MILANO: IL RE CERVO – 27 maggio 2017
Angelo Inglese
Il re cervo
Opera in 3 atti
tratta dall’omonima fiaba di Carlo Gozzi (1762)
libretto di Paolo Bosisio
- Angela: Adelina Diaconu
- Clarice: Sivia Alice Nita
- Smeraldina: Adrian Ionescu
- Deramo: Denys Pivnistzky
- Tartaglia: Carmine Monaco
- Pantalone: Dominic Cristea
- Brighella: Adrian Marginean
- Durandarte: Sebastian Bancila
Mancato l’appuntamento alla prima mondiale assoluta al Teatrul Muzical Nae Leonard a Galati in Romania, responsabile della produzione, causa impegni già presi in precedenza, non potevo certo mancare anche a questa rappresentazione fuori porta. Trattandosi di una nuova opera ho ben pensato di tentare l’interessante esperimento di andarci accompagnato da due persone a me molto care ma totalmente estranee al mondo dell’opera per poi, se vogliamo con una vena di sadismo, raccoglierne le impressioni.
Peccato fosse soltanto una semiscenica e priva dell’orchestra, anche se il compositore Angelo Inglese ha voluto onorare il pubblico non solo della sua presenza, bensì sedendosi egli stesso al pianoforte. Re Cervo, la cui trasposizione in libretto ad opera del prof. Paolo Bosisio dalla fiaba originaria di Carlo Gozzi, autore tra le altre della Donna serpente e della Turandot, è un’opera ben strutturata sia dal punto di vista filologico che da quello musicale. Lavoro complesso e ben riuscito quello della “librettazione”, che ha richiesto un laboratorio presso l’Università Statale di Milano. Ridotto il numero dei personaggi da 11 a 8, ci si è poi dovuti progressivamente allontanare dall’originale per esigenze linguistiche, per raggiungere quella metrica musicale che potesse fruire della contemporaneità e per portare in declamato quel “non detto”, peculiarità del teatro di prosa laddove parte del contenuto viene affidato alla gestualità.
La novella del settecento, attualizzata, apre con la comparsa di un personaggio che armato di compasso traccia a terra un cerchio dentro al quale si svolgeranno le vicende. Il Re di Serendippo è in cerca di moglie e alcuni cortigiani, desiderosi di elevare la propria posizione sociale, propongono chi la figlia, chi la sorella. La scelta del Re cadrà su Angela, figlia di Pantalone, scatenando le ire del ministro Tartaglia ormai certo che avrebbe preferito sua figlia Clarice e che gli giura vendetta. Durante una battuta di caccia il Re rivela a Tartaglia la conoscenza di un sortilegio che permetterebbe loro di impossessarsi dei corpi dei due cervi appena abbattuti, lasciando a terra il proprio. Chiede dunque all’amico che crede fidato di seguirlo in questa esperienza, ma Tartaglia coglie l’occasione per portare a compimento la sua vendetta. Lascia che il Re lo preceda per potersi impossessare non già del corpo dell’altro cervo bensì di quello del Re.
Sostituitosi a Sua Maestà lascio immaginare quali obiettivi tenterà di raggiungere, ivi incluso il possederne la moglie. Privato della possibilità di rientrare nel proprio corpo rubato dal suddito infedele, al Re non resterà che la scelta di appropriarsi di quello di un povero vecchierello. Presentatosi alla moglie in queste fattezze verrà a stento riconosciuto. Compare quindi un nuovo personaggio, Durandarte, capace di rompere gli incantesimi e di restituire ad ognuno l’identità propria. Tartaglia, smascherato, cadrà chiedendo di morire per la vergogna d’aver tradito, e come si suol dire… tutti vivranno felici e contenti.
Questo è quanto si può esprimere in poche righe di quanto accade in questo delizioso lavoro tra il serio e il faceto, dove il continuo avvicendarsi di personaggi è ben architettato dalla sapiente regia dello stesso autore del libretto, e cosa si potrebbe chiedere di meglio?
Molto suggestivo il balletto dei due cervi, Iosefina Solon e Monika Serban. Emozionante il personaggio del vecchierello incarnato dal Re, dove il tenore Denys Pivnistzky impegnato nel doppio ruolo, riesce meglio. Estremante divertente il baritenore Adrian Ionescu interprete en travesti di Smeraldina l’esuberante sorella di Brighella, credenziere del Re bene interpretato dal tenore Adrian Marginean; così come il Tartaglia egregiamente portato in scena dal baritono Carmine Monaco d’Ambrosia. Angela, sposa del Re, è il soprano Adelina Diaconu, anch’essa dotata di un buon mezzo vocale e buone capacità interpretative. Pantalone, il bass-baritono Dominic Cristea e Clarice, il mezzosoprano Silvia Alice Nita sono anch’essi all’altezza del ruolo affidatogli. Ha invece bisogno di qualche aggiustamento il basso Sebastian Bancila, la cui proiezione vocale è limitata al solo centro.
Tornando ai miei due ospiti, un adolescente e sua mamma, ho dunque voluto sondarne la comprensione dell’opera e l’indice di gradimento. Sappiamo bene che la cosiddetta “musica colta”, e in special modo quella dell’opera moderna, non raggiunge le masse dalle quali spesso non è compresa. Ora, quello che è successo qui, in questo caso, è che i contenuti sono stati ben trasmessi e di conseguenza altrettanto ben compresi e che la tessitura musicale è piaciuta molto. Responso ufficiale: l’opera è un’esperienza da ripetere. E questo conta davvero molto in un momento storico in cui l’opera non può più essere ad unico ed esclusivo retaggio dell’elìte.
Peccato davvero non aver presenziato alla premiere, così da poter beneficiare anche delle splendide scene di Domenico Franchi per le quali ci dovremo contentare delle fotografie di repertorio qui riportate. Suoi anche i costumi di ottimo gusto e fattura, tali da evocare l’atmosfera fiabesca in cui ci si ritrova immediatamente immersi e coinvolti.
Non mi resta che ringraziare gli autori di questo piccolo capolavoro e sperare non soltanto che presto si ripropongano con nuove idee, ma che quest’opera venga nuovamente rappresentata, perché davvero merita!
Roberto Cucchi