BERGAMO: Rigoletto, 17 dicembre 2017
RIGOLETTO
Melodramma in tre atti
Musica di Giuseppe Verdi. Libretto di Francesco Maria Piave.
Direttore Pietro Rizzo
Regia Elena Barbalich
Personaggi e Interpeti:
- Rigoletto Francesco Landolfi
- Gilda Lucrezia Drei (15/12), Claudia Pavone (17/12)
- Duca di Mantova Matteo Falcier (15/12), Marco Ciaponi (17/12)
- Sparafucile Alessio Cacciamani
- Maddalena Katarina Giotas
- Giovanna Nadiya Petrenko
- Conte di Monterone Matteo Mollica
- Matteo Borsa Giuseppe Distefano
- Marullo Guido Dazzini
- Il Conte di Ceprano Giuseppe Zema
- Contessa di Ceprano Anna Bessi
- Paggio Maria Luisa Bertoli
- Usciere Giacomo ArchettiScene e costumi Tommaso Lagattolla
Luci Fiammetta Baldiserri
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Aiuto regista e movimenti scenici Danilo Rubeca
Assistente alla regia Costanza Degani
Assistente alle scenografie Porziana Catalano
Assistente ai costumi Sofia FarneaCoro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali di MilanoNuovo allestimento
Coproduzione Teatri di OperaLombardia, Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi
a cura di Paolo T.Fiume
Un buon finale di stagione al Teatro Sociale di Bergamo, con la coproduzione di Rigoletto di OperaLombardia. La regista Elena Barbalich conquista con uno spettacolo accattivante, dalle tinte noir, centrato sull’idea di una Wunderkammer “ponte tra le diverse epoche […], camera delle meraviglie [che] incontra la serialità industriale”, simbolo di “due tipi di collezionismo che si contraddicono”: da una parte “quello del Duca, una raccolta di giovani donne, con cui la corte intrattiene un rapporto di voyeurismo e consumo spersonalizzato”, e difatti tutte le figure femminili dell’opera si presentano come oggetti inanimati; dall’altra quello di Rigoletto, ossessionato dalla suggestione degli alberi, ispirata dalla metafora del testo di Hugo che rappresenta Bianca (la Gilda dell’opera) con una ricca iconografia attinente al mondo silvestre e vegetale. L’idea è ben realizzata, tutti questi elementi risultano comprensibili ma non invadenti. Le scene di Tommaso Lagattolla sono magnifiche: le strutture metalliche geometriche che delimitano tutti gli ambienti consentono di dare giustizia alla regia, lasciando spesso i personaggi in penombra, nel costante e complesso gioco di rimandi che l’opera ha alla base della sua drammaturgia. Tutto lascia l’impressione di una grande cura: veramente affascinante la spettrale scena della locanda di Sparafucile all’inizio dell’ultimo atto, tanto da strappare un mormorio ammirato alla platea. Ottimi i costumi di stile cinquecentesco ma realizzati con materiali moderni e con interessanti divagazioni stilistiche: il coro di cortigiani al rapimento di Gilda con torce da minatore sul caschetto è idea bizzarra ma riuscitissima quanto ad effetto. Inappuntabili, originali e intelligenti le luci di Fiammetta Baldisseri.
Soltanto buona la direzione di Pietro Rizzo sul podio dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano; da un nome di questo livello ci si attendeva in realtà qualche cosa di più, dal momento che molti attacchi sono imprecisi, le sonorità di assieme sono spesso sbilanciate sui fiati e alcuni tempi risultano incomprensibili: Caro nome è fin troppo marciante, il timbro troppo presente: l’incredibile poesia del brano è penalizzata, il pensiero trasognato di Gilda perde ogni languore di passione; viceversa la celeberrima Vendetta è larghissima, piattina e per nulla bellicosa. Non che siano mancati momenti di grande pathos e precisione, e anzi generalmente la prova è stata più che adeguata, ma purtroppo una partitura del genere esige altro per conquistare veramente.
Vincitori sotto il profilo vocale sono sicuramente Francesco Landolfi nel ruolo eponimo e Claudia Pavone come Gilda. Il baritono più che nel personaggio conquista nella voce, robusta, virile e dal timbro ricco e molto verdiano. L’intonazione è precisa, il suono arriva nitido, ben proiettato ed energico. Tutti i passi difficili sono resi correttamente, buona l’invettiva ai cortigiani, solidi anche gli acuti non scritti. Molto applaudito. La Pavone è una Gilda convincente, dalla grande padronanza delle sfumature (Gualtier Maldé) e capace di far commuovere anche grazie ad una recitazione accorta e trascinante. Il timbro è buono per il ruolo e la sintonia con il padre le fa meritare accorate approvazioni nei duetti.
Difficile da valutare serenamente il Duca di Marco Ciaponi, che oscilla tra momenti adeguati ed evidenti difficoltà. Non aiutano i ben due re sovracuti non scritti, sonori e corretti ma non indimenticabili e soprattutto stridenti in confronto a un registro acuto spesso al limite e a una scioltezza globale tutta da raggiungere. Non è un problema la voce di pasta chiara, e del resto il Duca è un ruolo che si può persino giovare di una certa leggerezza; lo è semmai l’opacità, il suono piccolo ma non puntuto, la sensazione globale di una prestazione ancora non matura. Ma è giovane, e di sicuro sono possibili grandi miglioramenti.
Bello, ricco e godereccio lo Sparafucile di Alessio Cacciamani: la voce tonante ma controllata e perfettamente in ordine gli vale un successo.
Buono e globalmente adeguato il resto del cast: di voce un po’ esuberante ma apprezzabile la Maddalena di Katarina Giotas, assolutamente corretta la Giovanna di Nadiya Petrenko, validi i due Ceprano di Giuseppe Zema e Anna Bessi.
Molto buono il Coro OperaLombardia, che sebbene limitato alla non numerosissima parte virile sfoggia un timbro tornito, pastoso ed efficace, versatile nelle diverse richieste della partitura, da un brillante Zitti, zitti a un ben fraseggiato Scorrendo uniti remota via. Da encomiare anche l’abilità scenica, sapientemente impiegata dalla regia, nelle grandi scene collettive.