TEATRO ALLA SCALA: Cavalleria Rusticana – Pagliacci, 23 e 30 aprile 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi
Cavalleria rusticana
Pietro Mascagni
Melodramma in un atto
Libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
Pagliacci
Ruggero Leoncavallo
Dramma in un prologo e due atti
Libretto di Ruggero Leoncavallo
Direttore GIAMPAOLO BISANTI
Regia MARIO MARTONE
Personaggi e Interpreti:
- Santuzza Elīna Garanča, Saioa Hernández
- Lola Francesca Di Sauro
- Turiddu Brian Jagde, Yusif Eyvazov
- Alfio Amartuvshin Enkhbat, Roman Burdenko
- Mamma Lucia Elena Zilio
- Una voce Patrizia Molina, Maria Miccoli (coro)
- Nedda Irina Lungu
- Canio Fabio Sartori
- Tonio Amartuvshin Enkhbat, Roman Burdenko
- Peppe Jinxu Xiahou
- Silvio Mattia Olivieri
- Un contadino Gabriele Valsecchi, Alessandro Senes (coro)
- Altro contadino Luigi Albani,Ramtin Ghazavi (coro)
Ripresa della regia FEDERICA STEFANI
Scene SERGIO TRAMONTI
Costumi URSULA PATZAK
Luci PASQUALE MARI
Movimenti scenici DANIELA SCHIAVONE
Teatro alla Scala, 23/30 aprile 2024
La prima volta che andò in scena al Piermarini, l’allestimento del quasi indissolubile binomio Cavalleria rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo firmato da Mario Martone, era il 2011. A distanza di 13 anni lo spettacolo conserva ancora il suo fascino. Soprattutto Cavalleria è un eccellente pezzo di teatro: le scena nuda, con il suggestivo gioco di luci-ombre creato dalle luci di Pasquale Mari, è animata solo da protagonisti, coro e comparse, che, ognuno recando la propria seggiola, danno vita a una sorta di vera e propria, scabra sacra rappresentazione; i tre quarti dell’opera sono la messa di Pasqua da cui è esclusa la “reproba” Santuzza; mentre nell’immaginario interno si svolge il rito, fuori i personaggi consumano il loro dramma; Pagliacci invece, più scenografica, si svolge sotto il cavalcavia di un strada che lambisce i margini di una periferia urbana, là, tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, tra prostitute che aspettano la clientela e rocambolici acrobati che introducono la compagnie dei guitti da strada, mentre Silvio arriva in auto all’appuntamento galante con Nedda. Regia attenta intelligente, puntuale e accurata. Questo dittico (con scene di Sergio Tramonti e costumi di Ursula Patzak) resta indubbiamente uno spettacolo bello ed efficace.
Sul podio dell’Orchestra scaligera la bacchetta sicura di Giampaolo Bisanti ha trovato i suoi risultati migliori nella concertazione di Pagliacci, tesa e drammaticamente incalzante, senza rinunciare a sfumature e colori. Mi è parsa più interlocutoria quella di Cavalleria; è sembrata chiara l’intenzione di voler “raffinare” (non ne ha bisogno) la partitura mascagnana, quasi intellettualizzarla, ma, a momenti più convincenti ne seguivano altri che parevano più slentati, diluiti, mancanti della necessaria intensità drammatica; un esperimento interessante forse, ecco, che ha portato a un risultato non sempre persuasivo.
Principalmente in Cavalleria ci sono stati dei cambi cast interessanti. Elīna Garanča è stata una Santuzza superlativa: per bellezza di timbro, uniformità nei registri, acuti svettanti e luminosi, gravi vellutati senza mai ombre di forzature, intelligenza e modernità del fraseggio, perfetta aderenza di interprete; un personaggio non scontato da ricordare negli annali; più convenzionale e “old style” (non è un demerito) la pur brava Saioa Hernández, che debuttava il ruolo; tanta voce di qualità, tanto volume, sicurezza tecnica, canto agguerrito e poggiato su solide basi; una Santuzza, però che rientra nei rassicuranti canoni del già visto e sentito.
Brian Jagde ha acuti al fulmicotone e voce a assai bella e decisamente sa cantare, ma il personaggio di Turiddu, pur con una qualità timbrica meno accattivante, è risultato meglio rifinito nell’interpretazione di Yusif Eyvazov, che in quanto a gagliardia e sicurezza nel registro acuto non è certo secondo al collega americano.
Alfio (che sfoga la sua gelosia dopo aver fatto la regolamentare sosta al bordello la mattina di Pasqua) era impersonato da Roman Burdenko (artista sicuro ed affidabile) e Amartuvshin Enkhbat, voce fluviale e di splendida qualità, che in questo personaggio è parso però spaesato e poco convinto. Si è preso però abbondante rivincita in Pagliacci (anche qui l’altro Tonio era il bravo Burdenko) dove ha cantato un torrenziale, travolgente Prologo e ha perfettamente reso, sia vocalmente che scenicamente, il suo torbido personaggio.
Musicale e a fuoco vocalmente la Lola di Francesca Di Sauro e commovente l’inossidabile veterana Elena Zilio (83 primavere), impareggiabile Mamma Lucia nella sua autenticità: una lezione per molti e molte.
In Pagliacci, Fabio Sartori, in forma smagliante ancora più la seconda volta che l’ho ascoltato, è stato un Canio cantato (ma credibilissimo in quest’opera anche il versante scenico) alla grande, anzi grandissima; dizione adamantina, fraseggio appassionato, acuti argentei e timbratissimi, emissione solidissima e organizzazione vocale fresca al pari di quella di un trentenne. Bravissimo.
Molte bene anche Irina Lungu, a sua volta in crescita, Nedda sensuale, incandescente e di grande autorevolezza sia negli slanci acuti che nei passaggi più drammatici.
Un lusso il Silvio di Mattia Olivieri, tanto di grande fascino scenico quanto di seducente, morbidissima pasta vocale, e che ha cesellato tutto il lungo duetto con Nedda di chiaroscuri, sfumature, accenti, slanci e abbandoni con una voce ampia, calda, avvolgente e tecnicamente impeccabile.
Gradevole e ben miniata la serenata di Arlecchino/Peppe cantata da Jinxu Xiahou, preciso in tutti i suoi interventi.
Sugli scudi, ça va sans dire, la corazzata Coro guidata da Alberto Malazzi e ottimo il Coro di Voci bianche dell’Accademia preparato da Marco De Gaspari.
Teatro gremitissimo ad entrambe le recite e successo vibrante e convinto.
Nicola Salmoiraghi