VENEZIA: Le baruffe – Giorgio Battistelli, 26 febbraio 2022 a cura di Silvia Campana
Le baruffe
musica di Giorgio Battistelli
libretto di Giorgio Battistelli e Damiano Michieletto
direttore Enrico Calesso
regia Damiano Michieletto
Personaggi e Interpreti:
- Padron Toni Alessandro Luongo
- Checca Silvia Frigato
- Madonna Pasqua Valeria Girardello
- Lucietta Francesca Sorteni
- Titta-Nane Enrico Casari
- Beppo Marcello Nardis
- Padron Fortunato Rocco Cavalluzzi
- Madonna Libera Loriana Castellano
- Orsetta Francesca Lombardi Mazzulli
- Padron Vicenzo Pietro Di Bianco
- Toffolo Leonardo Cortellazzi
- Isidoro Federico Longhi
- Il comandador Emanuele Pedrini
- Canocchia Safa Korkmaz
scene Paolo Fantin
costumi Carla Teti
light designer Alessandro Carletti
projection designer Sergio Metalli
regia del suono Davide Tiso
movimenti coreografici Thomas Wilhelm
maestro del Coro Alfonso Caiani
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Teatro La Fenice, 26 febbraio 2022
Una laguna palpabile e protagonista è quella che ci presenta Giorgio Battistelli in questa sua Le baruffe, opera tratta dal celebre lavoro goldoniano presentata in prima mondiale al Teatro la Fenice di Venezia.
Il lavoro è stato commissionato dall’Ente quale giusto tributo nel sessantesimo anno di attività alla casa editrice Marsilio (attraverso la dedica al suo fondatore Cesare De Michelis), che tanto ha puntato sulla cura e la pubblicazione del patrimonio locale (come l’edizione nazionale di tutte le opere di Carlo Goldoni); la produzione, che si avvale della collaborazione di Damiano Michieletto quale regista e librettista (insieme al compositore), si propone di aprire una riflessione sul testo originale, offrendocene un’interpretazione per più aspetti molto convincente.
Partendo dal dialetto chioggiotto (scelta coraggiosa e vincente) e da uno studio approfondito sulla sua insita e particolare ritmica, Battistelli crea una ragnatela sonora di emozioni e immagini evocate dalle parole (cui Michieletto dà plastica sostanza) e costruisce una storia in cui i singoli non sono che simboli di una diffusa cattiva abitudine che, oggi come un tempo, crea dinamiche conflittuali pronte ad esplodere per un nonnulla (qui una fetta di zucca arrostita) visualizzando una coazione a ripetere tanto costante quanto amara. In questo diversificato contesto drammaturgico, il coro viene usato quale parete rifrangente un tappeto di suoni ed emozioni che si scontrano a tratti con clangori orchestrali forse eccessivi ma efficaci nel mantenere aderente e attenta la relazione con il pubblico. Affrontando la complessa sfida con il testo goldoniano, il compositore si conferma concentrato su di un rapporto con lo spettatore dinamico e diversificato e certo più dialogante che autocelebrativo. Indubbiamente il tema giocoso del testo originario è poco presente ma anche Goldoni introduceva questo tacito sottotesto: quanto possono essere divertenti dileggio e calunnia quando sono portati avanti con ostinata determinazione? Ed un nomignolo, fino a quanto è divertente e quanto può diventare una croce? I temi gettati sulle tavole del palcoscenico e qui affrontati sono molti ed indubbio pregio della partitura di Battistelli è quello di proporceli chiaramente dandoci la possibilità di confrontarci con loro, aprendo una dialettica che è da sempre chiave portante del teatro.
La regia di Michieletto dal canto suo segue perfettamente questa linea rendendola percepibile attraverso una scena scabra (Paolo Fantin) in cui sono le dense nebbie perennemente in movimento così come le pareti mobili di legno consunto delimitanti scene e spazi, a creare lo spazio scenico. I personaggi che si muovono in questa laguna della mente, definita da suoni e sensazioni, vengono poi felicemente visualizzati, attraverso i dettagliati costumi di Carla Teti, quali testimoni di una tradizione interpretata attraverso la più semplice storicità che sembra ripetersi attraverso i suoi stessi rituali.
Ad interpretare questa viscerale esplosione di emozioni un cast ottimo nella sua totalità che attraverso ogni singolo interprete ha saputo calarsi nel testo senza banalità ed approssimazione, facendone emergere ogni singola sottile piega espressiva, ben superando una tessitura certo non di facile esecuzione. Così Alessandro Luongo dona a Padron Toni la severa e giusta determinazione, Silvia Frigato e Valeria Girardello offrono rispettivamente a Checca e Madonna Pasqua un giusto colore per i loro esasperati e sterili puntigli, Francesca Sorteni sa trovare per la sua Lucietta la difficile miscela espressiva che unisce ostinazione ed orgoglio mentre Enrico Casari (Titta-Nane), Marcello Nardis (Beppo) , Leonardo Cortellazzi (Toffolo) , Rocco Cavalluzzi (Padron Fortunato) e Federico Longhi (Isidoro) hanno impersonato brillantemente le diverse personalità dei loro personaggi. Molto bene anche Loriana Castellano (Madonna Libera), Francesca Lombardi Mazzulli (Orsetta), Pietro Di Bianco (Padron Vicenzo), Emanuele Pedrini (Il comandador) e Safa Korkmaz (Canocchia).
Davvero ottima la prestazione del coro del Teatro La Fenice diretto da Alfonso Caiani e l’Orchestra del Teatro che Enrico Carlesso ha guidato con misurata professionalità ed attenzione alla partitura.
Sala gremita per questa nuova opera e gran successo da parte del pubblico che gremiva la sala.
Silvia Campana