PIACENZA: Pelléas et Mélisande – Claude Debussy, 5 febbraio 2023 a cura di Nicola Salmoiraghi
CLAUDE DEBUSSY
Pelléas et Mélisande
dramma lirico in cinque atti e dodici quadri su libretto di Maurice Maeterlinck
direttore Marco Angius
regia, scene e costumi Barbe & Doucet
Personaggi e Intepreti:
- Mélisande Karen Vourc’h
- Pelléas Phillip Addis
- Golaud Dion Mazerolle
- Arkël Vincent Le Texier
- Geneviève Enkeleida Shkoza
- Yniold Silvia Frigato
- Un medico Roberto Lorenzi
- Un pastore Roberto Lorenzi
luci Guy Simard
ORCHESTRA DELL’EMILIA ROMAGNA ARTURO TOSCANINI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Teatro Municipale, 5 febbraio 2023
Il fascino indiscreto di Pelléas et Mélisande di Claude Debussy è approdato sul palcoscenico del Teatro Municipale di Piacenza (coproduzione con Parma e Modena), riscuotendo un convinto successo di pubblico, tra l’altro assi più folto di quanto ci si immaginasse.
Intrigante esempio di opera-non opera, composta negli ultimi anni dell’Ottocento e nata alle scene nel 1902, Pelléas è un viaggio insinuante e inquieto all’interno dell’animo umano, senza approdo e senza risposte. Uno sguardo sull’abisso che custodiamo al nostro interno, stemperato dal pastellato acquarellare di una musica che si insinua nei nostri sensi come l’incanto ipnotico che ci prende nel lanciare un sasso nell’acqua o osservare i cerchi concentrici che si formano, si allargano, sino a svanire giunti in prossimità della riva. La musica di Debussy è un cesello fatto di sussurri, improvvise accensioni, estenuati abbandoni, laminati e crepuscolari brividi sonori che esaltano con impressionistica adesione il testo denso di simbolismo di Maurice Maeterlicnk.
Sono gli anni che vedono lo svilupparsi della psicoanalisi (nume tutelare Freud) e risvolti, dalle molteplici letture, in questo senso si possono trovare a iosa in questo capolavoro, sfuggente e inafferrabile.
Barbe & Doucet (regia, scene e costumi, ripresi da Florence Bas) ambientano la vicenda in un mondo sospeso, che dalla foggia degli abiti ricorda gli anni Ottanta dell’Ottocento. Una striscia d’acqua alla ribalta separa una prospettiva di isole semoventi, da cui partono radici che paiono abbracciare i personaggi e incatenarli al loro destino. Le fronde di un salice diventano per estensione la lunghissima chioma di Mélisande, svelandone il simulacro scolpito del volto. Le suggestive luci di Guy Simard (riprese da Andrea Ricci) accompagnano la vicenda valorizzandone le atmosfere. Uno spettacolo curatissimo, di eleganza non solamente esteriore, che racconta con chiarezza e pulizia la storia, al termine della quale Pelléas sceglie in realtà la morte, guidando lui stesso la spada del geloso e tormentato fratellastro Golaud a trafiggerlo mortalmente.
Marco Angius, alla guida dell’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini (di precisa musicalità anche l’intervento fuori scena del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Massimo Fiocchi Malaspina) ha fornito un’eccellente lettura della musica di Debussy, innervandone la sottile tensione narrativa con un fraseggio orchestrale consequenzialmente morbido e disteso in cui si accendevano, in un pastellato caleidoscopio di colori, i lampi improvvisi ed emotivamente laceranti dei momenti di maggiore drammaticità.
Nel cast, prove in crescendo per i due baritoni nei ruoli protagonistici, Dion Mazerolle (Goulaud, senz’altro il “carattere” più interessante e psicologicamente complesso dell’opera) di vocalità chiara come si conviene, e Phillip Addis (Pelléas), soprattutto incisivo nella seconda parte, di timbro chiarissimo, quasi tenorile.
Karen Vourc’h (Mélisande), credibile e scrupolosa scenicamente – tutti lo erano in realtà – difetta forse di una personalità vocale più prettamente seducente e avvolgente.
Ottime le voci gravi, Vincent Le Texier (Arkël) ed Enkeleida Shkoza (Geneviève). Credibilissima, anche interpretativamente, Silvia Frigato (Yniold). Ben completava la locandina Roberto Lorenzi (Un medico/Un pastore).
Ancora una volta il Teatro Municipale di Piacenza ha centrato il bersaglio, in meditato e intelligente equilibrio tra grande repertorio e, proposte coraggiosamente raffinate, che incontrano fortunatamente l’attenzione e il consenso di un pubblico che è meno pigro e più curioso di quanto si pensi.
Nicola Salmoiraghi