TEATRO ALLA SCALA: Concerto straordinario con Plàcido Domingo e Roberta Mantegna, 2 dicembre 2021 a cura di Nicola Salmoiraghi
ORCHESTRA DELL’ACCADEMIA TEATRO ALLA SCALA
Direttore Marco Armiliato
Baritono Plácido Domingo
Soprano Roberta Mantegna
PROGRAMMA
Giuseppe Verdi
da Nabucco
Sinfonia
Umberto Giordano
da Andrea Chénier
Nemico della patria
Plácido Domingo
Vincenzo Bellini
da Il Pirata
Oh! s’io potessi dissipar le nubi… Col sorriso d’innocenza… Oh sole, ti vela
Roberta Mantegna
Giuseppe Verdi
da La traviata
Madamigella Valery? Son io
Roberta Mantegna, Plácido Domingo
Giuseppe Verdi
da Macbeth
Perfidi… Pietà, rispetto, amore
Plácido Domingo
Giuseppe Verdi
da Don Carlo
Tu che le vanità
Roberta Mantegna
Giuseppe Verdi
da La forza del destino
Sinfonia
Giuseppe Verdi
da Il trovatore
Qual voce… Mira, di acerbe lagrime
Teatro alla Scala, 2 dicembre 2021
Festa doveva essere e festa grande è stata, il ritorno di Placido Domingo alla Scala in un concerto straordinario in coppia con Roberta Mantegna. C’era da aspettarselo e non poteva essere diversamente. Il tenore spagnolo (perché tenore rimane, nonostante il “cambio di registro” dell’ultima dozzina d’anni) è artista giustamente amatissimo al Piermarini e in tutto il mondo. In quest’occasione si è esibito in coppia con il soprano Roberta Mantegna e accompagnato dall’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala diretta da Marco Armiliato.
E comincerei proprio da qui, il lato strettamente musicale è quello che ha offerto le note più liete della serata. Marco Armiliato è direttore che ha in mano il repertorio come pochi altri, dirige sempre tutto a memoria, un occhio attentissimo al materiale vocale che ha a disposizione di volta in volta. Dalla compagine dell’Accademia ha ottenuto una bella prova, concentrata, partecipe, in un giusto mix di sonorità pastose, trasporto e ricerca di sfumature; le due Sinfonie, da Nabucco e, in particolare, da La forza del destino, hanno avuto esito trascinante, di smaltata qualità musicale.
Placido Domingo lo si ama e lo si accetta per ciò che è: un cantante che è stato immenso, al pari dell’interprete, e che conta circa otto decenni di vita, meno o più, e sei di carriera. Canta nella più comoda tessitura baritonale conservando timbro tenorile? Vero. L’emissione e il fiato non lo sostengono più come ai bei dì? Vero. Dimentica qua e là le parole e l’interprete risente degli inevitabili compromessi vocali con cui è costretto a patteggiare? Vero. La voce ha conservato una miracolosa fermezza e stabilità e non balla di un niente? Altrettanto vero. Il carisma e il fascino dell’esecutore trascendono ogni limite di età? Verissimo. Per cui lo si applaude fino a spellarsi le mani perché, semplicemente, rappresenta il nostro amore del tutto irrazionale – come lo sono tutti gli amori – per quest’arte folle.
Come arie soliste ha cantato “Nemico della patria” da Andrea Chénier e “Pietà, rispetto, amore” da Macbeth, con Roberta Mantegna i duetti “Madamigella Valery” da La Traviata e “Qual voce… Mira d’acerbe lagrime” dal Trovatore. Il soprano siciliano l’ha affiancato con trepida convinzione come Violetta e sorvegliata incisività come Leonora.
Da sola ha interpretato il finale del belliniano Pirata, che proprio alla Scala l’ha fatta conoscere al grande pubblico, e di cui ha ribadito in quest’occasione di conoscere perfettamente lo stile vocale, e “Tu che le vanità” da Don Carlo, con esito attendibile. Roberta Mantegna ha la sua carta vincente soprattutto in un registro acuto, dai peculiari riflessi metallici, in cui la voce acquista maggiore spessore ed autorevolezza.
Tre bis: “Por el amor de una mujer que adoro” dalla zarzuela Luisa Fernanda per Domingo, “E vui durmiti ancora” serenata popolare siciliana per Mantegna e finale ultra-pop per entrambi, “Non ti scordar di me”, con coinvolgimento del pubblico. Trionfo al calor bianco, standing ovation generale e quindi va bene cosi, forse.
Nicola Salmoiraghi