Il nostro sacrificio può salvare vite umane – Silence Of The Arts con Enrico Calesso

Il nostro sacrificio può salvare vite umane – Silence Of The Arts con Enrico Calesso

  • 28/12/2020

 

a cura di Madina Karbeli


 

Enrico Calesso – Generalmusikdirektor del Teatro di Würzburg e direttore ospite in molti teatri tedeschi, austriaci, italiani, etc. Come ridefinire la strada dell’artista e uscire dalle crisi – è stato il tema della nostra intervista, che abbiamo fatto subito dopo un’altra chiusura e la cancellazione del suo spettacolo a Linz.

-Eravamo in attesa della prima de “I Capuleti e i Montecchi” al Landestheater di Linz, ma la nuova chiusura ha cambiato i piani e la prima è stata rimandata. Ci vuole dire qualcosa di più su questo progetto?

Enrico Calesso: Si, la prima è stata spostata, nonostante già dall’inizio fosse un progetto adatto alle restrizioni per il corona-virus. In realtà, a novembre a Linz era pianificata, con la mia concertazione, “Aida”. Ma “Aida” prevede un grande coro e il balletto, non permettendo di garantire e osservare tutti i protocolli di sicurezza. Per questo motivo il teatro di Linz ha cambiato il titolo, sostituendo “Aida” con “I Capuleti e i Montecchi”. Mi è dispiaciuto di non poter dirigere “Aida”, che aspettavo già da tanto, ma la concerterò l’anno prossimo. “I Capuleti e i Montecchi”, che considero comunque titolo centrale del repertorio operistico, era previsto anche qui, a Würzburg. Il regista a Linz è Gregor Horres, che ha avuto un grande successo l’anno scorso con “Il Trovatore” a Linz, con me e il baritono Federico Longhi. Horres ha trovato soluzioni molto interessanti, in modo da ridurre i rischi, presentando il coro maschile come un coro greco sul palcoscenico. Inizialmente l’organico orchestrale, nel pieno rispetto dei protocolli, era senza restrizioni. Poi, nel corso delle prove, si è deciso di ridurre della metà l’organico degli archi a causa della risalita esponenziale dei contagi. Ho dovuto quindi rimodulare la concertazione, un lavoro molto intenso – e ciò nonostante abbiamo dovuto comunque rimandare il progetto…

…dopo tutta la fatica!

Devo dire, che il teatro di Linz ha reagito con la massima razionalità: concludere le prove, portare la produzione fino alla prova generale e non appena possibile andare in prima riprendendo tutto con poche prove mirate. Questa, secondo me, è una scelta molto razionale, perché permette di essere flessibili e di non dover recuperare i progetti. Nonostante tutte le difficoltà, sarà uno spettacolo molto bello con un ottimo cast di giovani. Giulietta è un soprano molto bravo, Ilona Revolskaya e abbiamo un coro molto ben preparato!

– Quando è prevista la prima?

Al momento è difficile dirlo. Era pianificata inizialmente per i primi di dicembre, poi sotto il Natale e infine a gennaio. Secondo me vedremo la prima al più presto a febbraio.

– Secondo Lei è giusta questa chiusura dei teatri? Prendendo in considerazione il fatto che i teatri hanno investito tanto per garantire la sicurezza, e di fatto, dato che non si sono visti contagi tra il pubblico, direi che il teatro è un luogo sicuro…

È molto difficile giudicare! Sicuramente, è molto ingiusto penalizzare i teatri che si sono dotati di protocolli molto rigorosi! Posso mettere la mano sul fuoco che sia a Würzburg che a Linz, è impossibile che il pubblico si infetti in teatro. Penso che la chiusura dei teatri sia stata dettata dalla necessità di evitare gli assembramenti che avvengono prima dell’ingresso, andando a teatro, oppure dopo, all’uscita, consapevoli però che in teatro non sarebbe successo nulla. In Germania, la cancelliera Angela Merkel ha detto chiaramente che si tratta di una decisione politica. Dovendo diminuire i contatti tra le persone almeno del 75%, è una scelta se chiudere i teatri, le scuole, o le chiese – tenendo conto dei diritti fondamentali. Per questo per me è difficile dare una risposta decisa. Come artista dico che è ingiusto penalizzare noi artisti in questo modo! Ma se dovessi scegliere se chiudere le scuole, o se chiudere i teatri, a quel punto probabilmente vincerebbe in me il padre di famiglia, perché ho visto quando le scuole erano chiuse quali danni hanno subito i miei bambini. Mettere però il teatro sullo stesso piano di un concerto rock non è giusto. Ai miei occhi il teatro non è una forma di intrattenimento, ma è cultura. Questo è l’aspetto che non riesco ad accettare: si dovrebbe vedere nel teatro, nella cultura, lo stesso valore pedagogico, culturale, educativo che in questo momento si da alle scuole. Mi chiedo perché dobbiamo fare queste scelte? Perché non possiamo organizzare chiusure più circostanziate? Sono deluso che non vi sia una visione meglio articolata, più differenziata. D’altro canto non si può nemmeno accusare più di tanto la politica, perché è importante tutelare così le terapie intensive come anche l’economia, perché se si indebolisce l’economia la prima cosa che perderà il sostegno statale sarà di nuovo la cultura. È anche nel nostro interesse che il sistema economico continui a produrre…, ma non è giusto che siamo solo noi artisti, insieme forse al settore della ristorazione a pagare un prezzo così alto.

– Ultimamente, parlando con altri artisti, leggendo le loro posizioni sui social media, ho la sensazione che con questa ulteriore chiusura sia emersa anche una certa chiusura mentale, una certa voglia di impostare tutto sul “locale”, di chiudere le porte. In Germania è stato detto che molti artisti (soprattutto liberi professionisti) non torneranno più al loro lavoro. Ovviamente in un teatro con il cast stabile queste intenzioni si avvertono meno… Come vede Lei il futuro della lirica dopo il Covid19?

Diciamo che io mi trovo in una situazione privilegiata in virtù della mia scelta professionale. Essere direttore ospite è molto soddisfacente, si lavora con diverse orchestre, diverse istituzioni: ma alla base della mia attività da direttore ospite ho fatto la scelta di avere un posto da direttore stabile, e questo per motivi artistici: Solo la stabilità di un incarico garantisce la continuità per costruire, lavorando insieme, qualcosa di importante. Sono perciò molto contento di essere legato stabilmente a Würzburg, come direttore musicale, e a Linz, come direttore ospite stabile. Con un incarico stabile posso contare in questa pandemia su un sostegno finanziario che gli artisti che lavorano solo come liberi professionisti non hanno.

– Forse questo periodo potrebbe spingere i teatri a sviluppare di più i cast stabili…

Questo è la forza del sistema teatrale tedesco, che secondo me, farebbe bene anche all’Italia. Perché con il cast fisso si costruisce anche continuità artistica, un ensemble, permettendo grandi prospettive di sviluppo. Certo, per il libero professionista ci sono più chance, più possibilità… ma secondo me, dobbiamo rivalutare un po’ tutto dopo questo periodo di corona così duro e cogliere la sfida per capire quale sia la strada giusta… I miei più grandi timori sono di carattere finanziario. Secondo me le istituzioni che sostengono sistema teatrale di tutti i paesi, dopo la crisi dovuta al corona-virus avranno il problema della ripartenza economica e quindi ci potrebbero essere tagli. Questo aprirà però grandi possibilità di razionalizzazione. Chi guida i teatri avrà dunque enormi responsabilità, ma anche grandissime chance: non è detto che ad una ripresa post-Covid debba corrispondere un ridimensionamento artistico. Il sistema va ristrutturato in modo più efficace, più pratico, mantenendo naturalmente punte di eccellenza. Per noi artisti invece è importante capire che, se una pandemia riesce mettere in crisi la propria situazione in modo talmente grande da mettere a repentaglio la stessa esistenza artistica, forse ci si deve interrogare se la strada intrapresa sia quella giusta.

Parliamo del Teatro di Würzburg, dove sei il Direttore Musicale. Avete dovuto cambiare molto il programma?

A Würzburg, prima che scoppiasse la pandemia avevamo già pianificato la stagione 2020/21 per la Blaue Halle, la nostra sede provvisioria. Il Teatro è in fase di restauro fino ad almeno il 2022, così abbiamo trovato un accordo con un grande stabilimento industriale di Würzburg (va-Q-tec), che ci ha messo a disposizione una parte della fabbrica che abbiamo adattato a teatro. Abbiamo pianificato Verdi, Puccini, Offenbach… poi è arrivato il corona-virus e ci ha costretto a cambiare completamente tutto. Tra l’altro in Germania le regole di distanziamento per il canto sono molto severe. Per esempio, il distanziamento tra i cantanti era fissato inizialmente in 6 metri!.. Dopo gli studi sull’aerosol questi distanziamenti sono stati un po’ ridimensionati. Con un giusto impianto di condizionamento dell’aria si può ridurre la distanza a soli due metri. Ma con il coro non possiamo lavorare, perché abbiamo un palcoscenico piuttosto piccolo e per questo abbiamo dovuto trovare titoli che non prevedono la partecipazione del coro. Mi è dispiaciuto moltissimo, perché io adoro lavorare con il coro, che qui a Würzburg è ottimo. La seconda condizione per i titoli era quella di evitare le pause. Quindi tutte le serate che abbiamo fatto duravano al massimo 70-90 minuti. Rispettando questo regolamento molto rigoroso, abbiamo trovato soluzioni diverse: per l’apertura della stagione abbiamo preso il Rinaldo di Händel, come sai, tutta l’opera dura quasi 4 ore. estraendone  il secondo atto, con alcune cose del primo e del terzo, e chiamandolo “Il Giardino dei Desideri”. Abbiamo costruito una successione delle arie e dei recitativi diversa. Come sai, Händel compone qui solo arie e duetti, ad eccezione del coro finale. Così avevamo sempre scene piccole sul palcoscenico, ma realizzate con tutto il nostro ensemble, valorizzandolo nei molti ruoli previsti: il nostro mezzosoprano lirico ha fatto Rinaldo, il nostro mezzosoprano drammatico ha fatto il Mago, il nostro soprano ha fatto Almirena, il nostro soprano leggero ha fatto Armida, e così via. Poi per il secondo titolo abbiamo preso un’operetta di Spoliansky, “Ruffen Sie Herrn Plim!” che dura 60minuti. Volevamo portarla in scena a fine novembre, adesso stiamo finendo le prove per poi riproporla quando riapriremo. Come terzo titolo abbiamo programmato una Pasticcio su “Il Povero Marinaio” di Darius Milhaud, un’opera molto bella con quattro personaggi che dura solo mezz’ora. Attorno a quest’opera abbiamo costruito dei ponti drammaturgici con alcuni numeri del “Fidelio” di Beethoven, con alcuni Lied di Schubert, con estratti della 14° sinfonia di Shostakovich… e abbiamo costruito una storia nuova creando arcate tra i diversi personaggi, tra Rocco e Florestano del “Fidelio”, il tenore di Schubert, il basso di Shostakovich, ecc. che agiscono dunque lungo la serata come personaggi unitari…

– L’emergenza per il coronavirus ha fatto anche qualcosa di positivo: ha spinto creare questi progetti molto interessanti! volendo si trovano soluzioni artistiche inaspettat…

Esatto, è questo che stavo dicendo! Naturalmente è normale lamentarsi in questo momento, è anche giusto porre l’accento sui problemi che abbiamo. Ma si deve anche essere creativi e trovare spunti diversi, sviluppare idee che non prenderesti in considerazione in una situazione normale. La scorsa stagione avevamo programmato “Medium” di Menotti nella versione per due pianoforti. Dovevamo andare in scena a marzo, ma la produzione è stata interrotta tre giorni prima della premiere a causa del primo lockdown. Abbiamo riadattato anche questa produzione e vogliamo proporla per fine gennaio. Per andare avanti, vogliamo riadattare anche “I Capuleti e i Montecchi”: a seconda di come si evolve la pandemia, eseguiremo questo titolo con il coro o senza…

– La grande sfida del periodo Covid è stata la mobilità, il nostro mestiere è molto legato ai viaggi, alle trasferte… Lei com’è riuscito in questo periodo di forti restrizioni a dirigere in Germania (Würzburg), Austria (Linz) e anche in Italia (Torre del Lago) allo stesso tempo?

È stato difficile… e in questo momento è diventato quasi impossibile.  Alcuni impegni, anche importanti, sono stati purtroppo definitivamente cancellati. Prima delle ultime chiusure ho sempre viaggiato con la mia auto, sottoponendomi a continui tamponi in entrata e in uscita… è stato molto stancante! Ora rimane pianificata “Norma” a Berna, con la prima il 6 di Marzo, speriamo di poterla realizzare! “Norma”, esattamente come “I Capuleti e Montecchi”, è adattabile ai protocolli Covid, anche se le grandi scene corali potrebbero perdere un po’ del loro fascino. Sicuramente si potranno trovare però tutte le soluzioni opportune. Per quanto riguarda l’Italia, è previsto a breve un concerto per una delle fondazioni lirico-sinfoniche, il ritorno a Torre del Lago e un prestigioso titolo del cartellone operistico di uno dei più importanti enti di riferimento.  

– Insieme all’opera, ha anche un grande repertorio sinfonico, cosa preferisce dirigere, quali sono i titoli che la ispirano di più?

Difficile da dire! Con l’Orchestra Filarmonica di Würzburg abbiamo fatto passi da gigante negli ultimi anni. Abbiamo realizzato progetti sinfonici importanti: tutte le sinfonie di Beethoven, Mozart e Brahms, poi Mahler, Bruckner… però la cosa che mi ha affascinato ultimamente è stato scoprire il Wagner del “Ring”, cominciando con la “Götterdämmerung”. Abbiamo preparato anche “Das Rheingold”, ma ci ha bloccato a marzo il primo lockdown. Il lavoro a queste opere di Wagner è stata una scoperta enorme per me! Sono opere d’arte di una profondità spirituale immensa… I veri passi avanti si fanno esattamente con questi compositori, Wagner, Bruckner, Mahler, che cambiano un’orchestra cambia. In Germania, ma è un discorso che vale universalmente, si dice che dopo aver suonato il “Ring” di Wagner, l’orchestra non è più la stessa. Abbiamo fatto un grande salto, che non è un salto quantitativo, ma un salto di discontinuità, arrivi ad un’altra dimensione! È importante confrontarsi in ogni caso con questo repertorio, non importa quanto grande sia l’organico a disposizione.

– Alla fine la musica è una lingua universale…

 

Esatto! In verità tutta questa differenza tra l’opera e il genere sinfonico secondo me non c’è! È un falso mito da sfatare! Chiaro, l’opera è il canto, uno spettacolo. Ma anche un grande sinfonismo è un’unità drammaturgica e teatrale! Naturalmente sono italiano e i titoli più vicini per me sono i titoli di Verdi e Puccini… fare Verdi significa doverlo studiare tantissimo, scavare la parola, analizzare tutti gli aspetti drammaturgici. E solo adesso, dopo aver fatto tanto, tanto Verdi, comincio appena a scoprire la profondità di questo compositore. Ho la fortuna di essere un direttore richiesto per questo repertorio, per Verdi, Puccini, Bellini… ed è un viaggio che desidero molto proseguire, approfondendo senza sosta e il più possibile la conoscenza di questo grandissimo repertorio.

 – Hai qualche titolo che sogni di dirigere?

Ci sono due opere che da tanti anni voglio fare: “Tosca” e “Aida”. Sono anni che cerco di farle: per un motivo o per l’altro non arrivano… ma spero che arrivino presto! E l’altra via che voglio assolutamente seguire è l’approfondimento di Wagner. Mi mancano “Die Walküre”, “Siegfried” “Der Fliegende Holländer” e “Die Meistersinger”. Nel repertorio sinfonico la nona di Bruckner e la seconda di Mahler.

– Ha un messaggio che vorrebbe mandare ai colleghi, giovani musicisti, cantanti… che sono adesso bloccati e cercano una speranza, una via d’uscita da questa situazione devastante per l’opera, per lo spettacolo dal vivo?

Questo è un messaggio che voglio dare anche a me stesso: dobbiamo cercare di essere altruisti, cercare di pensare che con il nostro sacrificio attuale stiamo aiutando le persone deboli, a cui questo virus può fare molto male. Ricordarsi che il nostro sacrificio può salvare vite umane. Non capisco la motivazione di alcune persone che girano senza mascherina, che non fanno attenzione, che dicono “non so se la mascherina serve o non serve”. Questo è il minimo che possiamo fare! Nessuno può avere una ricetta pronta su come combattere questo virus. Dobbiamo sviluppare il senso di responsabilità nei confronti degli altri.

E la seconda cosa utilizzare questo periodo per riconcentrarsi su se stessi, sulla propria missione, su ciò che si vuole dire e essere come artista, riconcentrarsi sui propri talenti, rimeditare la propria strada, la propria via. È il momento giusto per ricalibrare i propri obiettivi artistici, ripensare al proprio repertorio, studiare. In tempi “normali” non abbiamo tutto questo tempo! Per me personalmente significa sicuramente approfondire lo studio delle partiture. Secondo me, solo questa è la risposta: riscoprire lo studio profondo e riscoprire la nostra missione come artisti! Riqualificare e ridefinire la propria strada senza equivoci.  

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