CRONACHE DALL’ORIENTE: il Trovatore, Seoul Art Center 25-26-27 Novembre 2016
Un solo triste rammarico, quello di non aver trovato il tempo di visitare la bellissima capitale coreana. Davvero tanto, però, merita d’esser raccontato quanto ho potuto apprezzare, in primis l’ospitalità nello Sheraton Hotel con tanto di pranzi e cene in non meno rinomati ristoranti, laddove le pietanze non hanno di certo fatto rimpiangere la cucina italiana, anzi! Tutto perfettamente organizzato dall’efficente direttore artistico Dino De Palma della Sol’Opera cui fa capo l’incantevole figura di Lee Soyoung (alias Rosa).
Il Seoul Art Center è una struttura di dimensioni ragguardevoli e di buon gusto che racchiude in seno oltre alla Opera House con ben 2340 posti a sedere, una Concert Hall con 2.530 posti, una Chamber Hall con 600 posti, una Recital Hall con 354 posti, oltre a vari spazi all’aperto trai quali un bellissimo anfiteatro e a vari spazi espositivi, il tutto assolutamente privo di barriere architettoniche. Ma è senza dubbio alcuno l’Opera House ciò che nella fattispecie più ci interessa. Parliamo di uno spazio molto ben congeniato, attrezzato da una macchina scenica modernissima con la possibilità di pre-allestire ben tre scene per un palco di notevoli dimensioni, un ottimo impianto illuminotecnico, e ancor più interessante, un’acustica perfettamente adatta all’opera il cui riverbero si attesta tra 1,2 e 1,5 secondi. Inutile tentare di descriverne l’immensità e la bellezza se non con le immagini qui riportate. Tanto basti ai “dirigenti” del sistema Italia acché capiscano quanto e come sia stato edificato nei paesi asiatici per dar voce all’arte e alla cultura, e di quanto in essa abbia un peso quella italiana. Sarebbe inoltre opportuno ricordar loro che l’80% del patrimonio artistico mondiale si trova nel nostro territorio e che promuoverlo porterebbe solo benefici in ogni settore dell’economia nazionale, o che al Louvre di Parigi si recano oltre 6 milioni di visitatori l’anno per vedere soprattutto la Gioconda di Leonardo Da Vinci, che non è certo la sua sola opera… (dobbiamo loro ricordare anche quali e dove siano le altre?).
Tornando all’Art Center di Seoul, va detto che si trova nel prestigioso distretto di Gangnam (testualmente “a sud del fiume”), la qual cosa a molti ricorderà il successo planetario del rapper PSY, Gangnam Style, che con il suo pezzo ironico ebbe la fortuna di realizzare qualcosa come oltre due miliardi e mezzo di visualizzazioni su Youtube, battendo ogni record storico. Il distretto, o come la chiameremmo noi, la zona di Gangnam conta circa mezzo milione di abitanti. Nulla rispetto ai circa dieci milioni della Capitale, o i venticinque se la si intende come area metropolitana. Sono numeri impressionanti, che inducono a pensarla come un’area fortemente sovrappopolata, trafficata e inquinata. Le cose però sono molto diverse. È vero, il traffico c’è ed è anche imponente, ma scorre piuttosto veloce anche grazie ad una rete di ampie strade, tunnel, cavalcavia e attraversamenti pedonali sopraelevati e interrati. Circolano inoltre numerosi taxi che in perfetto stile film americano si fermano con una semplice alzata di mano ed hanno costi molto contenuti. Il parco auto è di recente fabbricazione, e se pur di grossa cilindrata (la benzina costa circa 1 euro al litro!), dotato di moderni dispositivi anti-inquinamento, cosa che in buona sostanza rende l’aria respirabile. Lo skyline di Seoul è tra i più alti del mondo, in Asia secondo solo a città come Hong Kong, e questo ha permesso un’estensione relativamente contenuta: basti pensare che Roma con i suoi “soli” tre milioni di abitanti è grande circa il doppio. Ma, sarà per la buona educazione, non ci si trova mai alle prese con code estenuanti così come contrariamente avviene da noi. Per farla breve, una grande città ma a misura d’uomo, dove vivere risulta perfino gradevole.
Ed eccoci a parlare de il Trovatore per il quale partirei subito col dire che al di fuori di ogni ombra di dubbio è stato un grande successo. Scene e costumi portano la firma di uno dei massimi esponenti del panorama globale, ovvero William Orlandi, che si impone piacevolmente dipingendo un paesaggio essenziale e costumi consoni alla tradizione, se pur con il tocco del grande artista quale egli è. La regia di Lorenzo Mariani, ripresa da Elisabetta Marini, segue degli schemi dai quali è molto difficile allontanarsi in un’opera che come il Trovatore non da ampi spazi di manovra, e purtroppo scivola spesso in errori grossolani, anche probabilmente imputabili, almeno in questa produzione, a difficoltà di comunicazione con il coro e a tempi limitatissimi per le prove. Risultato finale una quasi semi-scenica che perlopiù si svolge con i protagonisti in proscenio in posizione all’italiana. Bene, anzi molto bene, dicasi del buon direttore Gianluca Martinenghi al governo dell’ottima orchestra locale Korea Coop. Preciso e puntuale riesce a garantire in tutte e tre le recite un buon equilibrio tra palco e buca, senza la minima sbavatura e cosa non da poco, specie negli ultimi tempi, l’adeguato volume. Volenterosi e in una certa misura anche bravi i giovanissimi del Winner Opera Chorus istruito dal Mastro Park Sun-Seok.
La cooproduzione del Teatro Regio di Parma con la Fenice di Venezia vede in questa trasferta asiatica interpreti d’eccezione, a partire dalla Leonora, magistralmente interpretata dalla guest-star Fiorenza Cedolins che si conferma quale brillante artista conquistando a pieni voti il pubblico della capitale. Manrico è interpretato da Diego Cavazzin; difficile trovare qualcosa da dire diversamente dal bravo! Suoni mai spinti, ivi compresi i Do sovracuti snocciolati con una naturalezza disarmante, a cui vanno aggiunti un bel colore brunito ed un’attorialità di tutto rispetto. Elia Fabian veste a pennello i panni del Conte. La voce corre potente e ottimamente proiettata, facendo sfoggio di uno squillo più unico che raro. Sofia Janelidze è al suo debutto nel ruolo di Azucena e va di bene in meglio nelle non poco impegnative tre recite consecutive. Non ultimo tra i protagonisti il basso Gianluca Breda che convince con il suo Ferrando dalla presenza importante, tanto vocalmente quanto scenicamente.
Bene i ruoli di fianco: bella e brava la Ines di Kim Sinhye, Ruiz interpretato da Lee Woojin, il vecchio zingaro di Kang Euntae e il messo di Choi Wongab. Buono l’impegno della Leonora in secondo cast interpretata da Ilona Mataradze chiamata all’ultimo momento in sostituzione della famosa Lana Kos già annunciata in cartellone: dizione da correggere e a mio personale parere ancora un po’ acerba per un ruolo di questa portata. È buona anche la qualità vocale del Conte di Son Dongchul di un bel colore baritonale. Sempre in secondo cast troviamo anche la Ines ben interpretata da Park Mikyong. Bella la presenza di un bimbo che nel delirio di Azucena incarna il figlio arso interpretato dal piccolo Kang E-Gun.
Non sono mancati i meritati e ripetuti applausi anche a scena aperta per tutti gli interpreti. A conti fatti posso solo dire che sarebbe bello poter assistere anche in Italia a rappresentazioni di questo livello.
Roberto Cucchi
video applausi