FEDERICO LONGHI – QUATTRO DEBUTTI IN SEI MESI

FEDERICO LONGHI – QUATTRO DEBUTTI IN SEI MESI

  • 25/08/2022

Montjovet, 21 agosto 2022


È sempre un piacere incontrare Federico per una chiacchierata, e perché si sappia, Federico è anche un eccellente cuoco, quindi anche per gustare le sue specialità culinarie. Federico Longhi è un artista di notevole carisma e di grande duttilità, capace di destreggiarsi tra un carattere e l’altro con estrema abilità, sia che si tratti di Rigoletto o che si tratti di Nabucco, o di Don Pasquale…

In questa intervista un po’ informale, tra una degustazione e l’altra parleremo dei suoi quattro debutti in soli sei mesi, ai quali ne seguirà presto un quinto.

Quattro debutti in sei mesi. Ho iniziato in Fenice con Le baruffe chioggiotte, su testo del Goldoni e musicate dall’attuale Leone d’Oro alla Carriera Maestro Battistelli. È un privilegio aver lavorato con quello che è, appunto, considerato uno dei più grandi compositori viventi; è stato per me un po’ come vivere quel che avveniva per gli interpreti che hanno lavorato fianco a fianco coi grandi compositori del passato. Uno spettacolo guidato a livello scenico dal grande Damiano Michieletto, una bellissima esperienza.

Le baruffe, Isidoro – Federico Longhi

Damiano Michieletto che è anche autore del libretto, se non vado errando?

Si, Michieletto che ha curato anche il libretto; ovviamente è stato un bel debutto perché era alla Fenice di Venezia, quindi in un teatro magico, un teatro storico in una città di grande bellezza pura. Un’esperienza difficile all’inizio per quanto riguarda l’approccio allo spartito e allo studio, perché è comunque musica contemporanea.

La direzione?

La direzione è quella di Enrico Calesso, grande maestro a cui devo molto (oltre a questo invito a Venezia), che è anche direttore musicale a Würzbrug, che sta prendendo piede anche in Italia e con il quale ho già lavorato in Vespri Siciliani, in Rigoletto e Il trovatore.

Le baruffe, Isidoro – Federico Longhi

Com’è la musica?

Al primo impatto devi decifrarla, a differenza di Verdi, Puccini e Rossini… i nostri compositori di cui hai già nel “computer” tutti i dati per comprenderla. Questa musica no. Quindi grande, grande studio a tavolino, poi dopo scopri che è una grande opera… A un certo punto mi si è aperto un cassetto e ho detto “ok!”. Un cassetto sia musicale che vocale, e anche scenico. Difatti è stato per me molto molto bello e molto appagante come prima esperienza, e speriamo sia solo una delle tante, perché no? E la cosa anche molto particolare è che durante la preparazione di Le baruffe, ho iniziato a studiare Ernani perché poi mi sarei portato in Germania per iniziarne la produzione.

Ernani, Federico Longhi – Don Carlo

Dove esattamente?

Al teatro di Bonn, grande teatro tedesco dove anche lì, hanno cantato tantissimi grandi della lirica. Qui ho conosciuto i locali Amici della Lirica di Bonn entusiasti nel raccontare di grandi come Callas, Del Monaco… che si sono esibiti nel loro teatro.

Ernani, Federico Longhi – Don Carlo

Quindi, bellissima esperienza con Ernani, in un grande ruolo come Don Carlo. Un ruolo sempre sul filo del rasoio, e adesso lo posso dire, in cui non puoi mai lasciarti andare. Mai bisogna lasciarsi andare con il controllo, però diciamo che col Don Carlo in Ernani, proprio non è possibile! Dall’inizio col primo duettino con Elvira, poi con il terzetto, e avanti, col grande duetto con Silva, sino appunto all’aria “oh de’ verd’anni miei”, è puro belcanto. Poi con la concertazione di Will Humburg, potrei dire un mostro sacro all’estero, soprattutto con Verdi.

Ernani, Federico Longhi – Don Carlo

Mentre la regia era di Roland Schwab, questo grande regista tedesco con cui è nato un bellissimo rapporto di lavoro; anche per il futuro perché ci sono interessanti progetti insieme. Otto belle recite…Anche lì, come durante con Le baruffe iniziavo Ernani, durante Ernani approfondivo Luisa Miller perché subito dopo avrei iniziato con quest’altra produzione a Erfurt.

Cosa puoi dirci del ruolo di Miller?

Volendo, è un ruolo un po’ più tranquillo diciamo così, ma comunque è sempre Verdi! Quest’aria, come scrive Verdi “grandioso”… Con la mise en scene di Guy Montavon. Regista che mi scelse, anni orsono, per il Falstaff a Linz con cui aprii la mia carriera all’estero.

Luisa Miller, Federico Longhi – Miller

Montavon è il sovrintendente del teatro di Erfurt; già due anni fa mi invitò per il Nabucco, che poi però venne bloccato-posticipato causa pandemia. Il prossimo anno Luisa Miller girerà tre teatri francesi: il Gran Teatro di Anger, il Graslin di Nantes e il Nazionale di Rennes.

Luisa Miller, Federico Longhi – Miller

Stesso cast?

Totalmente diverso, ad eccezione di Miller di Federico Longhi. So che ci saranno dei colleghi italiani, ci sarà un direttore italiano… viva l’Italia insomma!

Un misurato amor-patrio ci sia concesso! Tornando ad Ernani, l’ultima recita la diresse il Maestro Beltrami, dico bene?

All’ultima di Ernani ci fu questa sorpresa di Matteo Beltrami, questo nostro giovane direttore, ma già affermato anche lui oltralpe…

Affermato senza ombra di dubbio, ma proprio giovanissimo non più…

Giovane non proprio, nessuno lo è più tanto […]. Fu una sorpresa arrivata due giorni prima perché il Maestro Humburg si ammalò e il Maestro Beltrami venne chiamato in sostituzione. Ci siamo trovati alle 17.00 (lui ed io) per una prova musicale con lo spettacolo che iniziava alle 19.30. Lui è arrivato il giorno stesso, mentre io rientravo da Bonn. Quindi arrivo in treno alle 13.00, pranzo veloce, si riposa un pochino, poi la prova musicale e via subito in scena. Devo dire che è stato molto, molto bello, perché: un braccio italiano, una concertazione italiana… e ha avuto molto coraggio perché era l’ultima recita, l’ottava ma dopo mesi di lavoro, e mesi di grande braccio e di grande gesto del Maestro Humburg, un grande personaggio, non uno che dici “bah! Dirigi e andiamo a tempo”. Comunque Beltrami è stato molto coraggioso e molto bravo, anche nell’avere delle idee come nuovi tempi, con un gesto completamente diverso. Bene anche con tutti gli altri solisti e con il coro. È stata una bellissima ottava e ultima recita.

La stessa cosa mi è capitata anche con il Maestro Stafano Cascioli, con Luisa Miller. Perché tutte le recite le ha dirette il Maestro Michailidis il quale ha diretto anche tutte le recite di Nabucco (quindi io l’ho trovato sia in Miller che in Nabucco), però l’ultima recita l’ha diretta appunto questo giovane pianista e direttore triestino che da tanti anni lavora all’estero. Anche lui grande braccio, grande polso, grande attenzione, perché ovviamente quando ti “buttano in buca…”, come si suole dire… Grande attenzione per lui, ma anche grande attenzione per noi, e anche lì… grande ultima recita.

Nel mese di giugno si è viaggiato in lungo e in largo alternando le ultime di Ernani con le ultime di Miller e iniziando con le prove di Nabucco.

Nabucco, questo grandissimo ruolo sia scenicamente che vocalmente perché si inizia con grande impeto e con grande forza drammaturgica, per poi proseguire nei concertati, nel duetto con Abigaille e ulteriormente nell’aria “Dio di Giuda”, espressione di puro belcanto.

Per la regia di?

Spettacolo ideato da Guy Montavon, non un Nabucco classico…

Nabucco, Federico Longhi – Nabucco

Quindi ambientato in quale epoca?

…neanche ai giorni nostri, fatta eccezione che per la citazione alla situazione Ucraina nel bis del “va’ pensiero” dove tutto il coro ha tirato fuori la bandiera giallo-blu indossandola a mo’ di drappo sacro. Grande filo spinato…, quindi grande lager, o carcere… sofferenza. Quale epoca? Che posso dire…

Uno scenario di guerra, insomma…

Guerra si, guerra, fuoco…

 Novecento?

Si, anche se poi il trucco di Nabucco, il trucco di Abigaille erano quasi futuristi… pelati, bianchi, con questi costumi un po’ futuristici, un po’ strani… molto avanti. Nel futuro, potrei dire.

Tu come ti trovi con queste regie?

Subito, al primo impatto è difficile perché siamo abituati a regie più classiche, alle regie più storiche, poi quando ci entri dentro… Diciamo che c’è sempre il grande aiuto di Giuseppe Verdi, ti fai trasportare dalla musica, fai musica, e canti… le parole sono in italiano, quindi il testo… Diciamo che però poi entri nel contesto, anche perché sono produzioni dove a differenza che da noi in Italia dove durano poco,  lì si lavora un mese e più, solo per le prove di regia per poi affrontare tutte le recite.

 Quindi riesci a metabolizzare…

Riesci a metabolizzare e riesci anche a creare dei personaggi molto credibili, come hanno detto appunto anche le critiche: anche “molto veri”. La cosa molto bella che mi fa sempre piacere lavorando all’estero è il riconoscimento della vocalità italiana, della parola italiana, della teatralità italiana. Soprattutto quando uscivi. È successo anche per Abigaille che era italiana (Katia Pellegrino)… non è che voglio dire che per gli altri non fosse così, però… è un po’ come per me se  affrontassi Wagner o Strauss, sarebbe molto più difficile.

Potremmo dire che le tue esperienze in Germania sono sempre molto belle, molto positive?

Molto belle, molto positive, si lavora molto bene, c’è un grande rispetto.

Grande rispetto anche nella precisione con i pagamenti, un male che in Italia sembra essere divenuto incurabile.

Assolutamente, grande precisione, grande rigore, in tutto. Pretendono, però ti danno anche tanto.

 Pretendono anche qui da noi, senza magari ripagarti con “quel” rispetto minimo dovuto.

Assolutamente… come dico sempre un grande grazie per tutto quello che c’è stato e per i progetti in essere per il futuro. Ovviamente poi l’Italia ti manca, però!

I prossimi impegni?

Adesso questo altro grande debutto in questo “ruolone”: Scarpia nella Tosca di Puccini al Teatro Chiabrera di Savona. Qui vicino, in Italia. Devo ringraziare il Maestro Giovanni di Stefano che me lo ha proposto. Una richiesta alla quale ho risposto immediatamente di si, perché è un ruolo che da tanti anni, tanti direttori d’orchestra (da quando ero a Genova per la Lucia di Lammermoor, anche Humburg quando eravamo a Bonn per Ernani, e adesso anche Michailidis per Nabucco…), mi hanno chiesto: “ma Scarpia lo hai già fatto, certo lo hai già fatto…vero?”, e io “no, no…”. Quindi fui ben felice quando arrivò il maestro Di Stefano dicendomi: “cosa facciamo, si fa Scarpia?”.

Tosca per la regia di Renata Scotto e la direzione di Giovanni di Stefano?

Si, e la cosa che mi rende felice è la presenza di Anna Pirozzi, grande Tosca che conosciamo bene e di cui non c’è bisogno di parlare, che mi fa un po’ da madrina. Anna con cui ho questo rapporto di amicizia da più di vent’anni, e non solo di amicizia ma anche professionale.

Scarpia, il ruolo del cattivo per eccellenza, incarnazione pura della perfidia…

Che impatto! Della perfidia si, dell’essere strisciante, che è sempre lì che dice “ma, in chiesa?”, “la povera mia cena fu interrotta”, che è sempre al di sopra delle parti ma quando però scende e pensa “Tosca è finalmente mia” ed esce finalmente l’uomo… “Ah si!?”, ecco la coltellata, ecco, questo è il bacio di Tosca. È l’unico momento in cui lui si lascia andare e perde il suo aplomb, ed ecco il colpo di scena… pensare che “davanti a lui tremava tutta Roma…”.

Quindi appuntamento a Savona il 7 e 9 ottobre 2022 per Tosca, un appuntamento al quale non possiamo mancare. Nel frattempo ci accingiamo a tavola per un’altra memorabile interpretazione, questa volta del cibo, da parte del Maestro e Chef Longhi.

e ci ricorderemo delle frittelle di zucchine, feta e mentuccia; del fegato alla veneziana; delle pesche caramellate e sfumate nel Cointreau con il gelato…

Roberto Cucchi

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