TEATRO ALLA SCALA: Salome – Richard Strauss, 17 gennaio 2023 a cura di Nicola Salmoiraghi
SALOME
Richard Strauss
Dramma in un atto
Libretto di Hedwig Lachmann
Direttore Axel Kober
Regia Damiano Michieletto
Personaggi e Interpreti:
- Herodes Wolfgang Ablinger-Sperrhacke
- Herodias Linda Watson
- Salome Vida Miknevičiūtė
- Jochanaan Michael Volle
- Narraboth Sebastian Kohlhepp
- Ein Page der Herodias Lioba Braun
- Fünf Juden Matthäus Schmidlechner, Matthias Stier, Patrick Vogel, Patrik Reiter, Horst Lamnek
- Zwei Nazarener Jiří Rajniš, Sung-Hwan Damien Park*
- Zwei Soldaten Alexander Milev, Bastian Thomas Kohl
- Ein Kappadozier Matías Moncada*
- Ein Sklave Hyun-Seo Davide Park*
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Coreografia Thomas Wilhelm
ripresa da Erika Rombaldoni
Produzione Teatro alla Scala
Orchestra del Teatro alla Scala
* Solista Accademia Teatro alla Scala
Teatro alla Scala, 17 gennaio 2023
Dopo un’unica recita registrata per la Rai a teatro vuoto, causa emergenza Covid, nel febbraio 2021, è andato finalmente in scena al Teatro alla Scala il nuovo allestimento di Salome di Richard Strauss (già previsto per la Stagione 2019/20 e bloccato per la pandemia praticamente alla vigilia della “prima”) con l’attesa regia di Damiano Michieletto, le scene di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, le strepitose luci di Alessandro Carletti (autentico pittore emozionale dello spazio scenico) e la coreografia di Thomas Wilhelm (ripresa da Erika Rombaldoni).
Esperienza di grande teatro musicale questa Salome. Fantin costruisce un atemporale spazio della coscienza, il cui lucido biancore si ferisce via via di elementi inquieti e inquietanti: gli angeli della morte, le cui piume nere cadono a un certo punto dall’alto come moniti di sventura per i protagonisti; la cisterna dove giace prigioniero Jochanaan, che racchiude anche il sarcofago del cadavere di Erode Filippo, padre di Salome, e che produce un terriccio che impiastriccia i personaggi, che “sporcano” così la loro anima, e viene circondata, quando il Profeta risprofonda nella viscere sotterranee, da un ipnotico cerchio di fuoco; la luna nera che scendendo si trasforma in minaccioso pendolo; l’abito virginale striato di lunghissime strisce di stoffa, scarlatte come il sangue, che avviluppa Salome durante la danza dei sette veli, che è in realtà crudele e violento rito di iniziazione sessuale non voluta; l’ostensorio che racchiude la testa trasfigurata in pietrosa icona sacra del Battista .
Michieletto immagina il capolavoro straussiano come uno spietato dramma psicanalitico di famiglia in un interno, a metà tra Amleto e Elettra. Una bambina, doppio di Salome è spesso in scena. Lei è stata testimone dell’omicidio del padre perpetrato dallo zio e della sua stessa madre. Salome nutre nei confronti del padre un complesso di Elettra non risolto e lo identifica in Jochanaan. La bocca che bacerà alla fine sarà quella di un teschio, quello del padre appunto, sepolto insieme all’“Uomo di Dio”.
Salome fin da piccola è stata oggetto delle attenzioni lubriche dello zio Herodes e nella danza i “sette veli” sono proprio il Re e suoi sei replicanti come lui coperti da maschere neutre dorate, che moltiplicano in una coazione a ripetere la violazione del corpo della ragazzina, che, alla fine nel suo delirio, non verrà uccisa ma si getterà di sua volontà nell’abisso della cisterna. Disperatamente e finalmente riunita al padre.
Grande, grandissimo Teatro, condotto con mano da ormai indiscutibile Maestro. Francamente non so se gli farà piacere, ma quello che era tempo fa considerato l’“enfant terrible” della regia è a questo punto uno degli straordinari “classici” dei nostri tempi. E ci tengo a sottolineare che per me si tratta di un enorme complimento.
Axel Kober, alla guida dell’Orchestra scaligera, ha fornito una lettura attendibilissima, densa di pathos, colori e lampi laceranti e turbati, di questo formidabile caposaldo della musica novecentesca.
Vera sorpresa per il pubblico italiano, il soprano lituano Vida Miknevičiūtė nel ruolo della protagonista, travolgente scenicamente e fiammeggiante nella resa vocale, in cui le sciabolate acute di questo personaggio “monstre” si alternavano ai lividi ripiegamenti quasi soffocati, in cui il talento della cantante si sposava a quello dell’attrice.
Di indiscutibile livello la prova di Michael Volle quale Jochanaan, una sicurezza in questo repertorio; da segnalare lo svettante Narraboth di Sebastian Kohlhepp.
Insinuante, mellifluo, vocalmente perfetto nel ruolo Wolfganag Ablinger-Sperrhacke (Herodes), carismatica e incisiva la veterana Linda Watson (Herodias). Lioba Braun ha fornito adeguati accenti al Paggio, qui trasformato in anziana governante che conosce tutti i segreti e le miserie della casa.
Gli altri erano, in doverosa citazione, Matthäus Schmidlechner, Matthias Stier, Patrick Vogel, Patrik Reiter, Horst Lamnek (i cinque Ebrei), Jirí Rajniš, Sung-Hwan Damien Park (Due Nazareni), Alexander Milev, Bastian Thomas Kohl (Due soldati), Matías Moncada (Un Cappadocio), Hyiun-Seo Davide Park (Uno schiavo).
Successo convinto al termine della seconda recita, con i meritato toni del trionfo per Vida Miknevičiūtė.
Nicola Salmoiraghi