Ildar Abdrazakov in concerto al Teatro alla Scala di Milano, a cura di Nicola Salmoiraghi

Ildar Abdrazakov in concerto al Teatro alla Scala di Milano, a cura di Nicola Salmoiraghi

  • 21/12/2021

Teatro alla Scala, 20 dicembre 2021


La stagione dei concerti di canto del Teatro alla Scala si è inaugurata felicemente con un recital strepitoso del basso russo Ildar Abdrazakov, impegnato nello stesso periodo al Piermarini come Banco in Macbeth.

Accompagnato al pianoforte dalla bravissima Mzia Bachtouridze, Abdrazakov ha interpretato nella prima parte pagine di Georgij Sviridov e nella seconda di Modest Musorgski. Sviridov, allievo di Šostakovič, è stato uno dei compositori più in vista della Russia sovietica. La sua composizione La Russia alla deriva, su versi di Esenin, risale al 1977. Le dodici poesie, musicate per pianoforte, furono composte tra il 1914 e il 1920, quindi in un lasso di tempo cruciale per la storia russa, denso di eventi drammatici ed epocali. La scrittura di Sviridov è per la voce essenzialmente tonale e lampi dissonanti sono talvolta riservati alla parte pianistica.

Abdrazakov ha interpretato il ciclo già ampiamente dimostrando di che straordinaria pasta di vocalista sia forgiato. Timbro di basso caldo, ampio, tornito, omogeneo in tutta la gamma, espressivo ai massimi livelli, capace di svettare senza difficoltà in acuto e dei più rifiniti pianissimi, basato su tecnica solidissima; Ildar Abdrakakov ha inciso le note di Sviridov della sua dirompente personalità musicale, ora dolente, ora dolcemente malinconica, ora accesamente accorata, autorevole sempre. Magistrale.

In Musorgskij, poi, ha raggiunto vertici difficilmente eguagliabili oggi, passando dalle più nostalgiche inflessioni delle pagine sentimentali alla sulfurea ironia di brani come “Il caprone”, “La canzone della pulce” o “Hopak”. Tutti i colori, le sfumature interpretative, gli affondi e gli slanci, in un eccezionale caleidoscopio di intenzioni, hanno trovato sintesi nell’impressionante tavolozza vocale di Abdrazakov, che ha concluso la parte ufficiale del concerto con la scena della morte di Boris Godunov, l’opera di cui sarà protagonista alla Scala per l’inaugurazione della stagione 2022/23. Un’esecuzione da manuale: scavo interpretativo e psicologico, nuances di fraseggio ed esemplare ricerca di varietà di accenti, potenza e slancio che si stemperavano in colori sfumatissimi e canto a fior di labbro, in un alternarsi di emozioni che si facevano palpitanti attraverso il canto.

Entusiasmo alle stelle, quindi e quattro generosi bis, in ulteriore crescendo di bravura e carisma, se possibile; “Acque di primavera” di Rachmaninov, “Canzone persiana” di Rubinstein (tutta cesellata con un’incredibile mezzavoce) e, per omaggiare il melodramma italiano, “Infelice!… e tuo credevi” dal verdiano Ernani (sugli scudi suono morbido, avvolgente e intenso, fraseggio di sorgiva naturalezza, dizione perfetta, gusto interpretativo e impeccabile senso dello stile) e una travolgente “Calunnia” dal rossiniano Barbiere.

Per dirla con Tosca “Ecco un artista!”, uno dei massimi del panorama lirico attuale, e in questa occasione l’ha ulteriormente riconfermato.

Nicola Salmoiraghi

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