Teatro alla Scala: Il cappello di paglia di Firenze – Nino Rota, 10 settembre 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi

Teatro alla Scala: Il cappello di paglia di Firenze – Nino Rota, 10 settembre 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi

  • 11/09/2024

Il cappello di paglia di Firenze
Nino Rota

Farsa musicale in quattro atti e cinque quadri

Libretto di Ernesta e Nino Rota da Eugène Labiche e Marc Michel


 

Direttore DONATO RENZETTI
Regia MARIO ACAMPA

Personaggi e Interpreti:

  • Fadinard Andrea Tanzillo (7, 14 set.), Pierluigi D’Aloia* (4, 10, 18 set.)
  • Nonancourt Huanhong Li* (4, 10, 18 set.), Xhieldo Hyseni* (7, 14 set.)
  • La baronessa di Champigny Marcela Rahal (4, 7, 10, 18 set.), Dilan Şaka (14 set.)
  • Elena María Martín Campos* (7, 14 set.), Laura Lolita Perešivana* (4, 10, 18 set.)
  • Beaupertuis Vito Priante (4, 10, 18 set.), Chao Liu* (7, 14 set.)
  • Anaide Greta Doveri* (4, 7, 10, 14 set.), Désirée Giove (18 set.)
  • Emilio/ Un caporale delle guardie William Allione* (4, 10, 18 set.), Wonjun Jo* (7, 14 set.)
  • Lo zio Vezinet Paolo Nevi
  • Una modista Fan Zhou
  • Felice Haiyang Guo*
  • Achille di Rosalba, bellimbusto/ una guardia Tianxuefei Sun
  • Minardi, violinista Daniel Bossi**
    * Allievi dell’Accademia Teatro alla ScalaScene RICCARDO SGARAMELLA

Costumi CHIARA AMALTEA CIARELLI
Coreografia ANNA OLKHOVAYA
Luci ANDREA GIRETTI

 

Teatro alla Scala, 10 settembre 2024


photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Nino Rota? Ah, sì, quello che faceva la musica dei film di Fellini. E per i più la faccenda sarebbe chiusa qui. A parte il fatto che Nino Rota è stato l’autore di moltissime magnifiche colonne sonore anche extra-Fellini, sarebbe il caso di finirla di guardare con sussiego a chi compone per il “cinematografo” (non ci crederete, ma c’è ancora chi lo chiama così, ancorato a un passato “autarchico” in tutti i sensi). E poi Rota è stato l’autore di moltissima musica cosiddetta “colta” (o ciel che noia questa definizione…) nonché di opere liriche di notevole valore, di cui la più nota è certamente Il cappello di paglia di Firenze (ma non dimentichiamo quel gioiello assoluto e spesso sottovalutato che è Napoli milionaria).

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Alla ripresa della sua attività autunnale il Teatro alla Scala, per il consueto Progetto Accademia, ha proposto proprio il Cappello, in un nuovo allestimento che a conti fatti è stato uno dei migliori risultati artistici, complessivamente, degli ultimi anni, per quanto riguarda i titoli di questa particolare sezione annuale.

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Innanzitutto lo spettacolo è riuscitissimo, a partire dalla regia scoppiettante e curatissima di Mario Acampa, che non perde un colpo per tutta la durata della messinscena, congegno ad orologeria perfetto in cui tutti si muovono come in una coreografia sincronizzata al millimetro, scorrevole, divertente, coinvolgente. E non era facile all’interno della bella scenografia continuamente girevole di Riccardo Sgaramella (i costumi, assai efficaci, sono di Chiara Amaltea Ciarelli, il suggestivo gioco luci di Andrea Giretti e i movimenti coreografici, in piacevole profumo di musical, di Anna Olkhoava).

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Acampa immagina la vicenda ambientata nel 1955, anno dell’andata in scena dell’opera, nella premiata Cappelleria “E.Rota et Fils” (Ernesta Rota era la madre di Nino, con cui ha scritto il libretto di questa farsa tratta da Labiche). Qui il vessato operaio Fadinard, innamorato della modesta cucitrice Elena, subisce le angherie di un prepotente collega (che poi sarà il militare Emilio) e dopo aver preso da lui un sonoro pugno, cade in uno stato di incoscienza, durante il quale “sogna” tutta la vicenda della girandola del cappello scomparso, tra equivoci, corna alla borghese, matrimoni ansiogeni e inevitabile lieto fine. L’edificio della fabbrica, di fatto una gabbia da cui Fadinard non riesce mai veramente ad uscire, diventa tutto: la sua casa, quella della Baronessa, il bagno turco, la stazione di polizia, il carcere, in una girandola visiva e teatrale davvero travolgente. Al suo risveglio, sotto l’insegna luminosa e una tenerissima nevicata, ecco Elena baciare, come in un film di Chaplin, il povero operaio: forse una possibilità ancora c’è e un vero lieto fine anche per lui. Spettacolo bellissimo.

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Sul podio dell’Orchestra dell’Accademia (ottima), il veterano Donato Renzetti ha fatto brillare i ricami musicali di Rota, raffinati e piacevolissimi all’ascolto (quasi un delitto capitale per certa critica sua contemporanea), accompagnando con perizia e complicità il gioco teatrale.

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Il cast allineato per l’occasione è parso affiatatissimo (tutti bravissimi in scena) e a conti fatti di livello.

In ogni produzione dell’Accademia c’è sempre una guest star e qui era il bravo Vito Priante nei panni del tradito Beaupertuis, in cui ha fatto valere tutta la sua esperienza d’artista. Molto bravo il sonoro basso Huanhong Li come Nonancourt, una voce da tenere d’occhio.

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Pierluigi D’Aloia, nel non facile ruolo di Fadinard, molto esposto in acuto, oltre a rivelarsi attore credibile e disinvolto, si è disimpegnato decisamente con onore tra le insidie della tessitura. Dopo un inizio timido, la limpida e agile voce di Laura Lolita Perešivana si è fatta valere nel ruolo di Elena.

Simpatica e accattivante la Baronessa di Champigny di Marcela Rahal, così come centrata e a fuoco è parsa la Anaide di Greta Doveri.

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Lodi anche per William Allione (Emilio), Paolo Antonio Nevi (lo zio Vézinet), Fan Zhou (La modista), Tianxuefei Sun (Achille di Rosalba/Una guardia). Gli altri, tutti precisi nei loro ruoli, erano Haiyang Guo (Felice), Wonjun Jo (Caporale delle guardie), Daniel Bossi (Minardi).

Pregevole l’apporto non secondario del Coro dell’Accademia, preparato da Salvo Sgrò.

photo Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Teatro stracolmo e applausi ritmati al termine. Uno spettacolo che si consiglia di conservare in repertorio.

Nicola Salmoiraghi

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