CAGLIARI: Gloria – Francesco Cilea, 16 e 17 febbraio 2023 a cura di Nicola Salmoiraghi
Gloria
opera lirica in tre atti
libretto Arturo Colautti, dalla commedia La Haine di Victorien Sardou
musica Francesco Cilea
Casa Musicale Sonzogno-Milano
versione 20 aprile 1932
Maestro concertatore e Direttore Francesco Cilluffo
regia Antonio Albanese
Personaggi e Interpreti:
- Aquilante de’ Bardi Ramaz Chikviladze (10-12-15-17-19)/Mattia Denti (11-14-16-17-18)
- Gloria Anastasia Bartoli (10-12-15-17-19)/Valentina Boi (11-14-16-17-18)
- Folco de’ Bardi Franco Vassallo (10-12-15-17-19)/Ivan Inverardi (11-14-16-17-18)
- Lionetto Ricci Carlo Ventre (10-12-15-17-19)/Denis Pivnitsky (11-14-16-17-18)
- Il Vescovo Alessandro Abis
- La Senese Elena Schirru
- Un Banditore Alessandro Frabotta
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari
Maestro del coro Giovanni Andreoli
Scene Leila Fteita
Costumi Carola Fenocchio
costumista collaboratore Marco Nateri
Luci Andrea Ledda
nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari
Teatro Lirico, 16/17 febbraio 2023
Il Teatro Lirico di Cagliari ha inaugurato la sua stagione con una vera rarità, come consuetudine, un’opera praticamente scomparsa dalle scene, ossia Gloria di Francesco Cilea.
Ultima opera del compositore calabrese, vide la luce al Teatro alla Scala di Milano, nel 1907, e fu sottoposta dall’autore a revisioni e ripensamenti, sino alla seconda versione, che “ridebuttò” al Teatro di San Carlo di Napoli nel 1932, ed è poi quella eseguita a Cagliari. Mutamenti nel libretto e nel nome di qualche personaggio, ricerca di un tono musicale più crepuscolare e intimista per questa partitura in cui Cilea pare calzare il coturno per accostarlo alla sua vena elegiaca d’elezione. A metà tra Romeo e Giulietta e Francesca da Rimini, la vicenda di Gloria si veste di molti momenti musicali pregevolissimi, dai molteplici momenti corali (e lodi vanno alla pregevole prova del Coro del Teatro Lirico, preparato da Giovanni Andreoli), ai brucianti, appassionati e strazianti (quello finale) duetti dei due protagonisti (Gloria e Lionetto), alle preghiere e arie della stessa eroina, tra cui la più conosciuta è sicuramente “O mia cuna fiorita”. L’opera, dal mio punto di vista interessantissima e certamente degna di essere riproposta, chiede e pretende almeno un secondo ascolto – ho visto entrambi i cast e alla seconda recita ho colto preziosità di scrittura che alla prima mi erano sfuggite – e soprattutto esige qualcuno che creda profondamente al suo valore artistico, come moltissimi altri titoli del catalogo operistico italiano a cavallo tra Otto e Novecento, che attendono solo una doverosa riscoperta.
Sicuramente ci crede Francesco Cilluffo, che di questo repertorio è l’alfiere, e che alla testa della concentrata e duttile Orchestra del Teatro Lirico, ha offerto una convincentissima lettura della musica di Cilea, in meditato equilibrio tra fiammeggianti accensioni ed estatici abbandoni, in un racconto musical-drammatico ricco di slanci, sfumature, chiaroscuri e dinamiche sempre tese a seguire e valorizzare il dipanarsi della narrazione teatrale.
Il nuovo allestimento portava la firma registica del noto attore Antonio Albanese, non nuovo ad incursioni operistiche. Avvalendosi del solido impianto scenico ad anfiteatro di Leila Fteta, dei bei costumi di Carola Fenocchio (evocanti un medioevo rivisitato) e del penetrante gioco luci di Andrea Ledda, pur senza particolari guizzi inventivi Albanese snoda la trama di Gloria con chiarezza espositiva, attento a farla comprendere a una platea che, come è ovvio, non la conosce. Una dimensione quasi oratoriale, soprattutto nelle scene di massa (molto suggestiva a questo proposito l’apertura del terzo atto) contraddistingue l’impostazione interpretativa di Albanese.
La parte vocale chiede molto agli interpreti: una protagonista capace di imperiose ascese in acuto e morbidi languori, un tenore eroico il cui registro acuto è continuamente sollecitato, un baritono di voluminoso impatto sonoro.
Anastasia Bartoli ha pienamente soddisfatto le esigenze della protagonista, grazie al fascino di un timbro peculiare e catturante, all’ampiezza del volume, all’incisività dell’accento, agli acuti autorevoli e laminati, alle intenzioni dell’interprete, sulla scena presenza assolutamente catalizzatrice. Valida anche Valentina Boi, di bella e pastosa vocalità, se non altrettanto carismatica come attrice.
Carlo Ventre fa valere nel ruolo di Lionetto un registro acuto ancora saldissimo e intemerato. Denys Pivnitskyi dona al medesimo personaggio una lucentezza maggiormente giovanile a appassionatamente credibile, a sua volta con un timbro di tenore lirico spinto di argenteo squillo e notevole qualità.
Franco Vassallo possiede volume, acuto sicuro e fraseggio adeguato per il fosco personaggio del vendicativo fratello di Gloria, Bardo de’Bardi. Ivan Inverardi soprattutto volume e acuto sicuro.
Ramaz Chikviladze ha fornito timbrata voce di basso al ruolo del padre, Aquilante de’Bardi. Convincente anche Mattia Denti.
Completavano adeguatamente il cast Alessandro Abis (Il Vescovo), Elena Schirru (La Senese), Alessandro Frabotta (Il Banditore).
Successo ad entrambe le recite, che si sarebbe però voluto tributato da un pubblico assai più folto di quello che occupava a ranghi purtroppo ridotti la vasta sala del Lirico. L’occasione lo meritava.
Nicola Salmoiraghi