SASSARI: Don Pasquale – Gaetano Donizetti, 13 novembre 2022 a cura di Loredana Atzei
Direttore d’orchestra Cesare Della Sciucca
Regia Mariano Bauduin
Assistenza regia Rosangela Giurgola
Personaggi e interpreti:
- DON PASQUALE – Francesco Leone
- DOTTOR MALATESTA – Matteo Guerzè
- ERNESTO – Miloš Bulajič
- NORINA – Airi Sunada
- UN NOTARO – Nicola EbauOrchestra dell´Ente Concerti “Marialisa de Carolis”
Coro Associazione corale “Luigi Canepa”
Maestro del coro Luca Sirigu
Costumi Marianna Carbone
Scenografia Nicola Rubertelli
Luci Tony Grandi
Sassari 13 novembre 2022
“Tempus fugit”.
Con queste due parole potremmo riassumere la trama del Don Pasquale andato in scena al Teatro Comunale di Sassari l’11 e il 13 Novembre. Ed è questa la scritta che campeggia sulla meridiana nella stanza principale. Il tempo fugge inesorabilmente per quest’uomo ormai vecchio e ossessionato dallo scorrere delle ore a cui restano solo ricchezze terrene, un nipote sfaticato e una collezione di orologi a testimonianza di un desiderio di controllare ciò che è impossibile da controllare: l’avanzare inesorabile dell’età.
E così, se la frase continua con “…Amor manet” Don Pasquale pensa di trovare la soluzione in un matrimonio fuori tempo massimo con una giovane buona, bella e pia che possa assicurargli una discendenza e, in fondo, anche un po’ d’amore. Ovviamente ha fatto male i suoi conti. Questa è l’idea registica di partenza che viene sostenuta con coerenza durante tutta l’opera e debitamente sostenuta dalle scene di Nicola Rubertelli e gli eleganti costumi di Marianna Carbone. Il disegno luci di Tony Grandi rende piacevole l’atmosfera sottolineando i diversi momenti con varie dominanze di colore.
L’allestimento, nato a Viterbo in occasione del Premio “Fausto Ricci” 2021, è firmato dal regista Mariano Bauduin e qui viene ripreso da Rosangela Gurgiola. L’ambientazione è spostata ai primi del ‘900 con due epoche che collidono. Don Pasquale è un uomo dell’ottocento, un’epoca avviata al declino che sarà presto sostituita dal nuovo mondo che avanza. Un mondo frenetico e galvanizzato da nuove incredibili scoperte, a cui appartiene Norina i cui gusti moderni sono ben rappresentati dalle trame futuriste che decorano sia le pareti della sua stanza che i costumi che indossa.
Uno scontro generazionale dunque, sottolineato nella scena da elementi architettonici, dove il vecchio è destinato a soccombere al nuovo, anche se la morale arriva con i toni spensierati della commedia.
Sotto la guida precisa e attenta del Direttore Cesare Della Sciucca l’Orchestra dell’Ente Concerti “Marialisa De Carolis” imprime immediatamente il giusto ritmo sin dall’ouverture, con quell’ inizio di suoni rumorosi e concitati che reclamano vivacemente l’attenzione del pubblico per poi condurlo sapientemente alle melodie più liriche attraverso l’elegante assolo del violoncello.
Un accompagnamento che mantiene le dinamiche della commedia senza sacrificare troppo i colori di un’opera che al suo interno contiene anche aspetti puramente patetici.
Da rimarcare la buona prova dell’assolo di tromba che precede l’aria “Povero Ernesto…” e le chitarre che accompagnano “Com’è gentil la notte a mezzo april…”.
Si confrontano con questa divertente, quanto difficile, opera un gruppo di giovani di innegabile talento. A cominciare dal protagonista. Un Don Pasquale interpretato dal giovane basso Cagliaritano Francesco Leone, dotato di un gran mezzo vocale sapientemente adoperato che lo rende credibile a fronte di una recitazione che punta tutto sull’aspetto comico del personaggio.
Certamente è uno di quei casi in cui la giovane età è penalizzante. Se vocalmente risulta maturo, tanto che nei recitativi ad occhi chiusi lo possiamo immaginare davvero come un vecchio buffo, scenicamente la giovane età gli impedisce di sottolineare tutte quelle sfumature capaci di strappare il personaggio ad una versione puramente macchiettistica per donargli la pienezza di carattere che merita.
Ma sono dettagli che verranno affinati con l’esperienza in un giovane che vocalmente non manca di nulla per affrontare la parte tranne qualche malizia attoriale e qualche colore musicale in più sia nell’affrontare l’ardente attesa che lo divora in “Un foco insolito…”, ma anche per dare il giusto risalto alla delusione dopo lo schiaffo, testimoniato da quel recitativo lapidario “E’finita Don Pasquale…”.
E forse, proprio consapevoli di questo, si è scelto di dare maggior importanza all’aspetto divertente piuttosto che perdersi nella lettura malinconica dell’opera.
La scelta è stata decisamente felice e premiata dal pubblico che ha riso, ha sobbalzato sulla sedia al rumoroso schiaffo, ha applaudito a scena aperta e ha salutato gli artisti con quasi cinque minuti di applausi alla fine dello spettacolo.
Altrettanto bravo e di grande presenza scenica è il Dottor Malatesta del baritono Matteo Guerzè. Voce teatrale, timbro brunito e omogeneo su tutti i registri. Già nell’ Aria “Bella siccome un angelo…” è evidente la cura del fraseggio, salita agevole all’acuto e la attesa cadenza finale viene risolta brillantemente con il dovuto sfoggio vocale. Bene il duetto con Norina nel primo atto, corretto nel duetto sillabato con Don Pasquale “Cheti cheti immantinente…”.
Norina è interpretata con la giusta verve dal soprano Giapponese Airi Sunada. Voce limpida, ampia, dizione perfetta. Non fa mancare espressività e trilli nella cavatina “Quel guardo il cavalier…so anch’io la virtù magica…”, affronta con il giusto impeto i recitativi e il duetto con Malatesta, sostiene brillantemente il confronto con Don Pasquale in un mix di dolcezza, malizia, esuberanza e arroganza fino ad essere spietata nello schiaffo. Ogni tanto manifesta un certo spavento e disorientamento alle richieste di Don Pasquale e questo ne fa una Norina meno sicura di sé ma che comunque determinata procede verso il suo obiettivo.
Infine Ernesto è interpretato da Miloš Bulajic arrivato all’ultimo momento in sostituzione del tenore Marco Puggioni affetto da un’indisposizione. L’Ernesto di Bulajic è teutonico, con un timbro aspro ed un’emissione nasale ma dotato di una solida tecnica che gli consente di dare una ottima prova nell’aria “Povero Ernesto…” completa di mezze voci e ricca di colori, con una puntatura in “Dal mio cuore…” che viene poi ripetuto e termina la frase con una messa di voce in “…cancellar”.
Non ripete il da capo della cavatina “E se fia ad altro oggetto…” Però conclude con un brillante e lungo acuto da tradizione che scatena l’applauso.
Fornisce il suo contributo durante tutta la recita. Compresa la parte recitativa che affronta con la giusta dose di patetismo e smarrimento, riuscendo ad inserirsi e ad interagire in modo efficace tra gli altri interpreti. Cosa non facile visti i tempi ridotti per la preparazione della parte.
La messa in scena conquista il pubblico gradualmente. Già nel primo atto ci sono momenti comici che suscitano risatine nel pubblico, come la porta sbattuta in faccia a Malatesta durante la sua entrata. Ma è il secondo atto soprattutto, spumeggiante e ricco di invenzioni comiche, a convincere maggiormente. A cominciare dal ridicolo parrucchino che indossa il protagonista a completamento della sua toilette. Un parrucchino che in scena sembra vivere di vita propria, spostandosi sulla testa in modo ridicolo, cadendo per poi essere recuperato in modo rocambolesco ora dal Dottore ora da Don Pasquale stesso, stando attenti a non venir scoperti da Sofronia. Quest’ultima ostenta timidezza insieme a delle qualità fisiche alle quali un uomo non può resistere. E lo fa con una malizia ingenua e raffinata. Mai volgare.
Molto divertenti anche le gags con il notaro interpretato dal baritono Nicola Ebau che caratterizza la parte in modo esilarante sin dall’ingresso in scena in cui srotola con non-chalance un lungo tappeto rosso. Per poi sedersi a redigere l’atto di nozze tirando fuori un antiquato apparecchio acustico, una cornetta che appoggia all’orecchio e in prossimità del quale il Dottor Malatesta detta il contratto. Mentre Don Pasquale per farsi sentire dovrà ricorrere addirittura alla tromba di un grammofono.
I cambi di scena sono assicurati da una pedana rotante e da una porta girevole per cui alla fine dell’insediamento in casa di Sofronia dai vari movimenti risulta una commistione di antico e moderno. Con la vecchia villa di Don Pasquale decorata in parte da dettagli futuristi.
Qualche giro di pedana in meno a dire il vero sarebbe stato auspicabile per evitare un fastidioso effetto da “mare mosso”. Ma è un dettaglio.
Il giardino nel terzo atto viene evocato da luci verdi e due lampioni accesi. L’incontro degli innamorati avviene in bicicletta in uno scenario romantico.
Da sottolineare anche la buona prova del Coro dell’Associazione Corale di “Luigi Canepa” preparata da Luca Sirigu e premiata da un caloroso applauso dopo l’esecuzione di “Che interminabile andirivieni…” e la presenza dei figuranti
Cristian Ferlito, Mauro Fiori e Marco Velli a rappresentare la servitù.
L’opera si conclude con la vittoria della nuova generazione su quella vecchia, e con un Don Pasquale che accetta la sorte e fa buon viso a cattivo gioco.
Ha imparato la lezione tra una risata e uno schiaffo.
E forse dovremmo impararla tutti perché le occasioni perse non ritornano e come si diceva nell’incipit: “Tempus fugit”.
Loredana Atzei