COMO: Arena del teatro Sociale Nabucco – 1 luglio 2017

COMO: Arena del teatro Sociale Nabucco – 1 luglio 2017

  • 07/07/2017

Direttore: Jacopo Rivani

Regia: Jacopo Spirei

Personaggi e interpreti:

  • Nabucco, re di Babilonia: Alberto Gazale
  • Ismaele, nipote di Sedecia re di Gerusalemme: Manuel Pierattelli
  • Zaccaria, gran pontefice degli Ebrei: Abramo Rosalen
  • Abigaille, schiava, creduta figlia primogenita di Nabucco: Elena Lo Forte
  • Fenena, figlia di Nabucco: Irene Molinari
  • Il Gran Sacerdote di Belo: Shi Zong
  • Abdallo, vecchio ufficiale del re di Babilonia: Claudio Grasso
  • Anna, sorella di Zaccaria: Tiberia Monica Naghi

Coro 200.Com
Coro Città di Como, Coro voci bianche del Teatro Sociale di Como
Orchestra 1813

Maestri del coro Giuseppe Califano, Giorgio Martano, Mariagrazia Mercaldo, Mario Moretti
Produzione Teatro Sociale di Como AsLiCo


Bando all’ipocrisia! C’è da chiedersi cosa davvero ne avrebbe pensato il buon Giuseppe Verdi di quest’ulteriore modernizzazione del suo Nabucco Donosor. Verdi che ebbe a pretendere l’istituzione di una multa per chiunque avesse in qualche modo apportato variazioni ai suoi capolavori. È altrettanto vero che dal lontano 1842, anno della prima e che vide nei panni di Abigaille la sua amata Giuseppina Strepponi, anno in cui le repliche furono addirittura 157, produzioni nuove e vecchie e relative repliche si sono susseguite al punto che tenerne il conto sarebbe  impossibile. Svecchiare per ovviare al problema della monotonia, per richiamare un pubblico ormai stanco di vedere e rivedere le stesse cose? Il mio personale pensiero è che suona di truffa! Altra cosa è utilizzare uno “strumento” come questa composizione, associandolo agli eventi che accadono ai nostri giorni allo scopo di dare un messaggio. L’opera non invecchia, ad invecchiare è il linguaggio in essa contenuto, motivo per il quale si rischia di incorrere nella perdita di un’immediatezza comunicativa. Quello che accade è che la “denuncia” appare lontana dalla realtà dei nostri tempi. È così che la lirica diviene soltanto un fatto culturale, amore e studio della storia! Alla luce di questi fatti, credo che lo stesso autore vorrebbe rivedere la sua posizione. Verdi fu cosa ben più grande di un fatto culturale. Nel suo tempo fu messaggio sociale, moto.

Certo immaginare Nabucco nell’era di Babilonia col mitra in mano a cavallo di un pick-up ha un po’ dell’Esercito più pazzo del mondo (film commedia del 1981). Fenena imbottirsi di tritolo pronta ad immolarsi alla causa al pari d’un kamikaze, in questo particolare frangente storico, lascia un po’ perplessi… Viene dunque da domandarsi cosa sia davvero divenuto il teatro, quale sia il vero scopo della sua esistenza? Ha ancora una sua utilità sociale o si è irreparabilmente trasformato nell’emblema di mondanità e “cultura” ad uso esclusivo dell’élite. Quella stessa che è lontana anni luce dall’ascolto dei messaggi di protesta, del grido di aiuto e di tutto quello che gli interpreti e gli autori vogliono comunicare attraverso le mentite spoglie che gli hanno spesso, nella storia, permesso di parlare alla gente e di farla franca.

 Il teatro, quello vero, può fare ritorno solo grazie ad atti di coraggio. Certo ci piacerebbe ascoltare nuove melodie, nuovi libretti… ma nel frattempo accontentiamoci di quanto ci è stato tramandato e non dimentichiamo che per qualcuno andare a vedere il Nabucco potrebbe essere la prima volta. A queste persone, a queste soltanto, andrebbe spiegato prima cosa stanno andando a vedere, e sul libretto di sala dovrebbe essere scritto cosa e perché è stato cambiato, da chi.

Fatta questa lunga premessa, posso dire che la regia di Jacopo Spirei malgrado le inevitabili forzature imposte dall’adattamento, funziona e funziona davvero bene. Lo spettacolo è concepito per interagire con il pubblico coinvolgendolo sino a farlo divenire parte integrante della regia. Il piazzale, o meglio l’Arena del  Sociale di Como è così teatro di un’unica scena in cui tutti fanno parte di un “gioco di società” che si carica di pregnanti emozioni. Momento clou è senz’altro la scena finale in cui cadono le barriere (rete e filo spinato) che dividono la piazza a metà. Da una parte il popolo degli ebrei trattati al pari d’un campo di prigionia, dall’altra quello dei babilonesi armati, tutti contrassegnati da un distintivo, si incontrano e si uniscono sotto ad unico Dio. Ottima l’idea di utilizzare i coristi per far alzare il pubblico e spingerlo in un abbraccio simbolico col “nemico”. Nondimeno i richiami agli accadimenti recenti e continui tra Islam e cristianità/ebraismo saltano all’occhio e presentano dei rischi. Per quanto chiaro possa essere il messaggio di pace  e di abbattimento dei regimi si sarebbe potuto fare di meglio per non incorrere nel malinteso. Mi riferisco ad esempio all’uso di una specifica proiezione in cui si vedono sfilare le armate nordcoreane, e sempre come in un telegiornale di stato (il cui logo riporta a Nabucco), si passa ai fuoristrada carichi di militanti armati che sfrecciano tra le sabbie del deserto. Se il proclama voleva essere “la pace al di sopra di ogni cosa” , il video avrebbe potuto far riferimento a tutte le dittature, e perché no, a tutte le forze armate d’ogni paese! D’impatto notevole è Fenena, che come già detto, canta “oh, dischiuso  è il firmamento” mentre aiutata da Zaccaria segue il rituale di preparazione al sacrificio di sé indossando l’esplosivo, mentre altri sono già pronti per anticiparne o seguirne il destino. Fenena convertita alla fede ebraica diviene un kamikaze? Da quest’ottica la visione di un attentatore cambia completamente, e la storia d’Italia non è priva di nomi, oggi classificati eroi, che hanno sacrificato la propria vita nello stesso modo. Rimuovere le cause, sembra essere il messaggio, così che nessuno possa mai più sentirsi motivato a simili atti.

Bene la direzione del Maestro Jacopo Rivani del quale si è già potuto apprezzare il talento lo scorso anno sempre a Como nell’Elisir d’Amore. Certo l’amplificazione non aiuta la percezione nel distinguere i colori nella propria naturale bellezza, ma in uno spettacolo come questo, al limite dello “sperimentale”, quel che più conta è il mantenimento del contatto visivo per garantire gli attacchi alle diverse parti in causa sparse ovunque in un’area assai vasta, tempi serrati e godibilità d’uno strumento che per tradizione siamo abituati ad ascoltare  come proveniente da un unico punto.

Bene le luci di iper-realiste di Giuseppe di Iorio e lo stesso dicasi dei costumi ad opera di Mauro Tinti. Ottimo il Coro della Città di Como ben gestito dai quattro maestri Giuseppe Califano, Giorgio Martano, Mariagrazia Mercaldo e Mario Moretti. Bene anche il Coro delle voci bianche del Teatro Sociale di Como istruito dal M° Lidia Basterecchea.

Passano un po’ tutti in secondo piano gli interpreti principali e non di uno spettacolo i cui tratti distintivi si associano più al lavoro di regia. Ciò nonostante e microfonazione a parte si sono potute apprezzare l’ottima attorialità di Alberto Gazale nei panni di Nabucco, professionista solido e all’altezza del ruolo. Di Elena Lo Forte in quelli di un’Abigaille dai colori forti, ottima nei piani e nei sovracuti. Zaccaria è interpretato da Abramo Rosalen, voce di una pasta assai rara e di ottima qualità. Manuel Pierattelli, Ismaele, è al suo debutto nel ruolo e se ne percepisce la tensione, ma non per questo ne risulta compromessa la qualità apprezzabile. Irene Molinari è una Fenena agile sulla scena, e forse a causa della stessa, poco godibile fino all’aria di cui prima da tutto il pubblico apprezzata. Completano il cast Shi Zong nel Gran Sacerdoe di Belo, Claudio Grasso in Abdallo e Tiberia Monica Naghi in Anna.

Seconda recita che vale una “prima”, che per il maltempo è andata in scena in forma di concerto all’interno del teatro. Successo di pubblico notevole e apprezzamenti positivi per tutti.

Roberto Cucchi

 

fotografie Mario Mainino

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