PARIGI: Rigoletto di Giuseppe Verdi – 10 novembre 2021, a cura di Jorge Binaghi

PARIGI: Rigoletto di Giuseppe Verdi – 10 novembre 2021, a cura di Jorge Binaghi

  • 15/11/2021

RIGOLETTO

opera in tre atti di Giuseppe Verdi

su libretto di Francesco Maria Piave

tratta dal dramma di Victor Hugo Il re si diverte

 

Direttore Giacomo Sagripanti

Regia Claus Guth

 

Personaggi e Interpreti:

  • Rigoletto Ludovic Tezier
  • Gilda Nadine Sierra
  • Il Duca di Mantova Dmitry Korchaki
  • Sparafucile Goderdzi Janelidze
  • Maddalena Justina Gringyte
  • Il Conte di Monterone Bogdan Talos
  • Giovanna Cassandre Berthon
  • Marullo Jean-Luc Ballestra
  • Matteo Borsa Maciej Kwaśnikowski
  • Il Conte di Ceprano Florent Mbia
  • La Contessa Izabella Wnorowska-Pluchart
  • Paggio della Duchessa Lise Nougier

Scene Christian Schmidt

Costumi Christian Schmidt

Coreografia Teresa Rotemberg

Luci Olaf Winter

Drammaturgia Konrad Kuhn

Video Andi A. Müller

Direttore del coro Ching-Lien Wu

 

Opéra Bastille, 10 novembre 2021


Tra i tanti spettacoli, nuovi o no, che offre l’Opéra di Parigi a la Bastille e al Palais Garnier spiccava un Rigoletto con nuovo allestimento di Claus Guth. L’intelligenza del regista, pari alle sue arbitrarietà, è ben nota. Non è andata diversamente in questo caso con una prima idea fortissima: il palcoscenico è un’immensa scatola aperta, durante il preludio si presenta l’attore che sarà il doppio del protagonista recandosi dietro un pesante baule dal quale usciranno gli attributi propri di un buffone, un vestito bianco insanguinato. L’opera sarà questo ricordo masochistico di quant’è avvenuto e del vano tentativo di modificare il corso degli eventi.  Gilda, agli occhi del padre, è sempre una bambina che danza, ed a lei si rivolge durante i duetti mentre la figlia-donna cerca invano di unire la propria realtà alla fantasia paterna.

Rigoletto -prova generale- Opéra Bastille, foto di Elisa Haberer

Naturalmente Guth insiste e ripete molto e così l’effetto perde di forza strada facendo. Non aiutano i gesti stupidi del coro di cortigiani (abbiamo già capito che sono quel che sono) o il passare da costumi di epoca ad altri moderni, con il Duca che arriva da Sparafucile come un giovane scanzonato di oggi con tanto di sigaretta e bibita in mano, e certamente Verdi non so se gradirebbe che “La donna è mobile”,’ diventi uno spettacolo di cabaret parigino degli anni ’40-’50 del secolo scorso con tanto di ragazze con piume che gli fanno il coro (magari un ricordo di Georges Guétary che interpreta “I’ll build a starway to paradise”’ in Un americano a Parigi di Minnelli?). Ovviamente, in questo contesto Maddalena non può essere che una dominatrice in nero con tanto di frusta in mano ma il quartetto ne soffre (tenore e mezzo da lontano non riescono mai a trovare un equilibrio con padre e figlia al proscenio). Ma quando alla fine Rigoletto chiude con un colpo secco e disperato la sua valigia dei disastri, la pelle d’oca si fa presente eccome. Superflui invece i video di Andi A. Muller, ottime le luci di Olaf Winter, e con i caratteristici e descritti scene e costumi di Christian Schmidt.

Dal punto di vista musicale la serata è dominata, come si deve, dall’intenso protagonista di Ludovic Tézier, che fa passare dalla voce tutto il dramma senza mai sfigurare o forzare la linea di canto: rispettare le dinamiche e i segni della partitura non solo sono una delizia di musicalità ma anche una giusta comprensione della tragedia e delle tante sfumature di un personaggio che certo “buono” non è. Ma quando all’inizio del secondo quadro intona “quel vecchio maledivami” lo spettatore trema con lui. Del pari “Cortigiani” non è uno show vocale ma profondamente sentito e la “Vendetta”’ non sono acuti sparati dai due interpreti in una gara sterile ma due sentimenti contrapposti (e guai a fare ringraziamenti e bis fuori di luogo come si vede non poche volte). Si capisce bene quel breve e terribile monologo (solo frasi in realtà) da “Della vendetta alfin giunge l’istante” a “come invero qui grande mi sento”.

Rigoletto -prova generale- Opéra Bastille, foto di Elisa Haberer

Ma Nadine Sierra nei panni di Gilda non gli cede di molto. Mai vista o sentita in forma così smagliante vocalmente né così matura nell’espressività. Se si dovesse scegliere un momento particolare non sarebbe lo “scontato”’ – e bellissimo – “Caro nome” ma, per la verità dell’emozione, “Tutte le feste al tempio”.

Dmitry Korchak canta bene il Duca, ma come per tanti tenori rossiniani, non ha né il timbro né lo squillo e l’incisività che il ruolo richiede. E la corona ne “La donna è mobile” confina con il grido e l’intonazione ne soffre. Bravo l’interprete.

Molto interessante anche se troppo baritonale il Monterone di Bogdan Talo, mentre lo Sparafucile di  Goderdzi Janelidze insieme a uno strumento notevole esibisce note fisse e poca musicalità. Vorrei sentire in un altro allestimento la Maddalena di Justina Gringyté, voce molto slava e poco rotonda ma a quanto sembra importante e interprete molto convinta. Del restante cast, tutti corretti, spiccavano la Giovanna di Cassandre Berthon e il Marullo di Jean-Luc Ballestra.

Il coro sempre preparato dal nuovo maestro, Ching-Lien Wu, presentava qualche rigidità nel primo quadro ma migliorava presto (non è che la coreografia di Teresa Rotemberg fosse di molto aiuto).

Giacomo Sagripanti è un bravo maestro, molto apprezzato da orchestrali e pubblico, e ha fatto un lavoro molto buono, magari qualche volta con dei decibel in più ma sicuramente la frequentazione del titolo gli consentirà un approccio più ‘meditato’. Applausi a non finire. C’era un secondo cast che non ho potuto vedere con, nei ruoli principali, Lucic, Lungu e Calleja.

Jorge Binaghi

 

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