VERONA: La scala di seta – Gioachino Rossini, 30 marzo 2022 a cura di Silvia Campana
La scala di seta
Farsa comica in un atto. Libretto di Giuseppe Maria Foppa
Edizione critica della Fondazione Rossini in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Anders Wiklund
Musica di Gioachino Rossini
Direttore Nikolas Nägele
Regia Stefania Bonfadelli
Personaggi e Interpreti:
- Dormont Manuel Amati
- Giulia Eleonora Bellocci
- Lucilla Caterina Piva
- Dorvil Matteo Roma
- Blansac Carlo Lepore
- Germano Emmanuel Franco
Scene Serena Rocco
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Fiammetta Baldiserri
Orchestra e tecnici della Fondazione Arena di Verona
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona
Teatro Filarmonico, 30 marzo 2022
Un raffinato negozio di stoffe, sete in particolare, ordinatamente disposte in ordine cromatico sugli alti scaffali che inquadrano la scena è lo spazio scenico brillantemente ideato da Stefania Bonfadelli per questa sua regia de La scala di seta di Gioachino Rossini, presentata al Teatro Filarmonico di Verona nel corso della corrente stagione.
Un’idea garbata, elegante, preziosa e raffinata così come la partitura del giovane compositore pesarese che i perfetti costumi d’epoca elaborati da Valeria Donata Bettella vestono con giusto brio e cinematografica verve.
All’interno di un impianto registico accurato il gioco con gli artisti risulta dunque efficace e vincente, andando a scandagliare vizi e virtù di ognuno e riuscendo a caratterizzarne i tratti in modo naturale ed ironico, anche i movimenti di scena sorgono così spontaneamente dallo svolgersi dell’ingarbugliata trama dove l’equilibrio dei toni domina tratti e gesti e la naturale classe del meccanismo comico emerge in tutta evidenza.
Ottimo nella sua totalità il cast impegnato in palcoscenico.
Eleonora Bellocci dimostra di avere una tecnica solida e la sua vocalità appare infatti disinvolta e sicura nell’affrontare la parte di Giulia, cui il giovane soprano contribuisce a donare giusto temperamento ed ugual capriccio.
Molto interessante si è rivelata la prestazione di Matteo Roma quale Dorvil che ha messo in evidenza, oltre ad un timbro pieno per colore ed armonici, una bella sicurezza nell’estensione che gli ha permesso di ben affrontare le asperità della partitura.
Scenicamente disinvolto e gustoso nell’impersonare, suo malgrado, il deus ex machina dell’intreccio Emmanuel Franco quale Germano ha miscelato tecnica morbida e fraseggio accurato con una recitazione gustosa ma mai declinata in farsa ed il risultato è stato, nel suo complesso, assai equilibrato e vincente.
Carlo Lepore d’altro canto ha delineato il suo Blansac con la classe del vero “tombeur des femmes”’ d’antan evidenziandone le furbesche galanterie attraverso un canto sempre attento e sfumato.
Molto bene anche Caterina Piva quale Lucilla e Manuel Amati quale Dormont (qui proprietario della bottega).
Nikolas Nägele ha diretto con correttezza l’orchestra della Fondazione che è apparsa però a tratti non proprio a suo agio con lo spartito rossiniano.
Applausi entusiasti ma troppo poco pubblico in sala per questa replica settimanale, purtroppo una criticità, non tanto di questo teatro, quanto del rapporto con lo stesso del suo pubblico, un annoso problema che necessita di una riflessione ancor prima che di una soluzione.
Silvia Campana