NOVARA: dal Barbiere tra inutili e utili precauzioni, 28 luglio 2020
Il Barbiere di Siviglia
Opera in due atti
di Gioachino Rossini
direzione Riccardo Bisatti (Accademia dei Mestieri d’Opera del Teatro Coccia AMO)
regia Renato Bonajuto
Personaggi e Interpreti:
- Enrico Iviglia Il conte D’Almaviva
- Stefano Marchisio Don Bartolo
- Manuela Custer Rosina
- Gabriele Nani Figaro
- Alessandro Abis Don Basilio
- Ilaria Alida Quilico Berta
- Filippo Rotondo Fiorello/Un ufficiale
- Marco Orlando mimo
pianoforte Alba Pepe
scene, costumi, attrezzerie, parrucche Arte scenica Reggio Emilia
luci Ivan Pastrovicchio
assistente alla regia Lorenzo Lenzi
attrezzista Alessandro Raimondi
macchinista Lorenzo Saletta
sarta Silvia Lumes
trucco/parucco Rosalia Visaggio
assistente trucco/parrucco Chiara Sofia Foridis
Produzione Fondazione Teatro Coccia
Siamo al 20 febbraio del 1816, annus horribilis noto agli storici come “l’anno senza estate”, quando Gioachino Rossini si presenta al Teatro di Torre Argentina di Roma (odierno Teatro Argentina), con il titolo Almaviva, o sia L’inutile precauzione. La prima esecuzione viene pesantemente ostacolata dai sostenitori del compositore tarantino Giovanni Paisiello che lo ha preceduto con Il barbiere di Siviglia, ovvero La precauzione inutile tratto dalla commedia di Beaumarchais. Alla seconda rappresentazione, il giorno successivo, le sorti dell’opera subiranno un repentino cambiamento riscuotendo un clamoroso successo. Ben presto l’Almaviva rossiniano diverrà per tutti semplicemente il barbiere di Siviglia un’opera ad oggi tra le maggiormente rappresentate al mondo, che finisce con l’oscurare definitivamente il titolo del suo predecessore.
Il 1816 Annus horribilis? Lord Byron riunisce per le vacanze un piccolo gruppo di amici tra cui Mary Shelley, John William Polidori e Claire Clairmont nei pressi di Ginevra in Svizzera. Il cielo è oscurato da dense nubi fuori stagione e il clima freddo. Costretti a ripararsi in casa, Shelley darà vita non solo ad un romanzo bensì ad un nuovo genere letterario scrivendo Frankenstein o il moderno Prometeo e Polidori creerà il Vampiro che arriverà all’apice ottant’anni più tardi con Dracula di Abraham Stoker. Karl Drais inventa la draisina, antesignana della bicicletta. Il 1816 è l’anno in cui il pittore William Turner dipinge i suoi celebri tramonti. L’anno in cui il 18 giugno, il Duca di Wellington sconfigge Napoleone a Waterloo. Se pur con qualche incongruenza storica è Victor Hugo a darcene una splendida quanto dettagliata descrizione ne i Miserabili. Si parla di fango, pioggia e fango. Certo il destino dell’Europa di oggi non sarebbe stato lo stesso se le condizioni climatiche fossero state più stabili.
Indie Orientali Olandesi (oggi Indonesia), 5 aprile 1815 si odono forti boati che allertano la flotta britannica che presidia la zona. Si pensa siano le bocche di fuoco delle navi pirata, ma ben presto si capirà che qualcosa di ben più grave sta accadendo. È l’eruzione vulcanica del Tambora, nell’isola di Sumbawa che proseguirà per altri dieci giorni immettendo miliardi di metri cubi di cenere vulcanica negli strati superiori dell’atmosfera. Una spessa coltre che si diffonderà in occidente oscurando oltre ai cieli asiatici quelli dell’Europa e dell’America Settentrionale. Ha luogo una piccola era glaciale che nel 1816 manderà in rovina tutto il raccolto, dando luogo ad una grave carestia. Il cibo scarseggia e gli animali da traino vengono sacrificati, ci si alimenta con quello che si trova, topi compresi. Ne consegue una grave pandemia che lascerà sul terreno un numero enorme di morti.
28 luglio 2020, i francesi non sono i padroni d’Europa e il castello di Novara fa da cornice all’ennesima e più che mai gradita rappresentazione del Barbiere rossiniano. Una recita segnata da più di un’anomalia, come l’assenza dell’orchestra e indelebilmente da precauzioni tutt’altro che inutili. Già, perché a distanza di oltre duecento anni siamo ancora vittime di un’altra pandemia che ci ha costretti al lock-down con le gravi ripercussioni sull’economia che tutti conosciamo e che ancora è destinato a far danni. Ora, con gli allentamenti delle restrizioni sanitarie, è possibile tornare a teatro. Meglio se all’aperto, mantenendo la distanza minima di un metro, misurandoci la febbre, indossando mascherina e guanti. Pochi nel pubblico, solo quanti le regole ne consente. Irriducibili che mantenendo un comportamento responsabile non vogliono fare a meno dell’opera.
Così è che quell’odioso strumento di protezione, la mascherina, entra di prepotenza a far parte delle nostre vite. Toglie il fiato, ma protegge gli altri da noi, e a patto che tutti la indossino, noi stessi dagli altri. La mascherina entra a far parte dell’outfit di ognuno, e finisce sulle scene come parte integrante dei costumi. Una scelta che trasforma le direttive sanitarie in una scelta di gusto, che idealmente unisce ed avvicina il pubblico agli interpreti facendolo sentire parte integrante di una nuova realtà che accomuna tutti. E non mancheranno le esilaranti gag esplicitamente riferite alle più moderne psicosi, come “l’esito è negativo” seguito da uno starnuto e dal rapido fuggi fuggi dei presenti. Così, come previsto dalla natura stessa dell’opera buffa, si troveranno riferimenti meno impegnativi come quello fatto al noto tenore, il Maestro Pisaniello da Cervinara.
La sorprendente regia è quella di Renato Bonajuto che brilla pur riuscendo a soddisfare i limiti imposti dagli emendamenti senza nulla togliere alla fruibilità ed alla tensione della narrazione. Le entrate e le uscite di scena vengono ben calcolate non più soltanto nel rispetto della tradizione, bensì dai limiti imposti dal distanziamento sociale. Lavorare in queste condizioni, perché tutto funzioni a dovere, richiede oltre al buon gusto, un’alta formazione professionale e grande esperienza. Scene, costumi, attrezzerie, parrucche appartengono a Arte scenica Reggio Emilia rivelandosi più che adeguate e complete. Le luci sono ben curate da Ivan Pastrovicchio. La direzione si rivela efficace ed è affidata al giovanissimo Riccardo Bisatti, scelto tra i meritevoli dell’Accademia dei Mestieri d’Opera del Teatro Coccia AMO, ideata e fortemente voluta dal M° Matteo Beltrami che ne è tuttora docente ed organizzatore. Al pianoforte troviamo la tenacia e la bravura dell’ottima Alba Pepe.
Bene tutti gli interpreti principali: il tenore Enrico Iviglia ne Il conte D’Almaviva, il mezzosoprano Manuela Custer nella Rosina, il baritono Gabriele Nani in Figaro, il basso Alessandro Abis in Don Basilio. Al debutto nel ruolo da basso buffo di Don Bartolo Stefano Marchisio che eccelle vocalmente e per presenza scenica sino a divenire colonna portante per la complessiva riuscita dello spettacolo. Dalla stessa ottima scuola, quella di Federico Longhi, per la brava Ilaria Alida Quilico in Berta e Filippo Rotondo nel doppio ruolo di Fiorello e Un ufficiale. A completare il cast il mimo Marco Orlando.
Tra precauzioni utili ed inutili, lo spettacolo è un successo. Il Covid-19 ha lasciato sul terreno un ragguardevole numero di vittime e ancora non ha cessato di circolare. Se qualcosa la storia ci ha insegnato è che l’uomo è sopravvissuto a molte epidemie globali ben più gravi di questa. La macchina organizzativa, se pur con qualche incertezza, ha dimostrato di saper far fronte in modo efficiente all’emergenza abbassando il numero delle potenziali vittime da centinaia di milioni a centinaia di migliaia. Sono stati garantiti soccorsi e beni di prima necessità. Lentamente si sta tornando alla normalità, le restrizioni restano in vigore così come lo stato di emergenza, prolungato sino al 15 ottobre. Quello che serve per non precipitare nel baratro del fallimento finanziario è un pieno ritorno al consumo. Tornare a prendere il caffè al bar, andare a tagliare i capelli e a fare shopping. Tornare al cinema e a teatro, responsabilmente. Ci sono due nemici da sconfiggere: il Covid e la psicosi.
La regia di Bonajuto ha dimostrato che si possono mettere in scena spettacoli perfettamente funzionanti pur mantenendo le distanze e indossando la mascherina. Altri sono riusciti a mettere in buca un’orchestra ridotta. Se pur con qualche difficoltà in più, sono certo che si possano trovare soluzioni anche per il coro e per tutta quella serie di difficoltà a cui inevitabilmente si andrà incontro sino all’autoestinzione del virus od alla commercializzazione di un vaccino.
Si replica il 29 luglio con il valore aggiunto della diretta streaming su Youtube.
Roberto Cucchi