BOLOGNA: Tosca – Giacomo Puccini, 30 gennaio e 6 febbraio 2022 a cura di Silvia Campana
TOSCA
opera lirica in tre atti di Giacomo Puccini
su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Il libretto deriva dal dramma La Tosca di Victorien Sardou
Direttore Daniel Oren
Regia Hugo De Ana
Personaggi e Interpreti:
- Floria Tosca Maria José Siri, Svetlana Kasyan
- Mario Cavaradossi Roberto Aronica, Mikheil Sheshaberidze
- Barone Scarpia Erwin Schrott, Dalibor Jenis, Claudio Sgura
- Cesare Angelotti Christian Barone
- Il sagrestano Nicolò Ceriani
- Spoletta Bruno Lazzaretti
Sciarrone Tong Liu
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini
Assistente alla regia Angelica Dettori
Assistente alle scene Manuela Gasperoni
Assistente alle luci Valerio Alfieri
Maestro del Coro delle Voci Bianche Alhambra Superchi
Teatro Comunale, 30 gennaio/6 febbraio 2022
Il Teatro Comunale di Bologna sceglie per la sua apertura tradizionale di stagione un titolo dalla straripante popolarità come Tosca, che da solo promette l’esaurito in sala, affidandolo nella produzione all’estetica di un regista esperto come Hugo de Ana ed alla trascinante bacchetta di Daniel Oren.
Quest’ultima visione dell’opera del regista argentino non sembra distaccarsi molto, nel concetto così come nella scelta scenografica, da quella notissima già creata per l’Arena di Verona, anche se in questo più intimo contesto egli sembra voler approfondire maggiormente, intorno al dramma dei personaggi principali, la loro stretta relazione con l’ambiente sociale in cui vivono.
L’allestimento è scenicamente impostato su una Roma vista da prospettive distorte e quasi oniriche, ancor più evidenziate da uno specchio che ne fa da sfondo, dominata da lacerti di opere d’arte barocche che ci immergono immediatamente nell’oppressivo sentire di quel periodo. Domina lo spettacolo un lavoro approfondito attorno alla caratterizzazione di tutti i personaggi che insieme concorrono a determinare la struttura drammaturgica. Così il solitamente assai defilato carattere di Spoletta assume a tratti straniante centralità e, da mero esecutore di ordini, appare quasi motore sotterraneo e complice della loro attuazione. Quello che si avverte celato in questa produzione sembra essere il desiderio da parte di De Ana di spingersi fuori della cornice, pur restando all’interno del dipinto, offrendo una prospettiva inconsueta e non così scontata come potrebbe apparire.
Tutti i personaggi, a parte forse Mario fedele a se stesso ed alla sua impetuosa natura, sono in bilico tra due mondi che rappresentano uno l’opposto dell’altro; così il contrasto sembra essere la cifra distintiva nel rapporto fra Tosca e Scarpia dove nulla è così superficialmente dipinto e dove è il non detto, il non confessato a dominare la relazione, idea non nuova ma sempre interessante.
La Tosca di Maria José Siri ormai è una certezza e non solo dal punto vista vocale, infatti il lavoro di scavo psicologico che la brava artista ha saputo negli anni donare al suo personaggio, giunge a trascinare e coinvolgere dal suo prima apparire in scena. Ben lungi dal tratteggiare il carattere di un’aulica diva, il soprano sa ben evidenziarne le avventatezze, che contribuiranno all’evoluzione del dramma, così come le paure e le fragilità fortemente congiunte in questo potente e ancora attuale ritratto femminile. La sua non è infatti una donna che conosce tutte le certezze ma un’artista che vive in una Roma difficile, dove diventa pericoloso lavorare quanto amare, una donna che ha dovuto imparare a mediare con i potenti ma che per questo non rinuncia alla sua dignità, una personalità femminile vigorosa ed audace, in perenne equilibrio con la società e con se stessa. La vocalità della Siri si mostra poi sempre più rotonda e morbida, sicura nel registro acuto quanto suadente nelle pagine liriche; la coesione con il suo personaggio risulta dunque coinvolgente e totale.
Molto bene anche Roberto Aronica quale Mario che ha affrontato con slancio lirico e con una sensibilità misurata sul personaggio e sulle sue debolezze (molto intensa la scena della fucilazione, in cui egli sembra non riuscire a smettere di spostare istintivamente lo sguardo tra la figura di Tosca e le canne dei fucili schierati) un carattere solitamente dipinto e risolto nel suo versante più convenzionalmente patriottico. Vocalmente la sua interpretazione si è ben dipanata, sapendo miscelare con la sua intensa vocalità i momenti topici (“E lucevan le stelle” generosamente bissata dopo l’insistente richiesta del pubblico) con quelli puramente lirici dove il saper porgere e porre la giusta attenzione ad accento e fraseggio diventa fondamentale.
Claudio Sgura affrontava il personaggio di Scarpia attraverso un’interpretazione volutamente molto fredda e distaccata e, aiutato in questo da una figura molto nobile e distinta, ne tratteggiava l’aspetto forse più politico e meno passionale. La sua fissazione per Tosca sembra dunque dettata più dal capriccio che da reale ossessione e la sua personalità troneggia nei momenti in cui (interrogatorio di Cavaradossi) è dominante l’esercizio della sua autorità. Uno spietato uomo di potere dunque, anche vocalmente tratteggiato attraverso un’interpretazione dai tratti vilain, che ben si addice al taglio interpretativo scelto.
Il secondo cast, com’è naturale, offriva un taglio molto differente ma di certo interesse.
Il soprano Svetlana Kasyan è un’artista dotata di un timbro di notevole volume e dunque giunge a risolvere con compitezza tutti gli appuntamenti musicali canonici del personaggio, viene a mancarle però quell’espressività musicale senza la quale il carattere di Tosca risulta appena sbozzato. Il personaggio stenta così a decollare e la sua lettura viene affidata ad un’interpretazione sommaria, con un risultato complessivo ad oggi troppo manierato e convenzionale.
Assai meglio il Mario Cavaradossi di Mikheil Sheshaberidze che, pur non potendo puntare su di una particolare bellezza del timbro (di bell’intensità ma troppo opacizzato da un’emissione che risulta comunque efficace nel sostenerne il volume), ha ben usato espressività e colori e, lontano dall’accontentarsi di un’interpretazione che la facilità nel registro acuto avrebbe facilmente risolto (numerose le richieste di bis dopo “E lucevan le stelle“), ha tratteggiato con misura il suo personaggio prendendosi anche qualche rischio. Così il suo Cavaradossi, pur lontano da sofisticate raffinatezze, arriva a convincere per coerenza e verità d’espressione.
Perfettamente miscelato con l’atmosfera registica si è mosso il sofisticato Scarpia di Dalibor Jenis in cui l’attenta sapienza interpretativa si è unita ad una vocalità cesellata. Così la sua relazione con Tosca appare tormentata fin dall’inizio ed ogni azione appare derivare da una passione trattenuta e, forse, sofferta. Uno Scarpia interessante il suo, quanto diversamente spietato.
Ottimo il perfido e sempre scenicamente attento Spoletta di Bruno Lazzaretti, così come Christian Barone (Angelotti) mentre un po’ sopra le righe appariva il Sagrestano interpretato da Nicolò Ceriani.
Completavano il cast Tong Liu (Sciarrone), Raffaele Costantini (Carceriere), Camilla Baravelli Sabena e Francesca Pucci che si alternavano quale Pastorello.
Bene il Coro del Teatro Comunale di Bologna diretto da Gea Garatti Ansini ed il Coro di Voci Bianche diretto da Alhambra Superchi.
Alla guida dell’Orchestra del Teatro Comunale Daniel Oren ha diretto con quella miscela di grinta e passione che da sempre contraddistingue la sua professionalità.
Grande successo per questa produzione da parte dal pubblico entusiasta che gremiva la sala, con numerosi applausi e chiamate per tutti gli interpreti ed il Direttore.
Silvia Campana