CAGLIARI: Nerone – Arrigo Boito, 17 e 18 febbraio 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi
Nerone
tragedia in quattro atti
libretto e musica Arrigo Boito
editore proprietario: Universal Music Publishing Ricordi s.r.l., Milano
maestro concertatore e direttore Francesco Cilluffo
regia Fabio Ceresa
personaggi e interpreti:
- Nerone Mikheil Sheshaberidze (9-11-14-16-18)/Konstantin Kipiani (10-13-15-16-17)
- Simon Mago Franco Vassallo (9-11-14-16-18)/Abramo Rosalen (10-13-15-16-17)
- Fanuèl Roberto Frontali (9-11-14-16-18)/Leon Kim (10-13-15-16-17)
- Asteria Valentina Boi (9-11-14-16-18)/Rachele Stanisci (10-13-15-16-17)
- Rubria Deniz Uzun (9-11-14-16-18)/Mariangela Marini (10-13-15-16-17)
- Tigellino Dongho Kim (9-11-14-16-18)/Alessandro Abis (10-13-15-16-17)
- Gobrias Vassily Solodkyy
- Dositèo/Voce dell’oracolo Antonino Giacobbe
- Pèrside/Cerinto/Prima voce di donna Natalia Gavrilan
- Primo viandante/Il Tempiere/Voce di tenore Fiorenzo Tornincasa (9-13-14-16-18)/Marco Frigieri (10-11-15-16-17)
- Secondo viandante/Lo schiavo ammonitore/Voce di basso Nicola Ebau
- Seconda voce di donna Francesca Zanatta
- Terza voce di donna Luana Spìnola
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari
maestro del coro Giovanni Andreoli
scene Tiziano Santi
costumi Claudia Pernigotti
luci Daniele Naldi
coreografia Mattia Agatiello
nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari
Teatro Lirico, 17/18 febbraio 2024
La stagione del Teatro Lirico di Cagliari si è inaugurata, secondo usato costume, con un’assoluta rarità, il Nerone di Arrigo Boito, a cento anni dalla sua prima rappresentazione, avvenuta al Teatro alla Scala nel 1924, diretta da Arturo Toscanini, e a distanza di sei anni dalla morte dell’autore avvenuta nel 1918.
Boito lavorò praticamente tutta la vita a quest’opera, senza riuscire a completarla; incompiuta, fu terminata da Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini, con la supervisione dello stesso Toscanini. Ebbe grande successo ma a poco a poco è sparita dalle scene, anche per la sua grande difficoltà di esecuzione, e chi ne ricordava, appassionato o addetto ai lavori che fosse, l’indubbio peso specifico nella storia del melodramma italiano era costretto a rimanere a bocca asciutta e a chiedersi “Niente Nerone per me”? Strumentalmente complessa e irta di difficoltà, ha uno stile eclettico e di incredibile fascino, che mescola l’abbandono acquarellato della melodia operistica ottocentesca ai più densi flussi di wagneriana impronta, fino ai lampi quasi espressionisti del Teatro musicale del Novecento.
Per l’Orchestra si tratta di una parete di sesto grado affrontare questa scrittura (l’opera, per inciso, è assai bella e di altissima qualità musicale, con un terzo e quarto atto che catturano, e i primi due certo di enorme interesse) ma la compagine del Teatro Lirico con una guida come quella del Maestro Francesco Cilluffo, che di questo repertorio italiano a cavallo tra Otto e Novecento è profondo conoscitore e estimatore, è arrivata in vetta ricoprendosi di onori e fasci (tanto per rimanere in tema, anche con l’allestimento). Cilluffo si è addentrato tra le rapinose spire, i turbinosi meandri della partitura con tale smagliante autorità e consapevole, intima simbiosi intellettuale e altrettanta sensibilità di musicista, da fornirne una lettura non meno che magistrale, che resterà nella memoria.
Eccellente l’apporto del Coro del Teatro Lirico, messo ripetutamente a impegnativa prova, preparato da Giovanni Andreoli.
Bello lo spettacolo impaginato dal regista Fabio Ceresa, con il fondamentale apporto delle efficaci scenografie di Tiziano Santi, i riusciti costumi di Claudia Pernigotti, le luci di Daniele Naldi e le coreografie di Mattia Agatiello. Ambientato storicamente nel primo secolo dopo Cristo ma con molte suggestioni che riportano ad altri imperi, ad altri Neroni (purtroppo ben presenti tra noi anche oggi) ad altre aquile, ad altre colonne, ad altre architetture, di nefasti Ventenni trascorsi, si spera. Il Circo Massimo attorno a cui si svilupperà l’incendio di Roma (spettacolare la scena finale), con indubbia suggestione iconografica diventa il Palazzo della Civiltà e del Lavoro all’EUR, altrimenti detto Colosseo quadrato. La testa del busto di Nerone, custodito al Museo Archeologico di Cagliari è istoriato sul sipario e appare in altorilievo sulla scena. Spettacolo intelligente e raffinato, teatro di notevole impatto visivo, ottima conduzione delle masse con accurato lavoro sui personaggi. Lodi a Ceresa e ai suoi collaboratori; si esce soddisfatti per ciò che si è visto.
Ma anche per ciò che si è ascoltato sulla scena. Il ruolo tenorile del protagonista e quello sopranile di Asteria sono proibitivi ogni oltre dire, tutti esposti, tesi e continuamenti slanciati in acuto. Un vero tour de force per le corde vocali. Mikheil Sheshaberidze, voce d’acciaio e folgore nel registro acuto, è uscito gagliardamente a testa alta dalla prova, anche convincente come interprete; non ha sfigurato nemmeno il secondo Nerone, Konstantin Kipiani.
Molto brava anche Valentina Boi (Asteria) che non si è lasciata spaventare dalla micidiale tessitura e l’ha espugnata con pienezza di mezzi e imperioso ardore. Convincente Rachele Stanisci, seconda Asteria.
Fanuèl e Rubria, baritono e mezzosoprano, sono ruoli più lirici e a loro vanno tra le pagine più belle dell’opera. Al primo Roberto Frontali ha regalato una commovente verità di accenti. Di questo inossidabile artista non si sa se ammirare di più la sempre più rifinita statura di interprete o la ricercata – ma non manierata – profondità di scavo e accento sulla frase cantata; senza contare che può fare affidamento su di un apparato vocale ancora solidissimo. Davvero bravo.
Una gradita sorpresa, come Rubia, il mezzosoprano turco-tedesco Deniz Uzun, bella pasta vocale, calda e avvolgente, bene emessa e ben proiettata, fraseggio e dizione accurati, accenti commossi e palpitanti, elegante presenza scenica. Non hanno demeritato nei medesimi ruoli, Leon Kim e Mariangela Marini.
Franco Vassallo, nei panni del bieco lestofante e impostore Simon Mago, assetato di potere e qui giustamente truccato e abbigliato come una sorta di Rasputin, è in una delle migliori prove da me ascoltate per quanto lo riguarda. Il ruolo esigerebbe un basso (e tale è il bravo Abramo Rosalen nel secondo cast) ma il cantante piega la sua voce baritonale di colore scuro alle esigenze del ruolo con risultati autorevoli e convincentissimi, risultando altresì credibilissimo e perfettamente calato nello scomodo ruolo.
Dei due Tigellino, ho preferito il secondo, il bravo Alessandro Abis, al più anonimo Dongho Kim. Completavano la nutrita locandina, Vassily Solodkyy (Gobrias), Antonino Giacobbe (Dositèo/L’oracolo), Natalia Gavrilan (Perside/Cerinto/Prima voce di donna), e poi ancora Fiorenzo Tornincasa, Marco Frigieri, Nicola Ebau, Francesca Zanatta, Luana Spinola.
Successo ma purtroppo pubblico a ranghi ridotti se non ridottissimi; simili lodevoli proposte culturali esigerebbero a mio avviso tutta una costruzione di “evento” intorno che interessi e catturi il pubblico, Ricordo che in ormai lontane e felici epoche artistiche, titoli ben più rari e ostici di questo esaurivano il Teatro Lirico. Meditate, gente, meditate…
Nicola Salmoiraghi