RIAPERTURA DEL TEATRO GIORDANO DI FOGGIA – GRANDE SUCCESSO !!!

RIAPERTURA DEL TEATRO GIORDANO DI FOGGIA – GRANDE SUCCESSO !!!

  • 29/03/2017

ANDREA CHÉNIER

dramma di ambiente storico in quattro quadri

libretto di Luigi Illica

musica di Umberto Giordano

Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano

Opera inaugurale per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario

della nascita di Umberto Giordano

 

Maestro concertatore e direttore: Massimiliano Stefanelli

Regia: Alberto Paloscia

Collaboratrice alla regia: Teresa Gargano

Personaggi e interpreti:

  • Andrea Chénier: Stefano La Colla
  • Carlo Gérard: Elia Fabbian
  • Maddalena di Coigny: Cristina Piperno
  • La mulatta Bersi: Sofia Janelidze
  • Madelon e la contessa di Coigny: Angela Bonfitto
  • Roucher e Fouquier Tinville: Daniele Piscopo
  • Pietro Fléville, romanziere e il sanculotto Matthieu: Matteo D’Apolito
  • Un «Incredibile» e l’Abate, poeta: Raffaele Pastore
  • Schmidt, il maestro di casa Dumas: Carlo Agostini

 

Scene: Alfredo Troisi

Luci: Teresa Gargano

Costumi: Artemio Cabassi

Orchestra del Conservatorio Umberto Giordano di Foggia

Coro Lirico Pugliese

Direttore del Coro: Agostino Ruscillo

Maestro collaboratore al pianoforte: Donato Della Vista

 Foggia 24 e 26 marzo 2017


 La città di Foggia celebra il 150° anniversario della nascita del compositore Umberto Giordano riaprendo il teatro alla lirica dopo un’assenza durata quindici anni. Prima di due importantissime produzioni, l’Andrea Chénier è andato in scena il 24 e 26 marzo. Una produzione importante, segnata dall’intervento di maestranze e interpreti di fama mondiale. Secondo titolo in programma per il 5 e 7 maggio, Giove a Pompei, la cui ultima rappresentazione risale ad un centinaio di anni orsono.

Secondo soltanto al San Carlo di Napoli, il Teatro Giordano è tra i più antichi del Sud Italia, così come antiche sono la tradizione e l’attenzione nei confronti del teatro di una cittadinanza che già nel XII°secolo assiste alle prime rappresentazioni in piazza. Inaugurato nel 1828 col nome di Real Teatro Ferdinando, diviene Teatro Dauno nel 1850, occasione in cui vengono rimossi i fregi borbonici per essere sostituiti con quelli di Casa Savoia. Infine, con l’avvento del centesimo anniversario della fondazione, assume il nome del compositore foggiano.

 Un’attenzione riconfermata con calda partecipazione e con il tutto esaurito in ambedue le recite, e cosa ancor più interessante, dall’affluenza di un pubblico eterogeneo. Personalmente ho intercettato l’amabile discorrere di un nonno con un adolescente sulla rivoluzione francese, sul poeta Andrea Chénier, passando per l’aria di Gérard “son sessant’anni”, per finire con quella di Maddalena “la mamma morta”. È questa la platea che dovremmo sempre vedere!

 Dell’Andrea Chénier, e di questa particolare produzione si è già molto parlato su questo sito, così come sui media nazionali e regionali, e per quanto ci si possa dilungare non si finirebbe mai di farlo. Limitiamoci col ribadire che argomenti come la rivoluzione non temono la muffa, di quanta sagacia vi sia nella proposta di Illica e di quanta bellezza c’è nella musica di Umberto Giordano.


 Ciò detto vanno senz’altro menzionati gli sforzi grazie ai quali si è potuta realizzare questa riapertura. Come già detto, al Teatro Giordano non si fa opera da molto tempo e questo com’è naturale, ha comportato alcuni problemi non facili da risolvere. Primo ostacolo l’orchestra, che sebbene composta da ottimi professionisti e giovani talentuosi, aveva certo bisogno di una messa a punto per riadattarsi alle sonorità dell’opera e che ha richiesto più tempo del previsto. E si sa, oggi il tempo è prezioso anche per il teatro, e quel che si prende da una parte lo si deve togliere dall’altra. Nello specifico, alla regia e ai suoi interpreti, che generosamente si sono adoperati oltremisura per portare ai risultati di cui andremo a parlare. Dunque, tempo ben speso quello dal Maestro Massimiliano Stefanelli, allo scopo di ottenere dalla buca quelle dinamiche che quest’opera impone. Riescono bene, se pur con qualche perdonabile scollamento, a non sovrastare mai le voci e a colorare un’esecuzione di degno livello.

Prove intense e spesso fuori orario per la regia di Alberto Paloscia, direttore artistico del Teatro Goldoni di Livorno, e la sua collaboratrice Teresa Gargano. Regia all’insegna della tradizione ma mai scontata o figlia di un artigianato privo di spunti dai quali emerge una fotografia precisa di personaggi ben caratterizzati e scene capaci di catturare e coinvolgere lo spettatore. Il tutto avviene su di un palco già di per sé piccolo e ancor più ridotto dalla bella ma impegnativa scenografia di Alfredo Troisi riadattata all’uopo, dove può risultare difficile far muovere interpreti e consistenti masse tra figuranti, ballerine e il Coro Lirico Pugliese ottimamente preparato dal Maestro Agostino Ruscillo. È ancora Teresa Gargano ad occuparsi nottetempo del disegno luci e di un’infinita serie di incombenze alle quali il Teatro Giordano dovrà riabituarsi e assegnare le cariche per riavviare la macchina del teatro d’Opera. I costumi di Artemio Gabassi completano il quadro con un tocco di buon gusto e si inseriscono alla perfezione nella cornice dell’epoca.

 Stefano La Colla è al debutto nel ruolo del titolo, l’appassionato poeta dagli acuti facili e limpidi cattura il pubblico e si fa apprezzare tanto per le sue doti vocali quanto per l’interpretazione, fino a guadagnarsi numerosi applausi anche a scena aperta e una standing ovation in quelli finali. Cristina Piperno, artista di comprovata professionalità, interpreta Maddalena di Coigny, guadagnandosi anch’essa ripetuti e lungi applausi, in particol modo sull’aria della mamma morta. Gérard è interpretato da un eccellente Elia Fabbian, già personalmente apprezzato qualche anno fa nello stesso ruolo oltreché in quello di Rigoletto in quel di Pisa e Rovigo, del Conte di Luna a Seoul, e che come un temporale sembra nato per tuonare e veicolare emozioni come pochi riescono. La mulatta Bersy di Sofia Janelidze le cui doti apprezzeremo non appena acquisito e pubblicato il video completo, indossa abiti che richiamano al Marocco e intrapresa la carriera di meravigliosa si aggira armata di frustino sado-maso. Prima stuprata e successivamente uccisa al grido di morte ai Girondini dal sanculotto Matthieu, secondo l’idea registica di Alberto Paloscia, suscita scalpore tra il pubblico. Angela Bonfitto, nel doppio ruolo di Contessa di Coigny e della vecchia Madelon mostra un notevole e innato talento di interpretazione attoriale. Credibile sino a risultare “fastidiosa” per vezzosità nel ruolo della Contessa, altrettanto brava nel dipingere il personaggio della vecchia cieca che dona il nipote, ultima goccia del suo stesso sangue, alla causa della patria. Benissimo anche Daniele Piscopo, anch’egli impegnato nel doppio ruolo prima dell’amico di Chénier, poi nel suo accusatore: Roucher e Fouquier Tinville. Ottima presenza scenica, voce presente e udibile in tutte le fasi del registro. Sorprendenti Pietro Fléville e il sanculotto Matthieu, interpretati da Matteo D’Apolito, sul quale ci piacerebbe indagare più a fondo in occasione di un ruolo di maggior impegno. Molto bene anche Un «Incredibile» e l’Abate di Raffaele Pastore, chiamato alla prova con brevissimo preavviso in sostituzione di Cataldo Caputo. E bene anche Schmidt, il maestro di casa, e Dumas di Carlo Agostini del quale si è potuto apprezzare un bel timbro da vero basso nei pur brevi interventi.

Si dice che il suono più bello che si possa udire in teatro sia quello degli applausi e cinque minuti abbondanti non fanno che decretare la piena soddisfazione del pubblico di Foggia  per il quale ci si augura che il Teatro Giordano possa continuare ad offrire il meglio che si possa immaginare. Piena soddisfazione anche per tutti gli interpreti e gli organizzatori di questo evento ai quali va il mio personale plauso per l’impegno ed i risultati conseguiti. Conto di ritornare per riferire sul secondo titolo in programma e che non poco ha acceso la mia curiosità.

Roberto Cucchi

a presto con gli aggiornamenti e il video completo dell’opera!

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