NOVARA: Gianni Schicchi, 14 dicembre 2018 – a cura di Paolo T. Fiume
Opera comica in un atto
Musica di Giacomo Puccini, su libretto di Giovacchino Forzano
Con Federico Longhi, nel ruolo di Gianni Schicchi
Cast cantanti selezionati tra i partecipanti all’Accademia di perfezionamento in Canto Lirico d’Orchestra della Fondazione Teatro Coccia
Regia Davide Garattini Raimondi
Direzione d’orchestra Nicolò Jacopo Suppa (14/12) – Lorenzo Orlandi (16/12)
selezionatI tra i partecipanti all’Accademia di perfezionamento in Direzione d’Orchestra della Fondazione Teatro Coccia
Personaggi e Interpreti:
- Gianni Schicchi FEDERICO LONGHI (14/12) – FRANCESCO VULTAGGIO (16/12)
- Lauretta LEONORA TESS* (14/12) – SABRINA SANZA* (16/12)
- Marco FABIO LA MATTINA* (14/12) – FILIPPO ROTONDO* (16/12)
- Zita NIKOLINA JANEVSKA*– ANTONELLA DI GIACINTO* (14 -16/12)
- Rinuccio MAURO SECCI*
- Gherardo GIUSEPPE DI GIACINTO* (14/12) – RICCARDO BENLODI* (16/12)
- Nella CLAUDIA URRU* (14/12) – SARA INTAGLIATA* (16/12)
- Betto MARIO TAHTOUH*
- Simone VSEVOLOD ISCHENCO*
- Ciesca ANGELA SCHISANO* (14/12) – ISABEL LOMBANA MARINO* (16/12)
- Spinelloccio / Amantio DAVIDE ROCCA
- Pinellino YANG GUO
- Guccio FILIPPO ROTONDO* (14/12) – FABIO LA MATTINA* (16/12)
*selezionati tra i partecipanti all’Accademia di Perfezionamento di Canto Lirico
della Fondazione Teatro Coccia
Nel ruolo di Buoso PAOLO LAVANA dalla Scuola di Teatro Milano Quelli di Grock
Orchestra del Teatro Coccia
Scene Lorenzo Mazzoletti
Costumi Silvia Lumes in collaborazione con Cooperativa Sociale EMMAUS di Novara
Luci Ivan Pastrovicchio
Produzione Fondazione Teatro Coccia
foto Mario Finotti
Novara 14 dicembre 2018
Un altro “colpo” pienamente a segno per il Teatro Coccia di Novara, con una nuova produzione di Gianni Schicchi ad un secolo esatto dalla prima rappresentazione del 14 dicembre 1918. Il risultato è ancora maggiormente apprezzabile considerando che podio e cast sono selezionati tra gli allievi dell’Accademia di Perfezionamento della Fondazione Teatro Coccia, con esiti – come vedremo – del tutto positivi. La versione è quella ridotta da Ettore Panizza, e apprezziamo la coraggiosa scelta di proporre il titolo da solo; con buona pace di Puccini, che notoriamente si dispiaceva della divisione del trittico, il risultato è una godibilissima ora abbondante di compiuta freschezza. Il merito è senza dubbio di uno spettacolo molto piacevole: la regia di Davide Garattini Raimondi ruota attorno all’idea di un Buoso non già spirato, ma dissennato; di qui la sua introduzione in scena, impersonato mimicamente dall’ottimo Paolo Lavana (della Scuola di Teatro “Quelli di Grock” di Milano), che tratteggia con maestria un personaggio divertente ed efficacissimo. La scelta narrativa è singolare, certamente, ma funzionale; a tratti si ha l’impressione che il confine tra follia e morte sia relativamente labile (la scena del testamento, con Schicchi che sostiene alle spalle e governa Buoso, è difficile da tenere separata nella mente dal ruolo capolavoro di Bernie Lomax in Weekend con il morto) e comunque tutto scorre senza intoppi o forzature. L’assenza di coro obbliga ad una gestione a tratti “di massa” del cast, che nel nostro caso è curata con indubbia maestria. Molto bene le scene di Lorenzo Mazzoletti: con relativa economia di mezzi (pochi e sobri arredi, tra cui spiccano quattro bare apparentemente autentiche; un paio di velatini di tulle a delineare alcune scene) il risultato è ottimo, originale ed oltremodo convincente. Perfette ed equilibrate le luci di Ivan Pastrovicchio, che formano parte integrante degli spazi registici: persino la porta di servizio di fondo palco, con una sapiente luce esterna, diventa il credibile ingresso della casa fiorentina dei Donati. Sobri e di grande gusto i costumi di Silvia Lumes, in collaborazione con la Cooperativa Sociale Emmaus di Novara.
Nicolò Jacopo Suppa offre una lettura della partitura buona e molto scorrevole. L’Orchestra del Teatro Coccia è piacevole e soprattutto efficace per sonorità ed amalgama, che in Puccini più che altrove sono elementi determinanti per fare la differenza.
Gianni Schicchi è il bravissimo Federico Longhi: una volta di più il baritono valdostano ci sorprende per versatilità di ruolo, giovandosi di una voce autorevole e perfettamente malleabile negli stili più disparati, sempre in modo convincente e senza artificiosità. Ne conosciamo del resto la grande abilità attoriale, e per Schicchi si tratta di un requisito obiettivamente indispensabile. Pochi avrebbero potuto impersonarlo con lo stesso gusto ed equilibrio.
Tra i cantanti dell’Accademia abbiamo apprezzato particolarmente Mauro Secci come Rinuccio; il timbro è visibilmente curato, dall’invidiabile facilità in acuto, che permette alla voce di scorrere in teatro con grande libertà, e perciò con volume notevole. Lo studio attento dei fraseggi e degli accenti dinamici tornisce ulteriormente una prestazione ottima.
Benissimo anche l’imponente voce di vero basso del Simone di Vsevolod Ischenco.
Leonora Tess è una Lauretta già convincente nonostante la giovanissima età; in effetti, il ruolo esce rafforzato da questa effettiva corrispondenza. O mio babbino caro è una romanza temibile sia per la grande celebrità, che obbliga giocoforza a confronti spesso impari, che per necessità assoluta di un controllo magistrale dei fiati e delle dinamiche. Un’enorme parte della sua forza tenera e struggente e tutta l’atmosfera trasognata ed affettuosa su cui si sostiene provengono dalla capacità di trasferire queste emozioni in una semantica stilistica che richiede inevitabilmente mezzi tecnici superiori per non scadere nel melenso, nel convenzionale, o, peggio che tutto, nell’eccessivo. Leonora Tess la canta con ottimo gusto, e il quadro risulta effettivamente di commovente bellezza; la supplica quasi infantile, su un’altalena, le superbe scene e luci, l’arte scenica dei due protagonisti delineano forse il miglior momento dell’opera. La voce non potrà che maturare ulteriormente, e siamo convinti che potrà farlo con eccellenti risultati. Per intanto, c’è senz’altro una evidente, grande cura.
Tutto il cast, c’è da dire, è sempre corretto. Ottima la Zita di Antonella Di Giacinto; molto bene Gherardo (Giuseppe di Giacinto), Nella (Claudia Urru), Gherardino (Matteo Pilia) e Betto (Mario Tathouh). Bene anche la coppia di Marco (Fabio La Mattina) e Ciesca (Angela Schisano). Una menzione per efficacia al trio del notaio Amantio (Davide Rocca), Pinellino (Yang Guo) e Guccio (Filippo Rotondo). Opera ricevuta con grandi acclamazioni – particolarmente per Longhi e la Tess – dal purtroppo non così folto pubblico presente; un vero peccato, perché valeva davvero la pena di esserci.
Paolo T. Fiume