CAGLIARI: La traviata – Giuseppe Verdi, 26 maggio 2023 a cura di Loredana Atzei

CAGLIARI: La traviata – Giuseppe Verdi, 26 maggio 2023 a cura di Loredana Atzei

  • 30/05/2023

LA TRAVIATA

melodramma in tre atti libretto Francesco Maria Piave

dal dramma La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio

musica Giuseppe Verdi

editore proprietario: Universal Music Publishing Ricordi s.r.l., Milano


Maestro concertatore e Direttore Beatrice Venezi

Regia e luci Henning Brockhaus

personaggi e interpreti:

  • Violetta Valéry Gilda Fiume 
  • Flora Bervoix Marina Ogii 
  • Annina Carlotta Vichi 
  • Alfredo Germont Riccardo Della Sciucca 
  • Giorgio Germont Leon Kim 
  • Gastone Mauro Secci
  • Barone Douphol Nicola Ebau
  • Marchese d’Obigny Andrea Tabili
  • Dottor Grenvil Mattia Denti
  • Giuseppe Moreno Patteri
  • Domestico di Flora/Commissionario Alessandro Frabotta 

Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari

Maestro del coro Giovanni Andreoli 

Scene Josef Svoboda, riprese da Benito Leonori

Costumi Giancarlo Colis

Coreografia Valentina Escobar

Allestimento dell’Associazione Arena Sferisterio di Macerata e della Fondazione Pergolesi-Spontini di Jesi

 

Teatro Lirico di Cagliari, 26 maggio 2023


La traviata riempie l’ampia sala del lirico di Cagliari registrando il tutto esaurito, e porta in teatro il pubblico delle grandi occasioni in una Première di lusso.

Red carpet all’ingresso, autorità in vestito di Gran Gala e Party after Opera su invito, per suggellare quello che è un successo annunciato.

photo©Priamo Tolu

Gli applausi non sono infatti mancati durante tutta l’opera che riporta in scena l’allestimento storico con le scene di Josef Svoboda, riprese da Benito Leonori, i costumi coloratissimi di Giancarlo Colis che si rifanno ai quadri di Giovanni Boldini, le coreografie funzionali di Valentina Escobar e regia e luci curate  da Henning Brockhaus in quella che è anche nota come “La traviata degli specchi”.

Lo specchio è in fondo una costante nell’Opera di Verdi.

 Basta leggere il libretto per rendersene conto. E’ presente in tutti gli atti anche se non è usato come filo conduttore.

C’è uno specchio sul caminetto nel salotto della festa, ne troviamo uno nella casa di campagna dove i due ragazzi trovano rifugio sicuro al loro amore, ed è presente infine nell’ultimo atto che, impietoso, mostra a Violetta il suo deperimento e la morte che incombe.

Ma il grande specchio che si solleva sulle scene e domina il palco non è più un oggetto funzionale all’estetica del dramma o al dialogo intimo di una donna morente di fronte alla propria immagine appassita.

photo©Priamo Tolu

E’ un oggetto che riflette la realtà in maniera a volte onirica a tratti distorta e che, alla resa dei conti, denuncia il voyeurismo del pubblico messo alla pari di quei cittadini benpensanti che all’asta dei beni di Marguerite Gautier si fiondano ad accaparrarsi qualche cimelio della più nota mantenuta di Parigi alla ricerca di qualche cimelio scabroso.

Come se nemmeno la morte potesse fermare gli sciacalli dal violentare quel che resta di una donna perduta.

Sul Podio il direttore Beatrice Venezi  si cimenta per la prima volta nel complesso titolo Verdiano scegliendo di effettuare diversi tagli a partire dalla seconda strofa di “Ah forse è lui…”, per poi continuare con il taglio del da capo della cabaletta di Alfredo “Oh mio rimorso!Oh infamia!…” ma viene omesso l’acuto. D’altro canto la cabaletta di Germont che la tradizione elimina viene invece qui conservata parzialmente scegliendo di eliminare solo il da capo e il breve pertichino di Alfredo “mille serpi divoranmi il petto…” . Infine, nel terzo atto, l’aria “Addio del passato…” viene conservata interamente.

Tali scelte sono motivate dalla stessa Venezi nell’intervista presente nel libretto di sala, rilasciata a Stefano Valanzuolo di cui riporto testualmente la parte relativa ai tagli:

photo©Priamo Tolu

“…Si dovrebbe tenere conto non soltanto dei gusti del pubblico, ma anche delle sue esigenze e del fatto, per esempio, che la soglia di attenzione dello spettatore medio non sia la stessa di due secoli fa. Sono cambiati i tempi di fruizione, è ovvio. Se in quest’edizione della traviata ho scelto di apportare tutti i tagli di tradizione ( tranne uno: <<Addio del passato>>, che è troppo importante per rinunciarvi), è per venire incontro alle esigenze dei cantanti e del pubblico. Lo faccio nel rispetto, si capisce, del melodramma, della sua storia e degli interpreti che l’hanno resa grande.”

Personalmente credo che in presenza di grandi interpreti, sia a livello vocale che recitativo, non ci sia una sola nota, ne una frase di troppo, nell’edizione filologica della traviata, e che il tempo voli quando canto e azione teatrale sono rispettati e vissuti in scena in modo da proiettare le emozioni al pubblico.

photo©Priamo Tolu

In mancanza di questi elementi però si, devo ammettere che anche un’edizione tradizionale, soprattutto se priva di una partecipazione scenica esemplare e sfornita di sfoggi vocali, possa apparire lunga e piatta…addirittura noiosa.

Gilda Fiume nei panni di Violetta esegue la parte con buone doti belcantiste mostrando un’ampia gamma di colori, avendo gioco facile sulle agilità del primo atto ma risolvendo in modo soddisfacente anche il resto dell’opera. Esegue un ottimo e commovente “Addio del passato…” che conclude con un filato lunghissimo e che in definitiva si può considerare la pagina più bella di questa Traviata Cagliaritana.

Non così corretto invece il tenore Riccardo Della Sciucca che, sebbene dotato di un buon mezzo vocale e un timbro piacevole, nonché di una bella presenza, è apparso in difficoltà nel duetto “Un dì felice, eterea…” arrivando in sofferenza vocale sul “croce e delizia…”. I problemi si ripetono nel secondo atto con una linea di canto discontinua e con un suono sporco nella parte più acuta della cabaletta “Oh mio rimorso! Oh infamia!…” che, come si è detto non viene conclusa con l’acuto da tradizione anche se le pause prese sembravano volerlo anticipare.

photo©Priamo Tolu

Leon Kim nei panni di Germont padre è vocalmente valido e rispettoso delle intenzioni anche se in alcuni punti il suono appare opaco. Dà il meglio di sé nella seconda strofa del cantabile “Di Provenza il mare, il suol…” dove riesce a inserire, nella melodia suadente e manipolatrice dell’aria, un canto singhiozzante e commosso che mira a far breccia nell’animo del figlio per instillargli ciò che ad un genitore riesce meglio: il senso di colpa.

Se a livello vocale il cast appare tutto sommato dotato lo stesso non si può dire a livello interpretativo dove sorgono i veri problemi. Che questo sia dovuto ai tempi stretti di produzione, ad una regia disattenta, ad una mancanza di doti recitative, è difficile dirlo. Ma i risultati sono quelli per cui c’è un grande scollamento tra ciò che si vede e ciò che si sente.

Il duetto tra Germont e Violetta “Dite alla giovane…” è caratterizzato da una mancanza di recitazione tale che risultano amplificati i tempi dilatati dell’orchestra.

Inoltre è difficile proiettare le giuste emozioni quando si guasta l’estetica del momento facendo cantare “Ah forse è lui…”  mentre la cantante abbraccia un cuscino delle dimensioni di un materasso.

Nel terzo atto la bellezza dell’addio del passato viene messa in ombra da una cappelliera che la protagonista porta in scena e dal rapporto conflittuale con lo specchio mentre prova diversi cappellini.

photo©Priamo Tolu

In definitiva i personaggi principali non sono centrati, non c’è immedesimazione, non traspare l’emozione vera. Ci si ferma alla formalità del canto e ad una visione superficiale dei protagonisti mentre alcuni personaggi di contorno, peggio ancora, vengono travisati.

Così come accade con Annina, interpretata da Carlotta Vichi, e con il Dottor Grenvil interpretato da Mattia Denti.

La prima viene mostrata come una svampita che addirittura ridacchia in modo impertinente quando legge la lettera che le consegna Violetta.

Potrà sembrare piccola cosa, forse, ma quello è un momento fatidico e tragico e Annina lo sa. Sa perfettamente a quale deriva condurrà quello scritto. Non può riderne, lei che starà fino alla fine con Violetta condividendone i momenti più tristi.

Allo stesso modo è distorto il personaggio del Dottore che nell’ultimo atto entra in casa di Violetta e appare più ansioso di congiungersi con Annina (di cui ha evidentemente una conoscenza biblica) che non di visitare la malata.

photo©Priamo Tolu

Spicca tra i personaggi secondari il Gastone di Mauro Secci, tenore dalla vocalità ampia e timbro luminoso. Unisce a queste doti capacità recitative tali da riuscire a farsi notare anche in piccoli ruoli. Il modo in cui entra in scena, spigliato e spontaneo, i rapporti che ha con gli altri protagonisti, il gesto e la mimica del volto sempre curati sono la dimostrazione che non esistono piccole parti che non possano essere valorizzate da un buon interprete.

Il cast è completato dagli ottimi Nicola Ebau nel ruolo del Barone Douphol, Andrea Tabili nei panni del Marchese D’Obigny in preda di una sensuale e dominatrice Marina Ogii nel ruolo di Flora, Moreno Patteri che interpreta Giuseppe e Alessandro Frabotta che interpreta il domestico Commissionario con grande eleganza.

Il coro diretto da Giovanni Andreoli svolge il suo ruolo in modo puntuale congedandosi tra gli applausi alla fine del secondo atto.

Lo spettacolo finisce con la sala illuminata a giorno.

photo©Priamo Tolu

 Lentamente sullo specchio appare il pubblico che osserva sé stesso mentre immobile e muto assiste alla morte della cortigiana.

Il gioco dell’ipocrisia è svelato.

La società che accusa Violetta e che ne pretende la redenzione è tutta li. In quel pubblico che applaude tutto.  Anche la sua ingiusta, tragica, inevitabile morte.

La recensione fa riferimento alla recita del 26 maggio 2023

Loredana Atzei

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