BERGAMO: Lucie de Lammermoor – Gaetano Donizetti, 26 novembre 2023 a cura di Nicola Salmoiraghi
Lucie de Lammermoor
Gaetano Donizetti
Direttore Pierre Dumoussaud
Regia Jacopo Spirei
Personaggi e Interpreti:
- Henri Ashton Vito Priante
- Edgard Ravenswood Patrick Kabongo
- Lord Arthur Bucklaw Julien Henric
- Gilbert David Astorga
- Raimond Roberto Lorenzi
- Lucie Caterina Sala
Scene Mauro Tinti
Costumi Agnese Rabatti
Light designer Giuseppe Di Iorio
Assistente alla regia Alessandro Pasini
Orchestra Gli Originali
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del Coro Salvo Sgrò
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti
in coproduzione con la Fondazione Teatro Comunale di Bologna
Teatro Sociale, 26 novembre 2023
Lucie de Lammermoor è la versione in francese, approntata per il Théâtre de la Renaissance di Parigi, debutto il 6 agosto 1839, del celeberrimo capolavoro romantico del grande Bergamasco. Molte le somiglianze con l’originale italiano, notevoli le differenze.
Tra queste ultime: la cavatina del primo atto di Lucia è sostituita da quella da Rosmonda d’Inghilterra, i personaggi di Normanno e Alisa scompaiono e vengono riassunti in quello di Gilbert, sorta di Jago in sedicesimo, lo sposino Arthur interviene già all’inizio e non solo nella scena delle nozze, scompare il duetto Raimondo-Lucia, la scena della pazzia della protagonista è un poco più corta e la cadenza – che non è la consueta, per quanto spuria sia ma comunque amatissima e “giusta”, accompagnata da flauto o glassarmonica – è a cappella, per voce sola.
Bene ha fatto Donizetti Opera 2023 a riproporre al Teatro Sociale questa rilettura di un titolo tanto amato; è il meritorio compito di un Festival. Detto ciò, io mi tengo stretta e cara l’italica Lucia, uno dei vertici dell’operismo europeo dell’Ottocento.
Sgomberiamo subito il campo da quello che mi è parso il punto più debole di questa proposta, ovvero la resa orchestrale. Impegnata era l’Orchestra, con strumenti d’epoca, Gli Originali, guidata dal Maestro Pierre Dumossaud; l’interpretazione mi è parsa grigiastra, slentata, fiacca e poco teatrale, e non tutte le sezioni della compagine intonatissime; e non si tratta di non abitudine ad un suono diverso. Si apprezzano le intenzioni, un poco meno i risultati.
Il nuovo allestimento era a firma Jacopo Spirei (regia), Mauro Tinti (efficaci scene), Agnese Rabatti (meno indovinati costumi), Giuseppe Di Iorio (luci). La vicenda è ambientata in epoca moderna non classificabile (con richiami negli abiti agli anni Cinquanta/Sessanta del Novecento), in una foresta dalle cupe ombre minacciose (l’ambientazione boschereccia non è precisamente una novità in genere in ambito teatrale, ma comunque funziona). Quasi simbolico labirinto dell’anima, Lucie diventa così una trappola per donne. Nel Coro iniziale dei cacciatori, loro sono le prede: derise, inseguite, violate, e nel finale, nel cimitero delle automobili nel quale si ucciderà Edgar, giaceranno uccise sullo sfondo, terribile richiamo all’attualità. Lucie cerca di ribellarsi a questo universo prevaricatore tutto al maschile. Ma soccomberà, trasformandosi a sua volta in assassina; la violenza psicologica, la sopraffazione mentale hanno creato una persona a sua volta inconsapevolmente violenta, vittima e carnefice contemporaneamente. Lo spettacolo, a conti fatti, coinvolge e convince, con svariati momenti di potente e incisiva tensione teatrale.
Molto brava nel ruolo della protagonista, la 23enne Caterina Sala, già apprezzatissima come scintillante Adina nell’Elisir bergamasco di due anni fa. La voce pare cresciuta sia in centro che in grave, e la cantante è musicalissima, precisa e smagliante nello sgranare agilità, variazioni e sovracuti e un piccolo slittamento durante la scena della pazzia è sicuramente dovuto all’emozione e al grande afflato emotivo speso nella scena, in cui la giovane artista è parsa totalmente coinvolta. Ma dal momento che non è mia abitudine giudicare un cantante per una nota non perfettamente a fuoco nel corso di tutta una recita eccellente, perché vivaddio si è esseri umani, dico che la Lucie di Caterina Sala è stata una bellissima prova, sia per intensità espressiva che per una vocalità luminosa, eloquente, di ottima scuola, che sicuramente la porterà verso traguardi sempre più notevoli e rilevanti, sia per lei stessa che per chi la ascolterà.
Musicale, penetrante e davvero molto convincente come interprete, ben cantato, anche se con volume ridotto e non onnipotente, adatto a sale di dimensioni esigue come il Sociale, l’Edgar di Patric Kabongo. Solido ed affidabile Vito Priante, in questo contesto autorevole e partecipe Henri.
Si è messo in luce l’ottimo Arthur di Julien Henric, con una voce tenorile di colore ed espansione tali che non fanno fatica a farcelo immaginare anche come persuasivo Edgar.
Bene Roberto Lorenzi nella parte pur ridotta di Raimond ed insinuante a dovere il Gilbert di David Astorga. Decisamente buona la prova del Coro dell’Accademia Teatro alla Scala, preparato da Salvo Sgrò.
Applausi sin troppo fiacchi in corso d’opera – gli artisti spesso rendono ancora di più se sentono il calore di chi li ascolta – da parte di un pubblico che, pur esaurendo il Sociale, pareva ibernato, e successo comunque franco a caloroso al termine.
Nicola Salmoiraghi