BERGAMO: Don Pasquale – Gaetano Donizetti, 17 novembre 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi
Festival Donizetti 2024
DON PASQUALE
Gaetano Donizetti
Dramma buffo in tre atti di Giovanni Ruffini
Musica di Gaetano Donizetti
Prima rappresentazione: Parigi, Théâtre-Italien, 3 gennaio 1843
Edizione critica a cura di Roger Parker e Gabriele Dotto © Casa Ricordi, Milano con la collaborazione e il contributo del Comune di Bergamo e della Fondazione Teatro Donizetti
Direttore Iván López-Reynoso
Regia Amélie Niermeyer
Personaggi e Interpreti:
- Don Pasquale Roberto de Candia
- Norina Giulia Mazzola *
- Ernesto Javier Camarena
- Dottor Malatesta Dario Sogos *
- Un notaro Fulvio Valenti
*Studenti della Bottega Donizetti
Interpreti Alessandra Bareggi , Hillel Pearlman , Vittorio Pissacroia
Scene e costumi Maria-Alice Bahra
Coreografia Dustin Klein
Light designer Tobias Löffler
Assistente alla regia Giulia Giammona
Orchestra Donizetti Opera
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del coro Salvo Sgrò
Nuova produzione della Fondazione Teatro Donizetti
Allestimento dell’Opéra di Digione
Teatro Donizetti, 17 novembre 2024
Dopo 10 anni, in cui l’ha resa una manifestazione profondamente legata al tessuto cittadino e di prestigiosa rilevanza anche internazionale, Francesco Micheli lascia la direzione artistica del Donizetti Opera. Da noi un grazie sentitissimo per le belle occasioni di musica e di teatro e un augurio per il futuro. E speriamo in bene per la successione…
Tra le proposte di questa edizione, ecco Don Pasquale, in un allestimento nuovo per Bergamo e proveniente dall’Opéra di Dijon (regia di Amélie Niermeyer, scene e costumi di Maria-Alice Bahra, luci di Tobias Löffler, coreografie di Dutin Klein).
Il grande capolavoro donizettiano, sospeso com’è tra sorriso e malinconia, viene, come ormai è quasi ineluttabilmente ovvio, ambientato in epoca moderna, nella lussuosa villa di Don Pasquale (già, perché voler cambiare mobili che sono già modernissimi, cara Norina?) dove lui è un signore di mezza età che non vuole invecchiare (c’è qualcuno che lo vuole?), fa ginnastica e si veste giovanilisticamente; Ernesto è in fondo un vitellone scioperato che vive allo spalle dello zio, Malatesta l’improvvisato medico di famiglia e Norina (spiantata come la definisce Pasquale) una vera e propria homeless smandrappata che vive in macchina. Alcune cose funzionano, altre meno (e ci si concedono anche, da parte di figuranti e coro, uscite fuori programma in bergamasco) ma l’impressione generale è di gradevolezza e scorrevolezza.
Sul podio dell’Orchestra Donizetti Opera, il maestro Iván López-Reynoso sceglie la via di una lettura gagliarda e scoppiettante, dai tempi garibaldini (ma attenzione a certe sonorità a volte eccessivamente clangorose) che a contri fatti piace e coinvolge. Buona la prova del Coro dell’Accademia Teatro alla Scala preparato da Salvo Sgrò.
Roberto De Candia, artista di valore e superiore intelligenza musicale, ha fatto valere tutta la sua esperienza nei panni del protagonista regalandoci un personaggio a tutto tondo, sia vocalmente che scenicamente, un perfetto ritratto screziato di autenticità.
Javier Camarena (Ernesto), straordinario tenore di carriera internazionale, qui a Bergamo già ammiratissimo in Elisir nonché fantastico Fernand ne La Favorite, è parso questa volta cantare con il freno a mano tirato, quasi in difensiva; qua e là, nel primo atto si è avuta quasi l’impressione di fastidiosi intoppi di raucedine. Non è stato fatto alcun annuncio ma davvero l’impressione era quella di una non perfetta forma fisica. Prova di alto livello intendiamoci (e ha cesellato da par suo il “Tornami a dir che m’ami”) ma non del “suo” consueto livello, quello che ben conosciamo.
Gli altri protagonisti erano giovani allievi della Bottega Donizetti e le mie principali lodi (e quelle del pubblico, che l’ha fatta segno di una scrosciante ovazione al termine) vanno alla Norina di Giulia Mazzola, che ha cantato eccellentemente, con timbro corposo, ottima proiezione, acuti sicuri, agilità sciolte e fluenti. Oltretutto l’interprete non manca di grinta e simpatia scenica, fornendo anche un ottimo messaggio di “body positivity”; ha fatto infatti disinvolta carta vincente della sua fisicità mediterranea, gestita con spigliatezza, freschezza e anche sensualità. Brava, così si fa!
Dario Sogos ha svolto, con musicalità e precisione, il dover suo come Malatesta; anche nel suo caso brillante presenza scenica. Fulvio Notari (Un notaro), completava la locandina.
Teatro pieno e pubblico plaudente. Avanti così.
Nicola Salmoiraghi