi non resta che ingigantirle queste situazione ed alla maniera “surrealista” metterle nello spazio.

Ho il desiderio di dare una lettura contemporanea di questo capolavoro, in quanto capace di restituire al racconto la sua verve, la sua forza: il piacere di regalare un sorriso e seduti nel buio della platea dare slancio al cuore per la gioia di una sera a teatro.

Alessio Pizzech – Regista

LA SCENA ED I COSTUMI

Uno spazio vuoto, lineare, che può divenire piazza o interno della Casa di Bartolo e Rosina.

Sei grandi veneziane mobili modificano continuamente lo spazio dell’azione scenica. Scorrono, si spostano, si alzano e si abbassano per permettere il passaggio dei mobili di scena. Un continuo danzare d’oggetti improntato sulla vivacissima musica Rossiniana.

Il barbiere di Siviglia invoglia a questo gioco e tutto perciò diviene azione, movimento. L’impianto scenico è una macchina, che accompagna il passare dell’opera.

Gli elementi scenici, i mobili, tutti gli oggetti sono bianchi, gessati, statue-oggetto che aiutano e servono all’azione, ma grazie all’utilizzo delle coloratissime luci dipingeranno di riflessi la scena.

Man mano che il progetto stava crescendo mi rendevo conto che avremmo fatto uno spettacolo in uno “spettacolo”. Dei cantanti che recitano la messa in scena del Barbiere di Siviglia durante il Barbiere di Siviglia.

Nella nostra fantasia il Settecento Rossiniano si stava spostando verso un periodo più a noi vicino, legato all’immaginario degli anni ’50. Un Barbiere di Siviglia più attuale, che si diverte a nascondersi dietro ai costumi di taglio anni ‘50, ma ambiguamente realizzati con inserti Settecenteschi. Inquartate di pelle nera e berchiate simili ai giubbotti di pelle di “Fronte del porto” di Marlon Brando. Inquartate variopinte, arancione e, volutamente, un po’ kitsch. Ispirate all’abbigliamento così “originale” usato dal cantante Liberace durante i suoi concerti a Las Vegas. Cosi per un po’ tutti …. Figaro, Rosina e Berta che daranno vita a questa nostra particolare edizione dell’opera Rossiniana …. In clima Rockabilly!

Pier Paolo Bisleri – Scenografo e costumista

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