TEATRO ALLA SCALA: VITTORIO GRIGOLO / MZIA BACHTOURIDZE, 26 FEBBRAIO 2023 A CURA DI NICOLA SALMOIRAGHI
Tenore Vittorio Grigolo
Pianoforte Mzia Bachtouridze
PROGRAMMA
Gaetano Donizetti
da La favorita
Spirto gentil, ne’ sogni miei
Giuseppe Verdi
da Il Corsaro
Ah sì, ben dite… Tutto parea sorridere… Si de’ Corsasi il fulmine
Giacomo Puccini
Foglio d’album
per pianoforte solo
Giuseppe Verdi
da Luisa Miller
Oh! Fede negar potessi… Quando le sere al placido
da Un ballo in maschera
Forse la soglia attinse… Ma se m’è forza perderti
Giacomo Puccini
da Manon Lescaut
Intermezzo per pianoforte solo
Giuseppe Verdi
da Il trovatore
Amor, sublime amore… Ah sì, ben mio
Charles Gounod
da Faust
Salut! Demeure chaste et pure
Jules Massenet
da Manon
Instant charmant… En fermant les yeux
da Thaïs
Méditation
per pianoforte solo
da Manon
Je suis seul! … Ah, fuyez, douce image
Georges Bizet
da Carmen
Entr’acte
per pianoforte solo
La fleur que tu m’avais jetée
Jules Massenet
da Werther
Toute mon âme est là… Pourquoi me réveiller
Teatro alla Scala, 26 febbraio 2023
Una di quelle serate per cui si potrà dire “io c’ero” il recital di Vittorio Grigolo alla Scala, e per più di un motivo; ma andiamo con ordine.
Innanzitutto un “programmone” tutto di arie d’opere, Donizetti e Verdi nella prima parte, Gounod, Massenet e Bizet nella seconda (molto ben accompagnato al piano da Mzia Bachtouridze, che si è ritagliata la sua fetta di successo con “Foglio d’album” e “Intermezzo” da Manon Lescaut di Puccini e la “Méditation” di Thaïs di Massenet e l’Entr’acte del terzo atto di Carmen di Bizet). Praticamente, per il solista, è quasi come cantare due opere.
Il “pacchetto” Grigolo lo si prende così com’è, e lo si sa in anticipo. Il cantante è anche show-man, ammicca con il pubblico e lo coinvolge, è esuberante nell’esibizione di un overacting carismatico, non si risparmia, passionalità e istrionismo a vagoni. Posso dirlo, poco importa, a me personalmente nulla, se poi il risultato è quello che è quando apre bocca, cioè soggiogante. Perché Vittorio Grigolo è una delle più belle, estese, duttili, tecnicamente ferrate voci tenorili d’oggi; sa cantare, fraseggia, sfuma, “dice”, fa un avvedutissimo uso di mezzevoci, e fa passare tutto attraverso un canto denso di emozione e incandescente estroversione, pur sapendosi piegare, all’occorrenza, in intimistiche venature di struggente malinconia,
“Spirto gentil” da Favorita, “Ah sì, ben dite… Tutto parea sorridere…Sì, de’ corsari il fulmine” dal Corsaro, “Oh, Fede negar potessi… Quando le sere al placido” da Luisa Miller, “Forse la soglia attinse… Ma se m’è forza perderti” da Un ballo in maschera, “Amor, sublime amore… Ah sì, ben mio” da Il Trovatore, in un crescendo di suggestioni vocali ed interpretative, componevano la prima parte.
Ma è nella seconda parte, tutta francese, che Grigolo ha raggiunto, a mio avviso, ancor maggiori vertici da grande artista; “Salut, demeure chaste e pure” da Faust, i due assoluti capolavori fatti di “Instant charmant… En fermant les yeux” (tutto un cesello di mezzevoci) e “Je sui seul!… Ah fuyez, douce image”(un crescendo di inarrestabile e ardente trasporto) da Manon, un’interpretazione de “La fleur que tu m’avais jetée” da Carmen da manuale, e gran finale con un trascinante “Porquoi me rèveiller” da Werther.
Bene, è venuto il momento di aprire una doverosa parentesi: proprio al termine de “La fleur” sullo spegnersi delle acclamazioni generali, ecco una voce femminile solitaria calare dal loggione, desiderosa di affermare la propria esistenza, probabilmente anche a sé stessa, come spesso accade con un sonoro “Torna a studiare!”. Bene, qui si misura la statura di un artista: Grigolo non ha perso la calma (come sarebbe stato più che lecito) ma con tutta la gentilezza e l’educazione possibili ha risposto “Ha ragione, signora, non bisogna mai smettere di studiare, tutti lo dovremmo fare” e poi, in un discorso di qualche minuto, ha spiegato i motivi del suo essere lì, in cui le parole “umiltà” e “riconoscenza” erano molto presenti per concludere dicendo che, pur avendo un forte mal di gola ed essendo in dubbio sino alla sera prima se cantare o meno, aveva deciso di non dovere deludere il pubblico. “Penso che se siete qui così in tanti sia per me, e forse vuol dire che qualcosa vi faccio arrivare”. Tutto senza mai alzare il tono e mai perdere il sorriso. Va da sé che la contestatrice è sparita e il Teatro, tripudiante, era totalmente dalla sua parte.
Ma qualcosa si era guastato, in qualche modo, e la probabile lunga teoria di bis prevista, forse anche per la dichiarata non perfetta forma fisica di cui però non ci si era assolutamente accorti, si è limitata a un “Non ti scordar di me” in cui il pubblico è stato invitato a cantare e si è levata – da palchi o gallerie – una sonorissima, anonima voce tenorile, applaudita dallo stesso tenore sulla scena. Finale ultra nazional popolare, che tanto dispiace ai fini intellettuali nonché incliti e colti e che invece mette assai di buon umore il vostro umile critico – che poi sarei io – che a sessant’anni passati conserva un’anima semplice, evidentemente, e spera di conservarla per il tempo che resta.
Io sono uscito da teatro con la fondata convinzione di aver ascoltato un grande tenore. Il resto, sopracciglia alzate comprese, sono, come avrebbe detto il grande Totò, “quisquilie e pinzillacchere”.
Nicola Salmoiraghi