PARIGI: Fidelio – Ludwig van Beethoven, a cura di Jorge Binaghi
FIDELIO
(Op. 72b)
opera in due atti di Ludwig van Beethoven
su libretto di Joseph Sonnleithner e Georg Friedrich Treitschke.
La prima rappresentazione fu data il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien (Vienna)
diretta da Ignaz von Seyfried.
Direttore Raphaël Pichon
Regia Cyril Teste
Personaggi e Interpreti:
- Leonore Siobhan Stagg
- Florestan Michael Spyres
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Marzelline Mari Eriksmoen
- Rocco Albert Dohmen
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Don Pizarro Gabor Bretz
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Don Fernando Christian Immler
- Jaquino Linard Vrielink
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Attori Morgan Lloyd Sicard, Vincent Steinebach
- 1° Prigioniero Constantin Goubet
- 2° Prigioniero René Ramos Premier
- Bambino Sarah Koné
Parigi – Opéra Comique 2021
Per celebrare Beethoven l’Opéra Comique (pienone: finite le limitazioni) faceva quel che altri grandi teatri lirici non hanno fatto: un nuovo allestimento del suo “unicum” lirico: Fidelio.
Se devo essere sincero, non ero tra i tanti entusiasti a fine spettacolo. Punti d’interesse sì, ce n’erano, tra i cantanti, non compresa la protagonista, Siobhan Stagg, un soprano lirico che magari non lo è più perché il timbro è opaco, con acuti corti e metallici, e gravi – ho detto gravi?… è certo una brava interprete che si porta sulla pelle un allestimento piuttosto complesso come questo, ma per la mia idea – sicuramente del pleistocene – di cosa dovrebbe essere un soprano quando canta un’opera non è abbastanza. E senza Leonore/Fidelio…
Neanche Don Fernando (una parte breve ma importante) superava l’appena discreto (Christian Immler) e il bravo Jaquino di Linard Vrielink non aveva la voce ideale per il personaggio. Gabor Bretz (Pizarro) ha grande presenza scenica e quando deciderà di non ingolare nel centro-grave (senza alcun bisogno) magari avremo un ottimo cantante. Il veterano Albert Dohmen era un degno Rocco benché scegliesse – accorta misura – di cantare tutto in forte.
Eccellente la Marzelline di Mari Eriksmoen, voce e figura ideali per il ruolo (per di più era suo l’acuto che si sentiva nei concertati e nel grande quartetto).
Sugli scudi la prova di Michael Spyres nei panni di Florestan. Il tenore che in questa sala ha avuto i maggiori e meritati trionfi dimostra che forse – e senza forse – la chiave di volta per questo personaggio non risiede in un tenore che non era ancora nato ma nel baritenore rossiniano. Solo per quest’interpretazione maiuscola (si sa che è anche un intenso attore) valeva la pena sopportare la parte scenica firmata de Cyril Testé, con tanto di prigione fredda e modernissima, memore di alcuni film “carcerari” americani, parecchia tortura fine a sé stessa, molta “fantasia” e poco senso comune (ohimé, si sa che il senso comune non deve venire mai applicato al mondo lirico, ma non vedo perché Pizarro debba offrire a Rocco whisky o champagne, a parte tanti euro, per farlo complice dei suoi misfatti; anzi, così è più debole e meno terribile).
Applausi scroscianti anche per il giovane maestro Raphaël Pichon che concertava con i bravi Coro ed Orchestra Pygmalion: pause eccessive, ritmica ipervivace (mai sentita l’aria di Marzelline così “movimentata”), non sembrava ideale per la “tinta” di quest’opera e di quest’autore, che non sono solo grandiose arcate sonore fini a loro stesse. Ma ero chiaramente in minoranza e allora forse sono nel torto. Con tante scuse.
Jorge Binaghi