SASSARI: La vedova allegra – Franz Lehár, 5 dicembre 2021 a cura di Loredana Atzei
LA VEDOVA ALLEGRA
Franz Lehár
Edizioni Suvini Zerboni, Milano
Direttore Sergio Alapont
Regia Andrea Merli, Renato Bonajuto
Personaggi e interpreti
- Barone Mirko Zeta Clemente Antonio Daliotti
- Valencienne Francesca Pusceddu
- Il Conte Danilowitsch Vincenzo Nizzardo
- Hanna Glawary Madina Karbeli
- Camille de Rossillon Marco Miglietta
- Raoul De Saint- Brioche Marco Puggioni
- Il Visconte Cascada William Hernández
- Bogdanowitsch Paolo Masala
- Sylviane Margherita Massidda
- Kromow Matteo Loi
- Olga Lara Rotili
- Pritschitsch Francesco Scalas
- Praskowia Teresa Gargano
- Njegus Andrea Binetti
Orchestra dell´Ente concerti Marialisa De Carolis
Coro dell´Ente concerti Marialisa De Carolis
Maestro del coro Antonio Costa
Costumi Artemio Cabassi
Scenografia Artemio Cabassi
Coreografia Giuliano De Luca – Corpo di ballo Romae Capital Ballet
Assistenza regia Teresa Gargano
Luci Tony Grandi
Teatro Comunale “Ente Concerti Marialisa De Carolis”, 5 dicembre 2021
La seconda rappresentazione de “La vedova allegra” di Franz Lehár riconferma il successo della prima andata in scena il 3 Dicembre. Le premesse c’erano tutte.
Un allestimento classico, in pieno stile liberty giocato tutto su tinte sobrie ed eleganti per le scene dell’ambasciata, in contrasto con i colori sgargianti e i costumi provocanti del terzo atto ambientato da Chez Maxim, tutto a cura esperta di Artemio Cabassi.
Interpreti bravi vocalmente con buone doti attoriali, ma soprattutto capaci di gestire tempi comici pressoché perfetti.
Sul podio il Maestro Sergio Alapont, un Direttore brillante capace di lavorare in totale sinergia con i cantanti.
E ultimo, ma non per importanza, un Njegus capace di tastare il polso del pubblico e afferrarne saldamente le redini. Un pubblico che si è fatto volentieri guidare applaudendo a ritmo negli interventi più vivaci e divertenti dell’Opera. Sin dalle prime battute il Teatro si è subito animato di risate.
La regia congiunta di Andrea Merli e Renato Bonajuto, ha saputo coniugare con raffinatezza la parte musicale con quella di prosa in grado di evocare le commedie sofisticate degli anni ’30, inserendo elementi più attuali nel testo ma non rinunciando alle battute che appaiono ormai come un riferimento e che erano proprie di due grandi attori.
Ricordiamo prima di tutto Sandro Massimini, che non è esagerato definire il Re dell’Operetta, e poi il Njegus storico per eccellenza: Elio Pandolfi. Indimenticabile nella sua interpretazione nell’edizione a Roma nel 1990 sotto la Direzione di Daniel Oren che vedeva sul Palco un cast d’eccezione.
La parte musicale è praticamente integrale se si esclude un taglio ai balli nella festa folcloristica a casa Glavary. Tagli che rendono però più omogeneo l’aspetto narrativo trascinando il pubblico immediatamente nell’azione, fatta di sotterfugi tra gli amanti e scaramucce tra gli innamorati.
I balletti sono comunque ben armonizzati e funzionali alla trama seppur semplificati a causa di un organico ridotto.
La parte cantata invece si attiene alla versione tradotta da Ferdinando Fontana nel 1907 e ripesca anche la scena di “Un boudoir piccin…” ossia il duetto tra Valencienne (Francesca Pusceddu) e Rosillon (Marco Miglietta) spostato nel terzo atto. Coppia affiatata sia nella parte cantata che in quella recitata. Entrambi dotati di una buona vocalità.
La storia è semplice e a tutti nota. L’Ambasciata del Pontevedro a Parigi non vuole che la ricca vedova Hannah Glawary sposi un parigino portando così il paese alla bancarotta. E da qui prendono il via equivoci, fraintendimenti e gelosie, in una classica atmosfera da Belle Epoque e con tutti i consueti formalismi dell’epoca.
I personaggi sono tutti perfettamente delineati, compresi i comprimari che di solito appaiono bidimensionali. Qua invece sono più vivi e caratterizzati e questo amplifica l’aspetto comico. Così Cascada (William Hernandez) ha un marcato accento Tedesco, Saint-Brioche (Marco Puggioni) una graziosa erre moscia Francese, e Kromow (Matteo Loi) soffre di una gravissima miopia e si aggira sempre alla ricerca di sua moglie Olga (Lara Rotili) di non provata fedeltà. Caratteristiche che lo rendono in scena uno dei personaggi più esilaranti.
Ovviamente alla comicità di questi siparietti collaborano le rispettive mogli/amanti in un gioco di tradimenti e sottili inganni, nemmeno poi tanto sottili né velati. Il cast dei comprimari è completato da Margherita Massidda, nel ruolo di Sylviane, Francesco Scalas che interpreta Pritschitsch, Teresa Gargano è Praskowia e Paolo Masala è Bogdanowitsch.
Il gruppo si amalgama sul palco e funziona insieme come un perfetto meccanismo ad orologeria.
Il ruolo della protagonista è affidato al Soprano Madina Karbeli dotata di una voce chiara, cristallina con un notevole controllo dei filati, che interpreta la Glawary con una deliziosa cadenza “Pontevedrina”. Seducente con i suoi vestiti da sera e adorabile nel costume tradizionale.
Nella parte del Conte Danilo troviamo il baritono Vincenzo Nizzardo, al suo debutto nella Vedova allegra, ma con all’attivo diversi ruoli importanti tra i quali Figaro, Dulcamara e Malatesta.
Insieme danno vita ad una coppia credibile che si attrae e si respinge come nella migliore tradizione.
La parte più comica è affidata al Barone Zeta interpretato dall’ottimo baritono Clemente Antonio Daliotti che si comporta da perfetta spalla per la verve comica di un Andrea Binetti scatenato nel ruolo di Njegus con grandi doti di improvvisazione e capace di strizzare l’occhio al pubblico anche con riferimenti regionali.
E il pubblico ha premiato l’Operetta con risate e applausi a scena aperta, chiedendo il bis dopo “E’scabroso le donne studiar…” e sommergendola nel finale con oltre dieci minuti di applausi, alla fine dei quali il regista Andrea Merli e Andrea Binetti hanno voluto ricordare proprio colui che ha interpretato in modo irraggiungibile il personaggio di Njegus: Elio Pandolfi.
E l’ultimo, grandissimo applauso, è stato tutto per lui.
Loredana Atzei