A BREVE SI APRIRANNO LE ISCRIZIONI ALLA VII EDIZIONE DEL PRESTIGIOSISSIMO CONCORSO LIRICO SALICE D’ORO
Fondato da Giovanna Lomazzi nel 2010, il Concorso Lirico Salice d’Oro e giunto alla settima edizione.
Nel corso degli ultimi anni la partecipazione al Concorso Lirico Salice d’Oro ha rappresentato un trampolino di lancio per la carriera di molti giovani cantanti lirici, che a differenza di quanto spesso accade, hanno trovato in seguito a questo particolare evento, interessanti e ottime opportunità di lavoro in importanti teatri italiani ed europei.
Come per le precedenti edizioni, la giuria sarà presieduta da Giovanna Lomazzi (vicepresidente di AsLiCo) e composta esclusivamente da direttori artistici interessati ad individuare giovani talenti. I lavori si svolgeranno a Salice Terme a partire dal 4 luglio e avranno una durata di quattro giorni.
Ai tre concorrenti più meritevoli verrà inoltre assegnato un premio in denaro. La quota di iscrizione è di € 70,00. Le iscrizioni saranno aperte a tutti i concorrenti di ogni nazionalità e registro vocale che non abbiano superato i 35 anni.
per informazioni è possibile contattare: nuovosalicedoro@gmail.com
Concorsi Lirici: to do and not to do.
Intervista a Giovanna Lomazzi, a cura di Iolanda Tambellini
La vicepresidente di AsLiCo e direttrice artistica del Concorso Lirico Salice d’Oro – Faravelli descrive le aspettative dei dirigenti teatrali e le difficoltà che un giovane cantante affronta a inizio carriera. E dà alcuni consigli.
Quanto conta per lei l’individualità di una voce?
Credo sia molto importante che da una voce emerga una personalità.
Nella storia dell’opera si è potuto constatare molte volte come delle voci non belle, o comunque con delle problematiche, in palcoscenico avessero una resa diversa e come un quid di fascino. Di Stefano è stato un tenore che non si può certo prendere come esempio di tecnica, eppure estasiava. Il pubblico partecipava ai suoi successi, alla sua fatica, anche fisica. Quando ha cominciato a vacillare, e ad avere delle serate poco felici, il pubblico l’ha sostenuto. Non ho mai sentito Di Stefano fischiato. Ho ancora nel cuore e nella mente non delle arie o delle romanze, ma delle piccole frasi, magari una parola come la diceva lui che è rimasta unica. Nessun altro ha saputo dirlo in quel modo.
Che cos’è l’interpretazione?
È l’indispensabile arricchimento e compenso della tecnica ma anche ciò che stimola e crea interesse. L’interpretazione è dare la possibilità al pubblico di partecipare alla difficoltà, al travaglio del canto.
La Callas ne è l’esempio, era il suo tipo di interpretazione – basata sulla rigorosa analisi vocale e musicale dei personaggi – che scatenava la reazione del pubblico. Con lei si è valicato un confine.
Come si ottengono tali risultati interpretativi?
Per comprendere l’Opera servono conoscenze umanistiche, oltre che musicali. Così come è raccomandabile a chi canta la conoscenza di uno strumento.
Jonas Kaufmann rappresenta il profilo ideale: è un bravo cantante ed è molto colto, è anche un musicista. Sono rari gli artisti con tutte le sue qualità.
Cosa significa avere cura dei talenti in ambito musicale?
C’è una specie di politica a favore dei giovani: si fanno masterclass, spettacoli fatti con i giovani per i giovani… io sono sempre attenta. La valorizzazione di un giovane cantante non deve mai diventare una speculazione sul suo talento. Affidare a dei ragazzi ruoli e un numero di recite gravosi da sostenere li espone al rischio di avere delle défaillance nella voce e di portarsele appresso. Anche per un cantante in carriera superare psicologicamente un insuccesso è difficile, più che mai lo è per uno giovane.
È ancora importante debuttare presto in un ruolo importante?
È molto importante ma anche molto discutibile. Nel 2010 Alessio Arduini ha debuttato a 22 anni nel Don Giovanni di AsLiCo con la regia di De Luca. L’avevo invitato a partecipare al casting dopo averlo sentito in un’altra audizione. Cercavamo un cantante per la parte di Masetto, invece gli abbiam dato il ruolo principale. In seguito ha fatto il Concorso Salice d’Oro e l’ha vinto naturalmente, era molto bravo. E da lì è partita la sua carriera, ha cantato al Metropolitan, al Covent Garden, adesso è a Vienna.
Questi casi ci sono, ma sono rari. Altrimenti c’è bisogno di fare la gavetta: che non vuol dire cantare ruoli piccoli ma delle parti meno rischiose.
Quale consiglio darebbe a un giovane cantante?
Gli direi di investire sulla formazione e lo studio ampio della musica coll’augurio di trovare dei buoni insegnanti e agenti, ovvero in grado di comprendere l’evoluzione delle voci senza forzarle a un repertorio sbagliato. Inoltre oggi le carriere si sono allungate notevolmente e spesso le buone occasioni arrivano dopo i quarant’anni: serve anche a questo un background di preparazione sul quale appoggiarsi.
Anche accompagnare un cantante al pianoforte è un mestiere molto difficile che richiede una preparazione specifica. Un conto è suonare Chopin, un altro accompagnare Bellini: serve sempre la mano leggera ma bisogna seguire i fiati dei cantanti, i respiri e il fraseggio, le espressioni vocali.
Tutto questo per dire che è difficile trovare dei buoni artefici di voci, gente che sappia plasmare.
La voce è una materia prima come il marmo, va lavorata con lo studio e forgiata con la propria personalità per fare l’opera d’arte
Come nella musica strumentale anche nel canto si assiste a una sempre maggiore specializzazione in un genere o in un repertorio. Come è cambiato l’approccio alla vocalità?
Sì, assolutamente: le specializzazioni esistono e sono aumentate. Hanno contribuito molto i festival come il Rossini di Pesaro, dove ci sono cantanti prettamente rossiniani e un’Accademia che funziona bene. Una volta non era così, i cantanti cantavano da Mozart a Verdi, un po’ tutto.
Oggi la distinzione dei repertori incontra la sensibilità filologica: è un fiorire di edizioni, esecuzioni storiche e con strumenti d’epoca. Ma, nelle revisioni, occorre rapportare la sensibilità critica al gusto e alla tradizione esecutiva.
Mi chiedo ad esempio che senso abbia eseguire Norma con un organico ridotto e quasi barocco dopo aver sentito le versioni di grandi interpreti come Callas, Scotto e Caballé. Non credo si possa tornare indietro.
Il caso del Barbiere di Siviglia è diverso: è un’opera che ha subito la moda di far interpretare il ruolo principale da un soprano che svetta. Eseguita da un contralto è molto più bella. In questo caso la fedeltà all’autore ha significato un arricchimento. È una materia talmente fragile e difficile la musica, che basta poco a uscire dai binari dell’estetica.
Oltre alla carica di Vicepresidente in Aslico è spesso impegnata nelle giurie di numerosi concorsi e, a breve, in quella di Salice d’Oro: destinato a giovani cantanti e disegnato da lei.
È stato un caso. Ho passato tutta la mia infanzia e il periodo della guerra a Salice, fino al ’45. Con gli amici ci si ritrovava proprio nella Rocca dove facciamo oggi il Concorso e dove viveva Vera Vergani, un’attrice famosa negli anni ’30-40.
Sono sempre rimasta legata a Salice, perché mi piaceva e avevo dei ricordi belli, di gioventù e di vita lì. Qualche anno fa un cantante di un paese vicino a Salice mi ha telefonato e mi ha detto: «le porto i saluti di una persona», era il mio primo flirt di quando avevo sedici anni. Poi mi ha detto che voleva fare un concorso. «Se vuole l’aiuto volentieri». Sono tornata a Salice, ho conosciuto Anna Corbi, allora sindaco, e abbiamo fatto il primo concorso. Abbiamo subito avuto delle buone adesioni e da lì siamo andati avanti, col sostegno della Corbi abbiamo fatto anche una masterclass coi maestri Bruno Nicoli e Giulio Zappa. Al cambio di amministrazione il Concorso rischiava di essere chiuso, per fortuna è intervenuto Faravelli, che è l’attuale proprietario della Rocca e un mecenate originario della zona.
I concorsi rappresentano ancora un reale trampolino di lancio?
La crisi la soffriamo tutti, la soffrono anche i ragazzi. Dipende dall’onestà dell’organizzazione. Salice d’Oro offre la possibilità di farsi sentire da una commissione formata da cinque direttori di teatri. Dallo Staatsoper di Vienna a Tenerife, passando per Firenze, Sassari e Como: c’è un filo rosso che unisce tutta l’Europa.
I giurati hanno facoltà di dare in premio una scrittura per il loro teatro, se ritengono il cantante degno. È già successo: una ragazza che ha vinto due anni fa ha fatto la Regina della Notte e un ragazzo, ora all’Accademia della Scala, aveva vinto e fatto recite a Bilbao. Li abbiamo mandati in giro.
Quale consiglio darebbe a chi si appresta ad affrontare un concorso lirico?
Scegliere con oculatezza le arie, senza cercare quelle difficili ma le più adatte alla propria vocalità, si facciano consigliare bene dai loro docenti; che si presentino tranquilli e pensando che, al di là dei premi, hanno la possibilità di farsi sentire da dei dirigenti di teatro. Voglio aggiungere una cosa: a Salice d’Oro noi facciamo anche uno spettacolo diretto dal regista Giacomo Agosti nel pomeriggio dell’ultimo giorno, prima del Concerto di premiazione. Partecipano dei cantanti meritevoli ma esclusi dalla finale. Abbiamo deciso di farlo perché rappresenta una chance in più per farsi sentire e vedere in scena. È un modo per riproporsi. Un giurato può sempre pensare questo cantante mi interessa averlo nel mio teatro.
Marigona Qerkezi, secondo classificato edizione 2015
Reggio Emilia: Teatro Municipale Valli – LE NOZZE DI FIGARO – 29 Gennaio 2016
…e a quella perla di soprano che risponde a Marigona Qerkezi, una Marcellina coi fiocchi e che ci aspettiamo in altri ed importanti ruoli.
Andrea Merli
Carlotta Vichi, finalista edizione 2015
IL VIAGGIO A REIMS – Teatro Coccia di Novara 11 ottobre 2015
La piccola volpe astuta – Teatro Regio, Martedì 19 Gennaio 2016 – Martedì 26 Gennaio 2016