SASSARI: Cavalleria Rusticana – Pietro Mascagni, 10 giugno 2023 a cura di Loredana Atzei

SASSARI: Cavalleria Rusticana – Pietro Mascagni, 10 giugno 2023 a cura di Loredana Atzei

  • 14/06/2023

Cavalleria rusticana

Pietro Mascagni

Melodramma in un atto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci


Direttore Andrea Solinas

Regia Sante Maurizi

Personaggi e Interpreti:

  • Santuzza Gabrielle Mouhlen
  • Lola Elena Schirru
  • Turiddu Walter Fraccaro
  • Alfio Marco Caria
  • Lucia  Alessandra Palomba
Orchestra dell´Ente Concerti “Marialisa de Carolis”
Coro dell´Ente Concerti “Marialisa de Carolis”
Maestro del Coro Antonio Costa
Luci Tony Grandi

 

Ente Concerti Marialisa De Carolis, 10 Giugno 2023


Sassari porta in scena una Cavalleria rusticana tradizionale che stringe in un amplesso fatale due isole che hanno in comune passione carnale, fede religiosa e senso dell’onore. Tutto spinto al massimo fino alle tragiche conclusioni.

L’opera in un solo atto che Pietro Mascagni porta in scena per la prima volta nel 1890, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci,   è semplice ma potente.

In essa ci sono sentimenti forti: amore, gelosia, rabbia e regolamento di conti.

Turiddu, ritorna a Vizzini, un paese non distante da Siracusa.

photo©Elisa Casula

Ha concluso il servizio militare e spera di riabbracciare Lola, la donna amata,  ma la trova sposata ad Alfio, il carrettiere. Nel tentativo di dimenticarla corteggia Santuzza e la seduce ma Lola lo attira nuovamente a se consumando così il tradimento.

L’allestimento è quello bellissimo del Teatro Massimo V. Bellini di Catania con la regia straordinariamente efficace di Sante Maurizi che dimostra di padroneggiare perfettamente la materia verista di un’opera sanguigna profondamente legata alle pulsioni della Sicilia, così come della Sardegna.

 L’unico artifizio che compie è quello di rendere i costumi meno da cartolina spostando l’azione di qualche anno. E questo avvicina ancora di più il pubblico che può così legare gli avvenimenti ad un passato recente non ancora dimenticato ed immediatamente riconoscibile.

I vestiti indossati dalle donne, composti da gonna, corpetto, camicia bianca e scialle,  e quello degli uomini in completo di fustagno marrone con coppola sul capo (che potrebbe benissimo essere su bonette), sono simili, così come l’architettura della Chiesa di chiara derivazione Aragonese, e gli scorci di Paese che appaiono sullo sfondo non differiscono da quelli di un Paesino Sardo.

E se la Sicilia ha Verga come esponente massimo del Verismo dal quale è stata tratta l’opera, la Sardegna ha Grazia Deledda, premio Nobel, che descrive perfettamente ambientazioni e rigidi rituali di rispetto, passione e onore della Sardegna. Due terre diverse per molti aspetti ma governate entrambe da Leggi ancestrali che scandiscono la vita alla pari delle Leggi di natura, e alle quali non ci si può sottrarre. Una volta che si è presa una strada il percorso è inevitabile come quello del sole che nasce e muore.

Uno scandire del tempo e dell’azione che viene portato in scena in modo suggestivo dal gioco di luci creato da Tony Grandi. Il buio della scena che viene lentamente rischiarato si sposa perfettamente con il languore del preludio che avvolge il paese circonfuso dalle luci rosate dell’alba fino al crescente orchestrale in cui il sole illumina tutto con il suo splendore e la Piazza prende vita.

photo©Elisa Casula

Sul podio il Direttore Andrea Solinas dirige l’orchestra dell’Ente Concerti “Marialisa de Carolis” in modo impeccabile dipingendo una tela ricca di sfumature, carica di colori, imprimendo una tempistica rispettosa dell’azione, in un connubio perfetto tra musica e canto.

Il coro, diretto dal M° Antonio Costa, svolge perfettamente il suo compito con un canto omogeneo, aderenza alla fossa orchestrale, una buona disposizione sul palco e una recitazione fatta di piccoli gesti e allusioni che ottengono il risultato di dare una maggior credibilità a quanto avviene in scena.

La vicinanza tra le due isole è quella di chi vive in luoghi simili, conosce le stesse dinamiche, segue lo stesso codice.

Ed ecco allora che ci si emoziona nel vedere rivivere in scena il giorno di festa che riporta alla memoria ricordi d’infanzia, tra canti e fiori che si intrecciano sulla Piazza,  e il Cristo risorto che incontra la Madonna nell’antico e fascinoso rituale de S’incontru.

photo©Elisa Casula

Ma allo stesso modo i sensi si allarmano quando Alfio rifiuta il bicchiere che gli offre Turiddu. Oggi come allora il rifiuto a bere è una grave offesa. E quel vino che Turiddu getta sprezzante fronte al rivale è un insulto imperdonabile.

Il cast è di buon livello sia vocale che espressivo.

Risalta per potenza e temperamento la Santuzza di Gabrielle Mouhlen, soprano dalla voce potente ed incisiva.

Esprime con forza l’ angoscia della donna disonorata. E’ sottilmente maligna nel riferirsi a Lola, si mostra tenera nel cercare di ricondurre a se Turiddu in un ultimo tentativo disperato e infine invoca con rabbia una “Mala Pasqua” armoniosa, non sguaiata che conclude con uno “Spergiuro!” di grande effetto.

Turiddu ha la voce corposa e ben proiettata del tenore Walter Fraccaro. In scena si muove sicuro e da vita ad un Turiddu sanguigno e fisicamente imponente, vinto dalla passione per Lola.

La Siciliana, cantata a sipario calato, mostra subito le caratteristiche di un canto virile e deciso, anche se in qualche momento la voce non appare salda.

photo©Elisa Casula

La dizione siciliana non è perfetta, cosa resa peraltro più difficile dal testo che, come è risaputo, non corrisponde ad un siciliano vero ma ad una forma italianizzata del dialetto. Tuttavia se la parola “cirasa”non viene completata, su “vaso” il fiato indugia a lungo. Ottimo invece il “ma nun me mpuorta si ce muoru accisu…” legato perfettamente a “e si ce muoru e vajun’n paradisu…”. Lo scontro con Santuzza è un duello vocale tra due grandi lame. Nel Brindisi un orecchio attento può ravvisare un po’ di stanchezza nell’amministrazione dei fiati, ma nulla che pregiudichi la recita e una buona resa finale complessiva. D’altra parte la salita all’acuto è sempre sfolgorante. Il risultato è un Turiddu che sopperisce a delle piccole imperfezioni con il mestiere e assicura il risultato della recita offrendo al pubblico un personaggio giovane, dal temperamento rabbioso, con poche sfumature, che si abbandona ai suoi sensi senza curarsi delle conseguenze.

 L’Addio alla madre è cantato con voce stentorea con una sicurezza che il ragazzo si sente in obbligo di sfoggiare per rassicurarla, ma che non riesce a fingere completamente.

Così quando sul finale Turiddu abbraccia disperatamente una Mamma Lucia preoccupata e piena di interrogativi,  il suo canto virile si perde tra i singulti del pianto e l’effetto risulta ancora più straziante.

Il carrettiere tradito è interpretato in modo esemplare dal bravo baritono Marco Caria, già apprezzato personalmente nella parte di Germont padre nella Traviata dello scorso anno, sempre al Teatro di Sassari. Voce che ha il calore e la morbidezza del velluto, espressiva, e ricca di sfumature. Il suo Alfio ha la postura fiera e uno sguardo bonario capace di mutare velocemente per diventare  duro e inflessibile. Un uomo tutto d’un pezzo che lavora ed esige rispetto già dall’entrata in scena con il frustino che fa schioccare a tempo. La voce è ampia ed emerge dal coro e dal muro orchestrale.

Al suo dire “M’aspetta a casa Lola che m’ama e mi consola, ch’è tutta fedeltà.” La parte maschile del coro pare assentire con sicurezza, diversamente dal settore femminile dove le donne paiono più impegnate a spettegolare, ed è legittimo pensare che stiano malignando sulla presunta fedeltà di Lola.

Estremamente riuscito è il suo furore nell’apprendere del tradimento e nel giurare vendetta ai due traditori.

 Ma il momento scenicamente più bello è lo scontro con Turiddu e le sottili provocazioni per indurlo a duellare: il modo fermo e risoluto con cui rifiuta il vino, lo sguardo di ghiaccio rivolto al rivale con la bocca piegata in un riso sardonico, alcuni piccoli gesti rivolti ai compari disegnano un Alfio complesso, lontano da una visione stereotipata, più vero, freddo, determinato…più “balente”.

E’ un uomo che si fa guidare dal senso dell’onore ma che tiene a freno i suoi impulsi agendo con terribile freddezza.

La sua superiorità, rispetto a un Turiddu giovane, ubriaco,  in preda alle sue passioni e ad impeti furiosi che non riesce a controllare, è evidente, e non lascia scampo all’avversario nel duello all’arma bianca che avviene fuori campo.

A vestire i panni di una mamma Lucia inconsolabile, che alla notizia della morte del figlio si accascia su un drappo rosso lasciato cadere sugli scalini della Chiesa, è il contralto Alessandra Palomba, corretta vocalmente e scenicamente credibile.

photo©Elisa Casula

A interpretare invece la donna contesa tra i due uomini è il mezzosoprano Elena Schirru che disegna una Lola giovane e vivace, dalla voce ampia e melodiosa, meno sfacciata di come viene abitualmente rappresentata.

Il risultato è un grande affresco che coinvolge il pubblico tanto più questo si riconosce in esso.

Alla fine l’impegno di tutti viene premiato da sonori applausi che richiamano più volte gli artisti alla ribalta.

Unico neo la scarsa presenza del pubblico in galleria, forse spiazzato dalla data estiva.

Ma il buon livello di questa prima produzione operistica, il successo  della stagione sinfonica appena conclusa e i grandi titoli presenti in cartellone, fanno prevedere che i prossimi appuntamenti faranno registrare una più ampia partecipazione.

Loredana Atzei

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