PIACENZA: il Corsaro – Giuseppe Verdi, 6 maggio 2018
Melodramma tragico in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
dal poemetto The Corsair di George Byron
Matteo BELTRAMI, direttore
Lamberto PUGGELLI, regia
ripresa da GRAZIA PULVIRENTI PUGGELLI
Personaggi e interpreti:
- Corrado: Iván Ayón Rivas
- Medora: Serena Gamberoni
- Seid: Simone Piazzola
- Gulnara: Roberta Mantegna
- Selimo: Matteo Mezzaro
- Giovanni: Cristian Saitta
- Un Eunuco/Uno Schiavo: Raffaele FeoMarco CAPUANA, scene
Vera MARZOT, costumi
Andrea BORELLI, luci
Renzo MUSUMECI GRECO, maestro d’armi
Pier Paolo ZONI, assistente alla regiaORCHESTRA REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
Corrado CASATI, maestro del coroCoproduzione
Fondazione Teatri di Piacenza
Fondazione Teatro Comunale di Modena
Mi trovo a confermare quanto ormai comunemente definito, ossia che il Corsaro sia di Giuseppe Verdi un’opera minore. Emergono difetti di narrazione ed un libretto ad opera di Francesco Maria Piave strutturalmente male architettato. Nondimeno, il poemetto di George Byron dal quale lo stesso è tratto, non pare ricco di particolare originalità e spunti. Risultato, probabilmente legato anche ad una disaffezione dell’autore in corso d’opera, direi quantomeno poco attraente.
Ma ecco come le cose possono essere rese al meglio, e addirittura rimettere in discussione il giudizio ormai omologato su quest’opera, quando si mettono in campo delle forze di livello superiore, il tutto a partire dall’ottima direzione del Maestro Matteo Beltrami alla guida dell’altrettanto ottima e blasonatissima Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna e del magnifico Coro del Teatro Municipale di Piacenza, ottimamente istruito dal Maestro Corrado Casati. A questi si aggiungano l’efficiente e funzionale regia di Lamberto Puggelli, ripresa da Grazia Pulvirenti Puggelli sulle splendide scene di Marco Capuana. I costumi e le luci, di Vera Marzot e Andrea Borelli, fanno da corona ad una rappresentazione degna di essere ricordata negli annali.
La direzione è inappuntabile sotto ogni punto di vista: tempi serrati, colori e sfumature, la perfetta sincronia tra palco e buca… ma sono ormai una consuetudine accertata quando sul podio si ha la garanzia rilasciata da Beltrami, che decisamente restituisce risultati sublimi quando è al governo di un’orchestra in grado di obbedire con precisione e solerzia ad ogni suo gesto. Quello che però ancor più soddisfa è trovarsi ad ascoltare un’opera, così raramente rappresentata e per ovvie ragioni, e scoprire che c’è invece molto da cui trarre un inaspettato piacere. Beltrami sembra aver colto l’essenza di una composizione altrimenti tediosa e averla restituita al pubblico in un modo assolutamente inedito, vivace e coinvolgente a tal punto da decretarne un successo assoluto.
Successo raggiunto grazie anche alla voce straordinaria del giovanissimo e talentuoso tenore Ivan Ayòn Rivas nel difficile ruolo del titolo dove si è destreggiato con assoluta padronanza del mezzo vocale all’interno di una tessitura impervia. Molto bene anche la Medora di Serena Gamberoni che ha saputo rendere bene il personaggio fin nelle sue più impercettibili sfumature. Ci si aspettava qualcosa di più da Simone Piazzola nel pur difficile ruolo di Seid, che in particolar modo nella prima parte è parso un po’ in difficoltà. Convince Roberta Mantegna nell’altrettanto impegnativa parte di Gulnara. Benissimo Selimo e Giovanni, ripettivamente Matteo Mezzaro e Cristian Saitta. A completare il cast Raffaele Feo nel doppio ruolo di un eunuco e uno schiavo.
Complimenti dunque alla direzione artistica di Cristina Ferrari per la lungimiranza nella scelta del cast e delle maestranze per un titolo per così dire “ad alto rischio” e che contro ogni aspettativa ha portato ad un teatro gremito in ambo le recite e ad un successo decretato da lunghi applausi e apprezzamenti di pubblico.
Roberto Cucchi