PIACENZA: Fedora – Umberto Giordano, 8 ottobre 2023 a cura di Nicola Salmoiraghi

PIACENZA: Fedora – Umberto Giordano, 8 ottobre 2023 a cura di Nicola Salmoiraghi

  • 09/10/2023
UMBERTO GIORDANO

Fedora

dramma di Victorien Sardou
ridotto in tre atti per la scena lirica da Arturo Colautti

direttore Aldo Sisillo
regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Personaggi e Interpreti:
  • La Principessa Fedora Romazov Teresa Romano
  • La Contessa Olga Sukarev Yuliya Tkachenko
  • Il Conte Loris Ipanov Luciano Ganci
  • De Siriex Simone Piazzola
  • Dimitri Vittoria Vimercati
  • Un piccolo Savoiardo Isabella Gilli
  • Desiré Paolo Lardizzone
  • Il Barone Rouvel Saverio Pugliese
  • Cirillo William Corrò
  • Borov Gianluca Failla
  • Gretch Viktor Shevchenko
  • Lorek Valentino Salvini
  • Nicola Neven Stipanov
  • Sergio Lorenzo Sivelli
  • Michele Giovanni Dragano
  • Boleslao Lazinski Ivan Maliboshka
assistente alle scene Serena Rocco
assistente ai costumi Lorena Marin
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
maestro del coro Corrado Casati

Teatro Municipale, 8 ottobre 2023


E finalmente Fedora fu, sulle tavole del palcoscenico del Teatro Municipale di Piacenza. Penultimo titolo della Stagione 2022/23 della vivacissima Istituzione musicale emiliana, sotto la guida artistica attenta, indomita e curiosa della bravissima Cristina Ferrari, l’opera di Umberto Giordano, proposta in un nuovo allestimento curato in toto (regia, scene e costumi) dal giovanotto Pier Luigi Pizzi (93 primavere e sentirne, forse, la metà) era titolo, almeno da me, attesissimo.

Chi mi segue da ormai molti anni sa che sono strenuo difensore e sostenitore del repertorio operistico italiano a cavallo tra Otto e Novecento, che non si restringa solo al gigante Puccini o ai lavori più noti del cosiddetto Verismo (etichetta tanto vaga quanto errata)

photo©Gianni Cravedi

Umberto Giordano, ad esempio, di cui si ricorda e si esegue principalmente Andrea Chénier, è autore di molti altri spartiti variamente interessanti e sicuramente Fedora è tra i massimi suoi.

Opera di grandissima teatralità, con un primo atto che è praticamente un’inchiesta poliziesca e dovette risultare sicuramente particolarissimo ai tempi suoi (l’opera vide la luce nel 1898), è costruita con un’abilità orchestrale e una facilità melodica che dimostrano la straordinaria abilità compositiva di Umberto Giordano, con un occhio già rivolto al Novecento. Se si perdonano le fiammeggianti ed eccessive volute lessicali del libretto di Arturo Colautti (quanto divertenti, però), Fedora, tratta dall’omonimo dramma teatrale di Victorien Sardou che fu cavallo di battaglia di Sarah Bernhardt, vive e palpita di trascinanti abbandoni e pastellate tinte crepuscolari, di vibranti sciabolate drammatiche ed estatiche oasi liriche, in un continuo e calibrato bilanciarsi di effetti musicali che in una parola sola diventano Teatro. Dei più coinvolgenti e diabolicamente catturanti. E non si dimentichi che la musica di quest’opera era apprezzatissima da un certo signore di nome Gustav Mahler. Non proprio il mio vicino di casa insomma (con tutto il rispetto, tra l’altro non so nemmeno chi sia…). Il nostro patrimonio musicale, importantissimo, tra il 1875 e il 1935 circa, è stato questo. Far finta che non esista è, peggio che intellettualmente sbagliato, semplicemente stupido. Fortunatamente i Teatri di Piacenza e Modena, in team, non hanno pregiudizi culturali e ci hanno proposto negli ultimi anni Wally, Gioconda, Adriana e ora questa Fedora; mi auguro e spero che questo meritevolissimo percorso prosegua.

photo©Gianni Cravedi

Alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana, Aldo Sisillo, direttore artistico del Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena, ha dato del capolavoro (sì, capolavoro) giordaniano una lettura sfumata, partecipe, sempre attenta al palcoscenico e al dettato musicale, valorizzandone gli aspetti coloristici più raffinati, senza rinunciare a slancio e passione.

Pier Luigi Pizzi ha creato uno spettacolo da par suo, di classe inarrivabile ed elegantissima bellezza visiva. Ha trasportato la vicenda, stilizzandola al massimo, intorno agli anni Dieci del Novecento, diciamo pochi anni prima dello scoppio della Rivoluzione. Con l’apporto delle proiezioni estremamente realistiche e dall’effetto tridimensionale del videomaker Matteo Lenzi sullo sfondo, ecco creati gli ambienti dei tre diversi atti: San Pietroburgo, Parigi e la Svizzera. E in questo contesto Fedora può permettersi il gustosissimo e non scandaloso cambio di testo nel primo atto, quando invece di “quanti ninnoli deliziosi” in casa di Vladimiro, osservando un quadro “moderno” alla parete dice “Un Kandinsky? Coraggioso!”. A testimonianza che il fidanzato fedifrago sa apprezzare l’arte (allora) contemporanea e, soprattutto lei, colta e tutt’altro che sprovveduta, sa riconoscerla ad occhio. Recitazione sobria, misurata, moderna, curata, con la Principessa, che ricorda volutamente, negli atteggiamenti e nei gesti, filtrati attraverso un gusto e una dimensione attuali, la divina Eleonora Duse. Spettacolo davvero bello e riuscito.

photo©Gianni Cravedi

Sul palcoscenico ha dominato la personalità vocale e teatrale di Teresa Romano, superlativa. Interpretando il ruolo della Principessa Romazov in chiave di mezzosoprano, come anche previsto dallo stesso Giordano, la cantante, debuttando nel ruolo, vince a mani basse la prova per sontuosità del mezzo vocale di splendido colore, ricchezza di armonici, omogeneità in tutti i registri, dal grave timbratissimo all’acuto sfolgorante e sicuro. Riempie poi la scena con la forza di una presenza fisica imperiosa e soggiogante, tenera e appassionata. Fraseggio, accento, intenzioni. Tutto è giustissimo, guidato da un istinto musicale che è fatto sì di temperamento, carattere e natura, ma soprattutto si basa su di una tecnica, ora, dopo il cambio di registro da soprano a mezzo, a prova di bomba. Il suo terzo atto (accanto peraltro ad un Luciano Ganci che in questa parte dell’opera ha dato fuoco alle polveri ed ha toccato il vertice) ha portato tutti alla commozione. Signori, se la musica non valesse, se il testo non reggesse, come da alcune parti si dice, nel 2023 non si arriverebbe a questo.

photo©Gianni Cravedi

Ho anticipato di Luciano Ganci (anche lui al suo debutto scenico come Loris). La generosità vocale di questo tenore è ben nota. Voce bellissima che man mano sale verso il registro acuto trae sostanza e raddoppia arrivando ad acuti che sono vere e proprie lame d’argento, che fanno vibrare i padiglioni auricolari. La passione che Ganci mette intemeratamente nel canto, non può non colpire il cuore di chi ascolta (si ascolta anche con il cuore, ebbene). Il suo è un canto libero, vero, solare, “all’italiana”. Credo corrisponda a come lui è nella vita. E la verità della persona arriva così sulla scena trasferita al personaggio che diventa ai nostri occhi reale, credibile, palpitante di sentimento. Acciaio e luce vespertina (negli abbandoni, nei ricercati “smorzando”, nel fraseggio sensibile e appassionato). Ecco, sì, così definirei la voce di Luciano Ganci.

photo©Gianni Cravedi

Simone Piazzola (De Siriex) ha fatto annunciare un’indisposizione perdurante dalla “prima” ma se l’è cavata ottimamente e con autorevolezza; di vivace e non lezioso “esprit” la Olga di Yuliya Tkachenko (ma riusciremo, un giorno, a sentire anche la sua aria della bicicletta nel terzo atto? Unico neo, qui come altrove, la sua assenza).

photo©Gianni Cravedi

Nutritissima la schiera dei comprimari (ma una lode particolare va al Cirillo benissimo cantato da William Corrò). Volentieri li citiamo tutti: Vittoria Vimercati (Dimitri), Isabella Gilli (Un piccolo Savoiardo), Paolo Lardizzone (Desiré), Saverio Pugliese (Barone Rouvel), Gianluca Failla (Borov), Viktor Shevchenko (Gretch), Valentino Salvini (Lorek), Neven Stipanov (Nicola), Lorenzo Sivelli (Sergio), Giovanni Dragano (Michele). E Boleslao Lazinski, poeta del pianoforte, nipote e successore di Chopin, per cui Pizzi ha “creato” un fluido raccordo tra primo e secondo atto? Brillantemente sostenuto da Ivan Maliboshka.

Alla riuscita della produzione hanno contribuito le luci di Massimo Gasparon (anche collaboratore alla regia) e il Coro del Teatro Municipale, diretto da Corrado Casati.

Teatro gremito, pubblico festante. Si continui su questa luminosa strada.

Nicola Salmoiraghi

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