PALERMO: Les vêpres siciliennes – Giuseppe Verdi, 23-25 gennaio 2022 a cura di Jorge Binaghi

PALERMO: Les vêpres siciliennes – Giuseppe Verdi, 23-25 gennaio 2022 a cura di Jorge Binaghi

  • 28/01/2022

Les vêpres siciliennes

grande opera in cinque atti

di Giuseppe Verdi

su libretto francese di Eugène Scribe e Charles Duveyrier

dalla loro opera Le duc d’Albe del 1838

 

Direttore Omer Meir Wellber
Regia Emma Dante

Personaggi e Interpreti:

  • La duchesse Hélène Selene Zanetti (20, 23, 26) / Maritina Tampakopoulos (22, 25)
  • Ninetta  Carlotta Vichi
  • Henri Leonardo Caimi (20, 23, 26) / Giulio Pelligra (22, 25)
  • Guy de Montfort  Mattia Olivieri (20, 23, 26) / Gezim Myshketa (22, 25)
  • Jean Procida Erwin Schrott (20) / Luca Tittoto (23, 26) / Fabrizio Beggi (22, 25)
  • Thibault Matteo Mezzaro
  • Danieli Francesco Pittari
  • Mainfroid Pietro Luppina
  • Robert Alessio Verna
  • Le sire de Béthune Ugo Guagliardo (20, 23) / Andrea Pellegrini (22, 25, 26)
  • Le comte de Vaudemont Gabriele Sagona


AUTUNNO
La ballerina Carmen Marcuccio
In palcoscenico
Fisarmonica Ruggiero Mascellino
Clarinetto Carmelo Colajanni
Contrabbasso Massimo Patti
Orchestrazione di Keren Kagarlitsky
PRIMAVERA
Due sposi Noemi Ferrante, Gaetano La Mantia
ESTATE
Prete Gaetano La Mantia
Quattro spose e Pesci Noemi Ferrante, Carmen Marcuccio, Alessia Pollini, Giada Scimemi


Attori della Compagnia Sud Costa Occidentale

Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Movimenti scenici Sandro Maria Campagna
Coreografia Manuela Lo Sicco
Light designer Cristian Zucaro
Assistente alla regia Federico Gagliardi
Assistente alle scene Roberto Tusa
Assistente ai costumi Chicca Ruocco

Nuovo allestimento in coproduzione con Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Comunale di Bologna e Teatro Real di Madrid

 

 Teatro Massimo, 23-25 gennaio 2022


Idea eccellente quella di presentare per la prima volta nella versione originale in francese un titolo di Verdi legato alla città e all’isola che malgrado le qualità intrinseche non gode (ancora) della popolarità di altre opere del Sommo.

Ovviamente si tratta di un’operazione sempre estremamente complicata (e se si pensa alla situazione attuale verrebbe di parlare di miracolo): Les vêpres siciliennes è lunga (specie con il con il balletto), difficile da cantare e concertare. E trovare due compagnie alternative per un totale di cinque recite è una sfida per qualsiasi teatro.

Selene Zanetti -Leonardo Caimi Les vêpres siciliennes Teatro Massimo Palermo © Franco Lannino

Il nuovo allestimento affidato a una palermitana come Emma Dante prometteva molto. Cambiare l’epoca dei vespri storici con quella della lotta contro la mafia poteva essere idea interessantissima (e la prima volta che compaiono – quando si presenta Hélène, sorella del giustiziato Frédéric- gli stendardi con le facce delle vittime delle stragi recenti ti viene il nodo alla gola). Ma poi l’idea si perde un po’ per strada e si rischia il folcloristico (pupi, balli) per la grande gioia del pubblico (almeno della stragrande maggioranza che ha decretato un trionfo allo spettacolo). La fine con la ricreazione più o meno fedele (ma se abbiamo visto la Fontana Pretoria, Santa Rosalia, le feste popolari, il Massimo non c’era) della scena da Il Padrino III di Coppola con Henri che muore per salvare il padre potrebbe andare non fosse che è troppo contraria al massacro generale che la musica ci fa ‘vedere’ (e i bravi attori, ballerini, comparse lo fanno capire bene, ma allora non ha senso che gli altri tre protagonisti principali restino in vita). E poi non c’è stato un vero lavoro sui personaggi: se Montfort è il Padrino (con tanto di “bacio le mani” alla sua presentazione nel primo atto) dovrebbe continuare ad esserlo. E Procida dovrebbe essere un personaggio positivissimo (smentendo anche parzialmente Verdi che questa volta –come accadrà con Amonasro più avanti- non lo vede tutto il tempo come un eroe nazionale; e poi c’è il testo, e questo per Verdi era importante, dove la liberazione della patria slitta nei due ultimi atti e in particolare in tutto l’ultimo verso ‘la mia vendetta’).

gonfaloni Les Vêpres Siciliennes -Teatro Massimo di Palermo © Rosellina Garbo

Il direttore musicale del Massimo, il talentuoso Omer Meir Welber, concerta bene anche se qualche volta si lascia troppo prendere la mano dalle sonorità, ma non è qualche eccesso dinamico né la scelta di tempi fin troppo rapidi (alcuni scelti forse per venire in aiuto a qualche cantante) che inficiano il suo lavoro, ma la discutibilissima scelta di smembrare il balletto. Se non altro perché non si rispetta la scienza teatrale di Verdi – e magari anche dei suoi librettisti – su dove e come devono finire una scena o un atto. E il primo finisce adesso con una trascrizione per fisarmonica, contrabbasso e clarinetto del movimento dell’ “autunno” dal balletto che proprio non ci sta. Come non ci sta un momento drammaticamente forte in cui è protagonista Santa Rosalia, ma per niente accettabile come transizione fra la fine dell’atto quarto e l’inizio del quinto (tagliato; qui passiamo direttamente al boléro di Hélène).

pupi siciliani – Les vêpres siciliennes -Teatro Massimo Palermo © Rosellina Garbo 2022

Mi chiedo (visto che si tratta di una coproduzione con Bologna, Madrid e Napoli) se altri maestri la vedranno così o semplicemente si taglierà il balletto (sembra, peccato, che si tornerà alla versione italiana che francamente, e non per musica, ma per fusione tra testo, musica e vicenda –l’inizio di ‘O tu Palermo’ o l’aria di Montfort ne sono esempi chiari e lampanti- è meno fluida).

Orchestra e Coro (magnificamente preparato da Ciro Visco) si sono fatti onore. E veniamo al dunque: i cantanti, che in Verdi non sono l’ultimo elemento da considerare, anzi (e me ne scuso, ma tal dei tempi è il costume).

Per la prima recita (che non ho visto) si è dovuto chiedere la presenza di un Procida in origine non previsto, Erwin Schrott. Selene Zanetti è una cantante ottima e buona attrice, ma è un soprano troppo lirico per Hélène: ha cantato benissimo quasi sempre e la sua meravigliosa aria dell’atto quarto è stata praticamente perfetta (ma la discesa al grave, come l’aria di sortita, cabaletta compresa, è stata chiaramente una forte limitazione). Il ‘Boléro’ è andato bene ma non si tratta di una belcantista. Debuttava il ruolo e sarebbe prudente che ci pensasse prima di riprenderlo presto.

Mattia Olivieri – Leonardo Caimi Les vêpres siciliennes Teatro Massimo di Palermo © Rosellina Garbo 2022

Leonardo Caimi ha cantato già il ruolo. La voce è bella e di buon volume; il fraseggio è alquanto sommario – quanto l’attore – e la tecnica non abbastanza salda in parecchi momenti e l’acuto suona più di una volta forzato.

Mattia Olivieri si conferma cantante di notevole rilievo. Finalmente canta un Verdi e se si può dire che il personaggio richiederebbe un aspetto fisico maturo, la voce è bellisima, uguale, rotonda, senza cercare l’effetto facile (Montfort è un nobile e tali sono il canto e i movimenti del baritono), il fraseggio squisito (il senso delle parole viene scandito e messo in rilievo come Verdi comanda) e la bella presenza scenica – non particolarmente importante,è vero – non guasta, anzi….Non si può scegliere un momento in particolare (ovviamente l’aria e i due duetti erano splendidi) in un canto di tale livello, ma come al solito mi trovo ad ammirare i recitativi o i momenti d’insieme dove tanti non cantano o lo fanno alla meno peggio e restano fermi magari con il piede in avanti. E poi, ottimo francese, che non era comune a tutti in entrambe le compagnie

Luca Tittoto è stato un bel Procida, anch’esso nobile di aspetto e di canto, con grande senso della linea (dovrebbe evitare certe occhiate ‘perfide’ di cui oggi non se ne sente più il bisogno) e anch’esso ha cantato e interpretato senza un’enfasi poco elegante o produttiva.

Giulio Pelligra (Henri) – Gezim Myshketa (Guy de Montfort), Les Vêpres Siciliennes – Teatro Massimo di Palermo

Nel secondo cast la prova migliore l’ha data Giulio Pelligra, un tenore dalla voce magari un po’ troppo “leggera” ma che ha saputo risolvere tutte le insidie della parte e si muoveva bene (magari dovrebbe aspettare anch’esso un po’ per riprendere Henri ma già così è stato di tutto rispetto).

Maritina Tampakopoulos (La duchesse Hélène) – Carlotta Vichi (Ninetta),  Les Vêpres Siciliennes © Franco Lannino

Maritina Tampakopoulos era in teoria una voce più adatta a Hélène (ha vinto a ragione il premio della critica al Concorso “Vincerò” di Napoli ma con un’aria dal Ballo in maschera, tipo di scrittura che forse le sta meglio) ma, a parte le agilità (diligenti è vero), il grave suonava durante buona parte della recita un po’ appannato anche se naturale e, stranamente, e malgrado la difficoltà di alleggerire una voce come la sua – un piccolo vibrato metallico si è fatto presente- il momento più soddisfacente è stato soprattutto la scena della prigione ma anche tutto il quarto atto e il concertato del terzo.

Gezim Myshketa (Montfort) ha una voce naturalmente scura che cerca di scurire ancora di più con il risultato – qualche acuto esplosivo e ostico, qualche frase gridata o parlata – che sembrava aggirarsi più nell’ambito del “verismo”.

Gezim Myshketa (Guy de Montfort), Les Vêpres Siciliennes – Teatro Massimo di Palermo

Fabrizio Beggi (Procida) ha una bella voce di basso: peccato che la voglia far sentire più profonda di quanto ce ne sia bisogno, e, a parte qualche stonatura durante l’aria e in qualche altro momento, l’effetto non è piacevole e va alla pari con un’interpretazione tutta sopra le righe che ottiene il risultato contrario di quel che verosimilmente si pretende.

Molto bene i numerosi comprimari: Carlotta Vichi, Matteo Mezzaro, Francesco Pittari, Ugo Guagliardo, Pietro Luppina, Gabriele Sagona, Alessio Verna e Andrea Pellegrini (vedo con piacere l’affermarsi di quest’ultimo in modo lento ma sicuro).

Les-vepres-siciliennes-Teatro-Massimo-di-Palermo-Santa-Rosalia-Viola-Carinci-Siciliani-© Rosellina Garbo

Ottimi i ballerini, sia i solisti (un plauso particolare per la Rosalia), sia il corpo di ballo .

Jorge Binaghi

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