VERONA: La traviata – Giuseppe Verdi, 9 settembre 2023
La traviata
opera in tre atti di Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave
Direttore Marco Armiliato
Regia e scene Franco Zeffirelli
- Violetta Valéry Anna Netrebko
- Alfredo Germont Freddie De Tommaso
- Giorgio Germont Luca Salsi
- Flora Bervoix Sofia Koberidze
- Annina Yao Bohui
- Gastone Visconte di Letorières Matteo Mezzaro
- Il Barone di Douphol Jan Antem
- Il dottore Grenvil Giorgi Manoshvili
- Il Marchese d’Obigny Jan Antem
- Giuseppe Francesco Cuccia
- Un domestico di Flora / Un commissionario Stefano Rinaldi Miliani
PRIMI BALLERINI
Timofej Andrijashenko, Nicoletta Manni
Costumi Maurizio Millenotti
Luci Paolo Mazzon
Coreografia Giuseppe Picone
Arena di Verona, 9 settembre 2023
L’Arena si mostrava gremita all’inverosimile per le ultime due recite della Stagione (Aida e La Traviata) e, per soddisfare le molte richieste, la Fondazione ha deciso di mettere in vendita straordinaria rispettivamente 300 e 200 posti di gradinata laterale. Questo fatto è dimostrazione chiarissima di quanto, oggi come ieri o forse anche più di ieri quando il repertorio era più vasto e gli allestimenti sempre nuovi ogni anno, siano le grandi voci a richiamare le masse o, a voler essere precisi, i grandi nomi (…o tempora, o mores) che quest’anno non sono certo mancati, complice una programmazione accurata che ha portato al festival tutti i più importanti artisti dello star system internazionale.
Un’idea vincente che aveva però una sua contropartita in quanto di fatto il poco tempo per le prove ad ogni cambio cast non ha permesso letture musicali approfondite.
La chiusura della Stagione (come già accaduto in apertura con Aida) è stata affidata ad Anna Netrebko e non deve stupire che gli appassionati giungessero numerosi ad assistere a questo ritorno del soprano nei panni di un carattere complesso come Violetta, che non cantava dal 2017 e sempre da lei affrontato con intelligenza e giusta prudenza.
Come è noto il celebre personaggio verdiano è particolarmente ostico sotto il profilo sia vocale sia interpretativo e necessita sempre di una completezza espressiva che abbracci e riesca a modulare attraverso il timbro la sua evoluzione drammatica.
Anna Netrebko ha risolto il carattere con la classe che contraddistingue la sua carriera e, ad onta di un timbro ormai molto scurito e di una non sempre corretta intonazione (I Atto), ha delineato un ritratto dalle complesse ed intense ombreggiature, ricamando una trama sonora incastonata di preziosità tecniche sostenute da fiati prodigiosi e raffinati pianissimi, costantemente al servizio della parola e dal fraseggio.
Così fin da principio Violetta domina il palcoscenico con il suo carisma e guida il pubblico quasi in un viaggio alla scoperta del suo dramma privato, che diverrà poi universale, offrendogli alcuni momenti di assoluta preziosità (“Ah fors’è lui”).
Con il secondo Atto il soprano giganteggia poi nel grande duetto con Germont dove, insieme con Luca Salsi, cesella un’interpretazione di estrema preziosità esecutiva.
Ogni singolo momento dell’importante quadro, letto come un copione di teatro di prosa, sembra voler andare a toccare e ad approfondire un discorso ‘altro’ tra i due personaggi, e si muove in perenne equilibrio. La volontà di una scelta si oppone così al dovere di opporsi a questa, creando un rapporto ricercato e sottile in cui i due caratteri vengono a trovarsi quasi su di uno stesso piano che li costringe ad agire contro sé stessi per il bene di terzi. In questo l’artista risulta eccellente nel marcare un’escalation drammatica che, partendo dalla matura consapevolezza di un sacrificio (“Ah, comprendo”), deflagra nella disperazione (“Non sapete”). Ogni parola ha un forte peso ed il climax sale donando alla scena (che proprio con questo obiettivo è stata scritta travalicando le regole esecutive del tempo) una propria complessa quanto tormentata centralità.
Con il III Atto l’interpretazione si muta ormai in sussurro giungendo quasi a tessere con preziosità un impalpabile sudario (“Addio del passato”).
Un’interpretazione dall’indubbia potenza drammatica che impone ancora una volta il soprano come artista a tutto tondo, da seguire dal vivo (è infatti difficilmente percepibile nella sua completezza tramite registrazioni audio o video) nella sua diretta comunicazione con il proprio personaggio ed il pubblico, e questo anche in Arena, dove sappiamo bene quanto risulti difficile creare un microclima espressivo.
Freddie De Tomaso, impegnato quale Alfredo, ha mostrato un interessante timbro brunito ma anche un’impostazione che troppo spesso si rifugiava in gola per trovare un’ampiezza di cui in realtà non necessiterebbe. Il giovane artista ha certo un indubbio talento ma proprio per questo gli gioverebbe un maggior approfondimento espressivo per ampliare capacità interpretative ora non sviluppate completamente.
Luca Salsi ha cesellato il personaggio di Giorgio Germont attraverso una definizione completamente teatrale che giunge a rendere finalmente comprensibile la relazione inespressa che si crea tra i due personaggi durante la grande scena del II Atto. Completamente spiazzato dal suo incontro con Violetta, che scopre donna estremamente sensibile e profondamente etica (certo più di lui) il suo Germont rivela infatti fin da subito un profondo contrasto interiore che diverrà sempre più palpabile col proseguire del dramma giungendo a costruire, attraverso un uso della vocalità capillarmente concentrato sulla parola ed il gesto, un personaggio sfaccettato e di notevole potenza teatrale. Il suo “Di Provenza” allora, lungi dal porsi come retorico sermone, assume così i tratti (attraverso un fraseggio cesellato quanto significativo) di una nostalgica rimembranza di affetti e memorie e la cabaletta (“Ah non udrai rimproveri”) ben ne riflette il significato.
Completavano il cast: Sofia Koberidze (Flora), Yaho Bohui (Annina), Matteo Mezzaro (Gastone), Nicolò Ceriani (Barone Douphol), Giorgi Manoshvili (un ottimo Grenvil), Jan Antem (D’Obigny), Francesco Cuccia (Giuseppe) e Stefano Rinaldi Miliani (Un domestico di Flora/Un commissionario).
Ottima la prestazione della coppia dei due primi ballerini del Teatro alla Scala Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko.
Molto bene il Coro della Fondazione diretto da Roberto Gabbiani.
Marco Armiliato ha diretto l’Orchestra della Fondazione con la sua provata professionalità, particolarmente intento a calibrare con giusta omogeneità buca e palcoscenico.
Grande successo per tutti e particolari ovazioni per la Netrebko.
Silvia Campana