ROMA: Dialogues des Carmélites – Francis Poulenc, 4 dicembre 2022 a cura di Jorge Binaghi
Dialogues des Carmélites
Direttore Michele Mariotti
Regia Emma Dante
Personaggi e Interpreti:
- MARQUIS DE LA FORCE Jean-François Lapointe
- BLANCHE DE LA FORCE Corinne Winters
- CHEVALIER DE LA FORCE Bogdan Volkov
- MADAME DE CROISSY Anna Caterina Antonacci
- MADAME LIDOINE Ewa Vesin
- MÈRE MARIE DE L’INCARNATION Ekaterina Gubanova
- SOEUR CONSTANCE DE SAINT-DENIS Emöke Baráth
- MÈRE JEANNE DE L’ENFANT-JÉSUS Irene Savignano**
- SOEUR MATHILDE Sara Rocchi**
- L’AUMÔNIER DU CARMEL Krystian Adam
- OFFICIER Roberto Accurso
- I COMMISSAIRE William Morgan
- LE GEÔLIER / II COMMISSAIRE Alessio Verna
- THIERRY /JAVELINOT Andrii Ganchuk**
MAESTRO DEL CORO Ciro Visco
SCENE Carmine Maringola
COSTUMI Vanessa Sannino
LUCI Cristian Zucaro
MOVIMENTI COREOGRAFICI Sandro Campagna
** diplomato “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma in coproduzione con Teatro La Fenice, Venezia
INAUGURAZIONE DELLA STAGIONE LIRICA A ROMA
Teatro Costanzi, 4 Dicembre
Ritornava, dopo un’assenza importante, uno dei titoli più significativi del Novecento lirico (e non solo), i Dialoghi delle Carmelitane (Dialogues des Carmélites) di Francis Poulenc su un testo di Georges Bernanos che era stato all’inizio uno sceneggiato sulla base di un romanzo tedesco, L’ultima del patibolo. Siccome l’opera rispondeva a una commissione passata da Ricordi, la prima assoluta ebbe luogo alla Scala e in italiano nel 1957 seguita poco dopo dalla prima in francese all’Opéra di Parigi. A poco a poco si è fatta un suo luogo nel repertorio dei teatri e anche se non frequente non si tratta di una rarità. Come quasi sempre (dopo quella prima scaligera dove la maggior parte della critica trovò da ridire) è stata accolta trionfalmente da critica e pubblico anche in quest’occasione e meritatamente.
Oggi non esistono più le prevenzioni e pregiudizi ‘pro’ e ‘contro’ musica e testo. È una storia profondamente umana, dove c’è un posto di privilegio per il sentimento religioso ma non solo, e non una semplice celebrazione controrivoluzionaria.
È chiarissimo che la menzione esplicita nella dedica ai nomi di Monteverdi, Verdi e Mussorgskij oltre che Debussy non era casuale e in particolare le soluzioni che ricordano l’autore del Boris sono lampanti. Ma l’originalità di scrittura non va sottovalutata. E così ha fatto Michele Mariotti, direttore musicale del Teatro, al suo primo incontro con questo capolavoro: ha cesellato ogni dettaglio senza perdere di vista l’insieme e l’orchestra letteralmente risplendeva. Forse in avvenire riuscirà a ridurre un po’ in alcuni momenti il volume senza niente perdere d’intensità. Magistrale la scelta dei silenzi: uno per tutti quel che va dall’ultimo colpo di ghigliottina ai due brevi e modesti accordi finali che risuonano invece come giganteschi punti interrogativi. Il coro (soprattutto la parte femminile) preparato da Ciro Visco ha avuto anche la sua parte nel successo della serata.
E ovviamente anche il nuovo allestimento di Emma Dante, forse con qualche elemento in più del necessario (quei lacchè che ricordano un po’ troppo la sua lettura del coro nel ‘Cavallo scalpita’ della Cavalleria), ma per esempio con un’interpretazione dei magnifici interludi mai a scapito della musica e invece rialzandone il senso drammatico. Ovviamente anche in questo caso la preoccupazione è soprattutto umana senza trascurare l’aspetto religioso. Eccellente l’idea di fare che i quadri che ornano la casa del marchese de La Force diventino il patibolo di ogni monaca al posto delle tele e con una tenda bianca che le invola per sempre allo sguardo a ogni colpo di ghigliottina. Ciò detto, e siccome opera è, senza le interpretazioni e le voci lo spettacolo non sarebbe stato completo.
Primeggiava Madame de Croissy, la vecchia priora, nuovo (e si dice ultimo) ruolo di Anna Caterina Antonacci in una creazione somma grazie ai gesti, al fraseggio intenso e riservato, al timbro ambrato e malinconico. Finora mi ricordavo quali prove immense (e diverse) le prove di Hélène Bouvier e soprattutto Régine Crespin (creatrice della seconda priora ma avvertita dallo stesso Poulenc che in futuro sarebbe diventata una grande prima priora). Ebbene, questa è una terza molto diversa ma altrettanto memorabile. Le sue ultime parole (fine dell’atto primo), la sconvolgente frase ‘Peur de la mort!`(paura della morte!) non mi lasciano dalla sera in cui le ho sentite.
Nell’insieme molto buona tutta la compagnia: i ruoli maschili, più brevi, si avvalevano delle voci di Jean-François Lapointe (Il marchese), Bolgan Volkov (suo figlio, bella voce di tenore non troppo potente) e Krystian Adam (il Cappellano) ma anche le parti decisamente minori.
Dal lato femminile le prestazioni più complete venivano da Ekaterina Gubanova (Mère Marie, aspra e rigida come si deve) ed Emöke Baráth (l’altro estremo, una Suor Constance tutta allegria ed impetuosità).
La protagonista di Corinne Winters era buona ma con un timbro troppo scuro per Blanche e un’interpretazione (non so se solo responsabilità sua) troppo decisa per un personaggio fragile e vacillante.
Madame Lidoine era Ewa Vesin, molto intensa ma con un acuto aspro e metallico e anch’essa un timbro molto simile agli altri. Nel resto spiccava la Mère Jeanne d’Irene Savignano e a questo proposito vorrei ricordare che ci sono (ci sarebbero) cantanti italiani adeguatissimi a tutte queste parti ma pare che le autorità responsabili siano le prime a preferire interpreti dall’estero (e non solo di madrelingua, visto che in altri paesi non esistono troppi complessi nel momento di scegliere un repertorio: basta avere le note e la dizione giusta). Ma se non ci si fida di loro (come appunto di Mariotti, Antonacci, Dante) in Italia come si può pretendere che pensino a loro fuori dal bel paese?
Jorge Binaghi