VIGHIZZOLO di CANTU’: Madama Butterfly – Pocket Opera AsLiCo – 14 gennaio 2017

VIGHIZZOLO di CANTU’: Madama Butterfly – Pocket Opera AsLiCo – 14 gennaio 2017

  • 16/01/2017

Madama Butterfly

opera in tre atti di Giacomo Puccini

su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica

 “tragedia giapponese”  dedicata alla regina d’Italia Elena di Montenegro

Teatro Cinema Fumagalli, Vighizzolo di Cantù

 

Direttore: Alessandro Palumbo

Regia e luci: Roberto Catalano

Personaggi e Interpreti:

  • Cio Cio San: Sarah Tisba
  • Pinkerton: Angelo Fiore
  • Suzuki: Arina Alexeeva
  • Sharpless: Matteo Mollica
  • Goro: Mattia Muzio
  • Yamadori / Commissario: Filippo Rotondo
  • Zio Bonzo: Shi Zong
  • Kate: Selena Bellomi
  • Parenti, amici e servi: Verina Ghisoni, Giacomo Leone, Afra Morganti, Daniele Palma, Adriana Patanè, Mattia Rossi
  • Dolore: Thomas Rigamonti

Scene: Emanuele Sinisi

Costumi: Ilaria Ariemme

Orchestra 1813

Produzione AsLiCo nuovo allestimento

 

Ho rubato da Wikipedia quanto segue: con il termine magia si indica una tecnica che si prefigge lo scopo di influenzare gli eventi e di dominare i fenomeni fisici e lessere umano con la volontà; a tale fine lamagiapuò servirsi di gesti, atti e formule verbali, o di rituali appropriati.  Questo perché soltanto così si può bene descrivere quanto avvenuto nella Madama Butterfly prodotta da AsLiCo per OperaPocket, solo che in questo caso i maghi sono davvero tanti e ben coadiuvati da una “forza” che si è chiaramente e positivamente manifestata con quel risultato non comune a tutti e poco frequente che è l’incantesimo.

A dirla tutta non mi aspettavo tanto, specie a partire dal presupposto di una rappresentazione in Teatro-Cinema, assenza della buca, orchestra ridotta a 22 elementi, coro a sole sei bocche… per farla breve, a tutte quelle circostanze che riportano al basso costo e, in genere, a un risultato mediocre. Con mia grande sorpresa, invece, le cose sono andate in modo decisamente diverso.

Entriamo quindi nello specifico, e a quali gesti, atti e formule verbali, o rituali è ricorsa la regia e le luci di Roberto Catalano insieme con le scene, inizialmente e in apparenza inesistenti di Emanuele Sinisi.

La scena si apre su di una pavimentazione inclinata di 15-20 gradi sulla quale sono indicate semplici geometrie in prospettiva ed un fondale bianco che presto si scoprirà essere una tela-lavagna sulla quale i protagonisti andranno via via a comporre l’immagine crescente, specchio dell’essenza stessa del dramma. È un lavoro che richiede idee e maestria, e non di meno, la collaborazione di tutti gli artisti coinvolti. Tutto comincia con Pinkerton che traccia una spessa linea sino a metà della “tela” e che terminerà solo a matrimonio avvenuto. A quel punto è già chiaro che si tratta dell’orizzonte i cui occhi di Butterfly scruteranno a lungo nell’attesa del suo ritorno. L’apertura del sipario al secondo atto rivelerà poi che la Madama ha trascorso l’attesa nel dipingere al di sotto della linea di cui prima, tutto quello che è stato il suo fantastico mondo ideale. Più avanti la rivedremo insieme con Suzuki, pennello alla mano, animarsi nel rifinire il graffito con altri fiori e petali per dare il bentornato ad un marinaio che non mai più rivedrà. Inutile dire quanto la combinazione di eventi, voci, immagini e delle luci sia stata toccante.

Questa, forse, soltanto la più interessante delle idee registico-scenografiche, ma non di certo l’unica. Vi è poi la proiezione d’una gigantesca ombra del marinaio americano su di una piccola Butterfly che sembra farsi ancor più piccina all’uopo. Immagini, se vogliamo, iconografiche ma di buon gusto ed ottimo equilibrio. Parte non meno rilevante hanno avuto i costumi della bravissima Ilaria Ariemme, già incontrata e apprezzata in qualità di valente e talentuosa assistente del più noto William Orlandi in quel della Turandot a Macao. Altra importante artefice della buona riuscita è stata la bacchetta del giovane Alessandro Palumbo alla direzione dell’Orchestra 1813 anch’essa composta da selezionati giovanissimi. Certo la riduzione a soli 22 elementi ha un po’ derubato i suoni delle enfasi e grandezze in alcuni passaggi, ma come immaginare di poter fare meglio fuori della buca e quasi mescolati tra la gente? Gli equilibri tra palco e non-buca sono stati rispettati, così anche i timpani del pubblico che ha potuto percepire la delicatezza delle melodie in tutte le sue sfumature.

In rare occasioni capita di poter dire bene di tutti gli interpreti, è questa una di quelle, a partire dalla protagonista interpretata da Sarah Tisba, che inizia bene ma prosegue ancor meglio, a mio avviso incoraggiata dalla buona dose di applausi seguiti dopo l’aria “un bel dì vedremo”, di qui in poi la vedremo più sciolta e convinta. Presenza scenica e vocalità molto appropriate per un ruolo che difficilmente i soprani affrontano in così giovane età. Bella presenza e bella voce quella del tenore Angelo Fiore, nei panni di Pinkerton anch’egli applauditissimo sull’aria “addio fiorito asil”. Annunciata quale indisposta Arina Alexeeva fa presagire una non buona riuscita, ma contro le aspettative indotte si esibisce benissimo, tanto vocalmente quanto attorialmente. Ad ottimo livello anche tutti i comprimari e gli altri ruoli di fianco: Sharpless di Matteo Mollica, Goro di Mattia Muzio, nel doppio ruolo di Yamadori e del Commissario Filippo Rotondo, Shi Zong nello zio Bonzo e Kate di Serena Bellomi. Parenti, amici e servi sono interpretati da Veronica Ghisoni, Giacomo Leone, Afra Morganti, Daniele Palma, Adriana Patanè, Mattia Rossi. Dolore è Thomas Rigamonti. Pur ridotto, emozionante il “coro a bocche chiuse”.

Di recente si è molto parlato sulla stampa di come “la salvezza” del teatro passi soprattutto per la provincia, è un proclama sul quale in generale mi trovo poco d’accordo, se non altro per non perdere di vista tutto quanto si potrebbe fare anche nei teatri delle grandi città, come prendere ad esempio (per non dire scritturare) artisti come questi, che pur con pochi mezzi a disposizione, sono stati capaci di tanto. Meditate gente!

Roberto Cucchi

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