PARMA: Norma – Vincenzo Bellini, 20 marzo 2022 a cura di Silvia Campana
NORMA
Musica di
VINCENZO BELLINI
Casa Ricordi, Milano
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
Maestro concertatore e direttore Sesto Quatrini
Regia Nicola Berloffa
Personaggi e Interpreti:
- Norma Angela Meade
- Pollione Stefan Pop
- Oroveso Michele Pertusi
- Adalgisa Carmela Remigio
- Flavio John Matthew Myers
- Clotilde Mariangela Marini
Scene Andrea Belli
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Marco Giusti
Collaboratore alle luci Giorgio Valerio
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro Martino Faggiani
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
In coproduzione con Teatro Municipale di Piacenza,
Teatro Comunale di Modena
Teatro Regio, 20 marzo 2022
Norma, come tutti i capolavori, parla un linguaggio universale la cui efficacia e potenza difficilmente può essere circoscritta ad un periodo storico in particolare. È indubbio infatti che i molteplici temi di cui l’opera si fa portatrice, da quelli più individuali e strettamente connessi alla sfera sensibile degli affetti ad altri focalizzati su un violento e divisivo contesto sociale, risultino sempre e comunque di immediata potenza espressiva.
Su di essi sembra essersi dunque basato il regista Nicola Berloffa per questa produzione di Norma che, dopo il battesimo a St. Gallen in Svizzera ed una tournée europea, giunge al Teatro Regio di Parma, naturalmente dopo un necessario riadattamento post Covid.
Una visione ottocentesca (tratta a piene mani dall’estetica viscontiana di Senso e Gattopardo) domina la rappresentazione di una sorta di strana società borghese piagata da una ipotetica guerra che ha scelto una donna quale portavoce di un gruppo di estremisti galvanizzati da una qualsivoglia follia, come spesso accade anche oggi.
Per quanto un po’ tirata in certi aspetti che trasudano un gusto della composizione troppo ieratico e intriso di Neoclassicismo, l’idea portante della drammaturgia risulta convincente e potrebbe ancora svilupparsi ulteriormente, grazie anche alle belle scene di Andrea Belli che inquadrano lo spazio (intimo e sociale) con soluzioni di bell’efficacia teatrale. La scena finale in particolare, in cui Norma non muore sul rogo ma linciata da una folla di donne inferocite che non le perdona un amore fuori dagli schemi e dalle regole ancor più del temporeggiamento sulla guerra, meriterebbe un maggior sviluppo per farne comprendere appieno la bruciante contemporaneità.
Angela Meade si conferma una cantante in grado di compiere attenti ceselli e maneggiare la sua importante vocalità con una disinvoltura tecnica che le permette in più di un’occasione di effettuare mezzevoci e smorzati davvero di indubbio effetto; tutto questo non basta però a tratteggiare una Norma drammaticamente completa. Mentre infatti nelle pagine più mosse e veementi l’accento fulminante della Meade coglie nel segno, manca ancora all’interprete quella patina malinconica e lunare che delinea i tratti della sacerdotessa e che, unitamente alla sua impetuosa ferocia, contribuisce a determinarne la complessità. Detto questo la sua resta un’interpretazione di estremo interesse.
Incentrato su di una vocalità lucente e solare il Pollione delineato da Stefan Pop, nonostante una certa tendenza a crescere, convince pienamente e, specie quando il canto si piega alla ricerca di espressività e chiaroscuri, acquista maggior spessore ed intensità qualità che l’artista dovrebbe ricercare ulteriormente al di là del più facile effetto.
Carmela Remigio ci presenta un’Adalgisa ripiegata e dolente in cui il fraseggio trapassa il canto e lo declina con attenzione alla ricerca di un animo. Così il suo canto, al di là della correttezza tecnica e del suono, contribuisce alla creazione di un personaggio femminile sfaccettato e completo nella sua non facile e controversa sensibilità.
Michele Pertusi, possente e maestoso, ha ben sottolineato la duplice natura paterna e guerriera del personaggio di Oroveso.
Completavano il cast Mariangela Marini quale Clotilde e John Matthew Myers quale Flavio.
Sesto Quatrini, alla guida dell’ottima Orchestra Filarmonica Italiana, ha offerto una lettura non convenzionale della difficile partitura belliniana, sforzandosi di connotarla anche attraverso un uso espressivo e molto dilatato delle pause che a tratti hanno contribuito a metterne in evidenza la più marcata teatralità con un risultato complessivo assai interessante.
Molto bene il Coro del Teatro Regio diretto da Martino Faggiani.
Sala gremita e ripetute chiamate per interpreti e direttore.
Silvia Campana