STOP! Fermiamoci e pensiamo – Riflessioni di Giulio Arnofi

STOP! Fermiamoci e pensiamo – Riflessioni di Giulio Arnofi

  • 03/01/2021

STOP! Fermiamoci e pensiamo: Cosa sarà il Teatro e l’opera lirica fra 10 anni, 20 anni, 50 anni?

RiflessioniGiulio Arnofi

 


Direttore d’orchestra e segretario artistico del Lerici Music Festival. La sua attività lo vede in prima linea sia come musicista sia come operatore culturale. Ha tenuto lezioni concerto e conferenze di storia della musica. Ha collaborato con diverse orchestre, tra le più recenti, l’ Orchestra Sinfonica La Verdi di Milano, Coro e Orchestra dell’Opera di Stato di Varna (Bulgaria), l’Orchestra Città di Ferrara, l’Orchestra Senzaspine, il Divertimento Ensemble, Orchestra Sinfonica del Conservatorio G.Verdi di Milano. Dopo gli studi presso il Conservatorio G. Frescobaldi di Ferrara, si è laureato in direzione d’orchestra presso il Conservatorio G. B. Martini di Bologna con il M° Luciano Acocella e ha studiato composizione con il M° Cristina Landuzzi. Contemporaneamente ha frequentato diverse masterclass con Maurizio Arena, Alberto Zedda, Daniele Agiman, Julius Kalmar, Sandro Gorli , Dominique Rouits, Günter Neuhold e Marco Zuccarini. Sta frequentando il Biennio specialistico di direzione d’orchestra al Conservatorio di Milano con il M° Daniele Agiman. E’ stato assistente del M° F. Chaslin, del M° M. Barbacini. Ha collaborato con Sonia Prina e Gloria Banditelli e con gli attori Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni. E’ inoltre appassionato di cucina e di vini.


Siamo sempre di corsa, un’attività dopo l’altra, tutto calendarizzato, ora questo, poi quello, scadenze a catena di montaggio, un ingranaggio che non si può fermare. Pandemia! Tutti fermi.

Il COVID-19 ha calcato la mano sul sistema Italia, già di per sé non solidissimo, e ha aggravato diversi settori che erano già in difficoltà (per colpa dell’uomo e non del virus!), come il settore culturale. Ora ci troviamo in un limbo, il vaccino darà gli effetti desiderati? Potremo nel giro di qualche mese iniziare a tornare alla normalità? Come programmiamo le prossime attività, le stagioni musicali, liriche, i festival, ecc.? Non si sa. Streaming per tutto l’anno? Mah.

Nel frattempo faccio una proposta da dipartimento di ricerca e sviluppo. Prendiamoci un po’ di tempo non per programmare i prossimi mesi, ma per costruire una strategia per i prossimi decenni. Un azzardo? Un nonsense? Io non credo. Questo stallo ci permette di fare un ragionamento che nel turbinio delle settimane dei mesi degli anni forse non avremmo fatto. Lungi da me dire che la pandemia sia un’opportunità! Non lo è, ma intanto ci siamo e pensare non fa mai male.

Il mio ragionamento, tutto tranne che esaustivo, si sofferma su due aspetti, il teatro come luogo fisico inserito al centro della geografia delle attività cittadine, e l’opera lirica, in quanto spettacolo ricco e complesso che probabilmente racchiude tutti (o quasi) i problemi delle altre performing arts..

Senza andare troppo indietro, diciamo che lo spettacolo operistico almeno negli ultimi cent’anni non ha cambiato molto di sé stesso. Mi spiego meglio: abbiamo più mezzi tecnici per dar sfoggio alle migliori regie, le orchestre sono sempre più raffinate, i cantanti più preparati, l’offerta dei teatri è diventata più ampia, con opere ridotte per bambini, eccetera eccetera, ma grossomodo non abbiamo avuto stravolgimenti per quel che riguarda la produzione e la fruizione dello spettacolo. Diversamente nello stesso secolo scorso abbiamo avuto la creazione di nuove forme di “intrattenimento” (parola che trovo vuota di ogni arte), il cinema, la radio, i dischi, la televisione, ecc., che si sono trasformate tantissimo seguendo di pari passo se non addirittura precedendo gli interessi del pubblico (nel bene e nel male…). La domanda allora è, ma fra dieci, vent’anni quando il Novecento sarà più lontano e con lui tutti i divi del “rinascimento operistico”, andare a vedere un’opera sarà come andare a vedere una rievocazione storica? Uno spettacolo non vitale per il genere umano, perché racchiude tutte le essenze dell’uomo, ma marginale? Spero proprio di no.

Non deprimiamoci pensando al peggio ma lanciamo sul tavolo riflessioni e proposte anche se azzardate che possano far riprendere al teatro, non solo musicale, il passo. Vado così a braccio.

Prima di tutto il teatro dovrebbe ritornare a essere un luogo di divertimento, alto e basso, fatto di cultura e socialità, come nel Settecento. Non dico di tornare a banchettare nei palchetti durante Traviata, ma di far perdere a questi luoghi la puzza sotto il naso, di togliere quell’imbrigliamento tutto borghesemente sofisticato che da Wagner in poi questi luoghi hanno man mano adottato (per colpa nostra ovviamente). Insomma, attività a tutto spiano, dai ridotti ai foyer alle sale bar, finché andare a fare aperitivo a teatro diventi così naturale che tutti gli universitari ci vorranno andare. E questo è solo l’esempio più terra terra.

Qui qualcuno sicuramente storce il naso. E io controbatto, il Teatro deve essere uno dei centri attrattivi della città non solo per gli spettacoli di alto valore artistico ma anche per altre attività che siano anche solo di socializzazione. Questo si può fare solo con una strategia ben ponderata e non con quattro idee raffazzonate.

Ne azzardo un’altra. Il pubblico potenziale dello spettacolo operistico, e secondo me anche quello già fidelizzato, non ha così tanto interesse ad andare a vedere Rigoletto o Don Giovanni, solo perché ha sentito nominare già quei titoli, si, magari può essere attirato dal nome altisonante, ma, più di tutto vuole vedere un spettacolo bello nel suo complesso. Questo secondo me è il punto. Lo spettacolo. Lo so che poi si fanno i conti col botteghino, ma sono certo che la qualità premia sempre, la vera qualità. Immaginiamo di voler allestire il Barbiere di Siviglia di G. Paisiello, titolo in secondo piano rispetto a quello omonimo di G. Rossini, costruisco un bello spettacolo, scelgo dei cantanti dalle buone doti vocali e ottime doti attoriali (ho scritto proprio buone e ottime), una regia dinamica, costumi scenografia ecc., faccio un bel trailer, una campagna marketing, ecc., riesco ad attirare l’attenzione di un pubblico potenziale, a cui l’opera non piace tanto perché non capisce le parole ma che è stato attirato da un’attività collaterale che abbiamo fatto attorno all’opera in questione; o di un giovane universitario appassionato di film o di romanzi che decide di venire a vedere l’opera perché incuriosito da un modo diverso di narrare una storia. A lui o a loro, sono certo che gli interessi limitatamente chi ha scritto l’opera, vogliono passare una bella serata. Sinceramente anch’io, da operatore del settore, quando vado a vedere un’opera voglio vedere uno spettacolo dove si canta bene ma dove c’è anche molto altro, un’ottima recitazione, scene e costumi coerenti alle concezioni musicali e registiche, idee fresche, innovazione, ma sempre nel segno del rispetto dell’idea artistica del compositore. Troppe volte ci troviamo invece di fronte a produzioni la cui somma delle componenti non crea uno spettacolo godibile. Non bisogna avere un cast di star o un regista all’ultimo grido per avere un bel risultato, ma una squadra che lavori bene insieme, che trovi un’affinità, che sappia qual è l’obiettivo musicale e registico, che voglia comunicare qualcosa con passione al pubblico.

Ci sarebbe tanto altro da dire, ma mi fermo su questi due spunti di riflessione: il teatro al centro delle attività cittadine e l’opera lirica come lavoro di un team affiatato in cui tutto è finalizzato alla riuscita di uno spettacolo non autoreferenziale ma che faccia divertire o commuovere una più ampia porzione di pubblico. Purtroppo per certi versi all’estero ci hanno superati di parecchio. Fermiamoci un attimo e cerchiamo di capire come riprendere il passo, per ritornare noi a essere davanti a tutto il mondo.

3 gennaio 2021

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