VENEZIA: Ernani – Giuseppe Verdi, 19 marzo 2023 a cura di Silvia Campana
Ernani
opera in quattro atti di Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave
tratta dal dramma di Victor Hugo Hernani
direttore Riccardo Frizza
regia Andrea Bernard
- Ernani Piero Pretti
- Don Carlos Ernesto Petti
- Don Ruy Gomez de Silva Michele Pertusi
- Elvira Anastasia Bartoli
- Giovanna Rosanna Lo Greco
- Don Riccardo Cristiano Olivieri
- Jago Francesco Milanese
maestro del Coro Alfonso Caiani
scene Alberto Beltrame
costumi Elena Beccaro
light designer Marco Alba
Orchestra e Coro del Teatro la Fenice
Teatro La Fenice, 19 marzo 2023
Difficile riuscire a rendere compiutamente un dramma quale Ernani nel quale Verdi incominciò ad intervenire direttamente (alla ricerca di un suo preciso obiettivo teatrale) anche su alcuni dei caratteri originali di Victor Hugo (Carlo V) perché si rischia sempre di offrirne una visione sbilanciata o a favore della drammaturgia o della vocalità, quando proprio alla potente unione di questi due elementi il compositore stava alacremente lavorando.
In questo caso il regista Andrea Bernard sceglie, per questo nuovo allestimento del Teatro La Fenice (sorto in coproduzione con Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia), una lettura che vorrebbe scandagliare il vissuto psicologico e traumatico di ogni personaggio concentrandosi però (esclusivamente direi) sulla figura di Ernani.
Una proiezione cinematografica durante il Preludio ci presenta infatti l’uccisione del padre, dramma che sarà poi all’origine di ogni male per il bandito, ossessionato da un desiderio di vendetta che ne guiderà i passi e determinerà il destino. L’ombra paterna, a tratti minacciosa a tratti protettiva, sotto le sembianze di un arcangelo guerriero, farà infatti poi da filo conduttore attraverso l’universo scenografico creato da Alberto Beltrame, in cui quinte aeree creano e disgregano spettrali architetture che i costumi di Elena Beccaro non sempre contribuiscono però a ben potenziare.
La lettura parte certo da un buon intento ma non riesce a raggiungere compiutamente il suo obiettivo, appiattendo il complesso messaggio drammaturgico e imprigionandolo in un’ampolla di memoria individuale che da un lato non chiarisce pienamente le motivazioni di Ernani (non basta la sola visione ad enucleare un complesso concetto) e dall’altro rischia di appiattire i vari personaggi che in questo melodramma hanno lo stesso identico peso sia che si parli di drammaturgia teatrale che musicale. La grandezza della partitura nasce infatti proprio da questo mirabile equilibrio che ci fa interrogare in continuazione sulle differenti scelte e motivazioni dei caratteri che sembrano essere entrati nel medesimo labirinto dal quale certo usciranno ma in modo opposto e con strumenti ed esiti differenti.
Un’avviluppata complessità drammaturgica che poco si è scorta in palcoscenico e che in quest’opera va di pari passo con il cambio continuo di registri espressivi e complessi scarti teatrali.
Molto interessante il cast presente in palcoscenico, pur in una prestazione globale che non si è particolarmente distinta per omogeneità espressiva.
Piero Pretti mette in evidenza quale Ernani la sicurezza di una professionalità consolidata. Il timbro, sempre misurato all’espressività dell’accento, contribuisce a ben cesellare questo carattere in cui si esprimono i complessi ideali del Romanticismo sempre oscillanti tra luci ed ombre, donando un’interpretazione corretta e perfettamente in linea con il sentire del suo personaggio.
L’Elvira di Anastasia Bartoli colpisce per la bellezza del timbro e per una sicurezza nel registro acuto che la porta ad affrontare senza timore le difficoltà tecniche della parte (agilità comprese) senza privarle di valore espressivo, ma nel registro centrale sembra mostrare un colore meno omogeneo forse necessitando di una maggior maturazione.
Ernesto Petti esibisce quale Don Carlo un timbro bello per colore e morbidezza ma, pur con qualche intenzione espressiva che si risolve però in mero esercizio di stile, non riesce a risolvere appieno il suo personaggio, forse uno dei più complessi in partitura. Sicuramente il suo canto è corretto, omogeneo e ben sostenuto (il registro acuto tende a tratti però a sbiancarsi) ma manca ancora al giovane baritono un più profondo lavoro di cesello sulla sua stessa vocalità e, affrontando il repertorio verdiano, questo non è un falso problema.
Compiutamente risolto sotto ogni profilo il Silva prepotentemente delineato da Michele Pertusi che gioca costantemente su una teatralità quasi sotterranea fatta di continui sottotesti e raffinati giochi espressivi che spesso in Verdi hanno lo stesso peso (e spesso anche di più) di una nota ben tenuta.
Completavano il cast Rosanna Lo Greco (Giovanna), Cristiano Olivieri (Don Riccardo) e Francesco Milanese (Jago).
Sostanzialmente corretto il coro del teatro diretto da Alfonso Caiani.
Riccardo Frizza ha diretto con prepotente esuberanza l’orchestra del Teatro la Fenice trascurando a tratti però quella tinta oscura che contribuisce ad amalgamare in partitura i più diversi ed eclettici registri espressivi.
Sala gremita e numerose chiamate per tutti gli interpreti ed il Direttore.
Silvia Campana