La traviata firmata da Leo Nucci inaugura la nuova Stagione del Teatro Municipale di Piacenza
GIUSEPPE VERDI
LA TRAVIATA
Opera in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave dal dramma di Alexandre Dumas La dame aux camélias
Direttore Pier Giorgio Morandi
Regia Leo Nucci
Personaggi e Interpreti:
- Violetta Adriana Iozzia
- Alfredo Santiago Sanchez
- Flora Carlotta Vichi
- Annina Luisa Tambaro
- Giorgio Germont Benjamin Cho
- Gastone Raffaele Feo
- Il barone Douphol Juliusz Loranzi
- Il marchese D’Obigny Stefano Marchisio
- Il dottor Grenvil Vincenzo Santoro
- Giuseppe Andrea Galli
- Un domestico di Flora / Un commissionario Francesco Cascione
Salvo Piro, regista collaboratore
Sabrina Fontanella, movimenti coreografici
Carlo Centolavigna, scene
Artemio Cabassi, costumi
Claudio Schmid, luci
ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
Corrado Casati, maestro del coro
Coproduzione Fondazione Teatri di Piacenza
Teatro Alighieri di Ravenna – Teatro Galli di Rimini
Non sai che tu sei necessario alla salute dell’anima mia?
Che se ti perdo, io muoio perduta?
Niccolò Tommaseo, Fede e Bellezza
Lo scorso venerdì, fra camelie e applausi, è stata inaugurata la Stagione 2018-2019 del Teatro Municipale di Piacenza con quella che è l’opera di Verdi forse più amata e che, fra tutte, è stata maggiormente esposta all’alterno volgere delle ermeneutiche. Nel corso del Novecento diverse e divergenti sono state infatti le letture de La traviata offerte dai registi: da quelle di carattere “impressionistico-decadente” sino alla modalità fin de siècle di Luchino Visconti – nell’epocale messinscena scaligera del 1955 con Maria Callas con la direzione di Carlo Maria Giulini – ricca di tutto il suo corollario di «sospiri e il senso generale di cosa presso a sfiorire e disfarsi» (Gabriele Baldini). E proprio lo spettacolo di Visconti, «che sta a sé e che solo qua e là sembra ricordarsi del suo dovere di aiutare alla comprensione di qualcos’altro» (Eugenio Montale), è stato per il baritono Leo Nucci, coadiuvato da Salvo Piro, imprescindibile fonte di ispirazione. Ne è nata una regia seducente che ha saputo rendere un devoto omaggio a Maria Callas (alla donna straordinaria, prima ancora che alla sua eterna leggenda), senza mai abbandonarsi a velleità oleografiche o a stucchevoli cammei. In questa Traviata firmata da Nucci – per il lodevole progetto Opera Laboratorio del teatro piacentino – Violetta Valéry diviene per liaisons analogiche alter ego della divina cantante: entrambe donne tenaci e fragili, che hanno conosciuto la grandezza ed il progressivo abbandono nel «popoloso deserto» della loro arida contemporaneità. Il continuo ritorno focale Violetta-Callas trova la propria sublimazione nel finale dell’opera. Nucci decide di non far morire Violetta in scena – o meglio, il momento è solo rimandato, giacché «la tisi non le accorda che poche ore». Avvicinandosi con passo incerto ed eroico alla finestra, scostata la tenda, Violetta osserva la vita con sguardo scheggiato di disperata speranza: esattamente come nell’ultima foto della Callas, affacciata alla finestra della casa di Parigi in rue Mandel. Un gioco di senso carico di risonanze emotive fortissime. La storia d’amore fra Violetta e Alfredo era iniziata con uno sguardo e con uno sguardo termina questa Traviata. Sono sempre validi i versi di Dylan Thomas: «Mio vero amore, trattienimi. / In ogni tuo sguardo e centimetro è roteato il globo della genesi».
Il Maestro Pier Giorgio Morandi è guida preziosa per l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini: il «vascello armonico», ampiamente varato, offre un’ottima prova delle proprie capacità. Unica nota dolente è la “voce chioccia” del clarinetto duettante con Violetta. Il coro del Teatro Municipale di Piacenza è stato istruito egregiamente dal maestro Corrado Casati. Le scene di Carlo Centolavigna raccontano delle feste nel salotto parigino della Callas, conducendo successivamente il pubblico nella rue Royale, dove la casa di Flora Bervoix per l’occasione si trasforma, con tripudiante malìa liberty, nel locale più chic della città: Maxim’s. Il tutto viene esaltato dagli splendidi costumi di Artemio Cabassi: l’eleganza “infiora” ogni personaggio; in particolare, l’esuberante mise di Flora e quella della protagonista, à la maniere de Chanel, ne danno fastosa testimonianza.
Voce dalle trasparenze luminescenti, il soprano Adriana Iozzia debutta il ruolo di Violetta con risultati ampiamente lusinghieri: spicca nel secondo atto e poi nel terzo in tutta la drammaticità dell’inarrestabile declinare verso l’inevitabile tragedia. Convince l’Alfredo del tenore uruguaiano Santiago Sánchez, al suo debutto italiano: se nei punti più impervî non sfoggia tecnica impeccabile, piace per attitude virile e gesto di sicura comunicatività. Apprezzatissimo per resa vocale e scenica il baritono coreano Benjamin Cho, che si sente a proprio agio nei panni dell’anziano Giorgio Germont: irrompe in scena con austero trench color fumé per meglio dissuadere la «madamigella Valéry» dai suoi intendimenti. Senza la Flora Bervoix di Carlotta Vichi e il Marchese D’Obigny di Stefano Marchisio – di cui si sottolinea in particolare la vocalità oltremodo preziosa – questa Traviata non sarebbe di certo la stessa: la coppia, affiatatissima, domina costantemente la scena con grande verve teatrale e folleggiante coquetterie. Piace molto il Gastone del tenore Raffaele Feo, abile nel conferire particolare personalità al personaggio del galante «viscontino». Meno godibile il Barone Douphol di Juliusz Loranzi. Completano il cast Luisa Tambaro (Annina), Vincenzo Santoro (Dottor Grenvil), Andrea Galli (Giuseppe) e Francesco Cascione (Domestico di Flora / Commissionario).
Attilio Cantore