TEATRO ALLA SCALA: Simon Boccanegra – Giuseppe Verdi, 11 febbraio 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi
Simon Boccanegra
opera di Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave
tratto dal dramma Simón Bocanegra di Antonio García Gutiérrez
Direttore Lorenzo Viotti
Regia Daniele Abbado
Personaggi e Interpreti:
- Simon Boccanegra Luca Salsi
- Jacopo Fiesco Ain Anger
- Paolo Albiani Roberto de Candia
- Pietro Andrea Pellegrini
- Amelia (Maria) Eleonora Buratto
- Gabriele Adorno Charles Castronovo
- Capitano dei Balestrieri Haiyang Guo
- Ancella di Amelia Laura Lolita Perešivana
Scene Daniele Abbado – Angelo Linzalata
Costumi Nanà Cecchi
Movimenti coreografici Simona Bucci
Luci Alessandro Carletti
Teatro alla Scala, 11 febbraio 2024
Dopo la storica edizione Abbado-Strehler, che inaugurò la Stagione 1971/72 della Scala, più e più volte ripresa, ripresentare sulle tavole del Piermarini Simon Boccanegra è sempre un atto di coraggio.
La nuova proposta di questo capolavoro verdiano, nella seconda revisione datata 1881, collaboratore Arrigo Boito, che l’ha definitivamente codificato come tale (peccato per il mitico “romito di Sorga” semplificato in “Francesco Petrarca” per il volgo ma ai più temo oggi sconosciuto anche in questa veste) non entrerà probabilmente negli annali della storia di questo titolo ma si è fatta comunque valere per l’alto tasso di valore musicale.
Innanzitutto la brillantissima concertazione e direzione di Lorenzo Viotti alla guida dell’Orchestra della Scala; personalissimo ed efficace nell’interpretazione, con l’incandescente bellezza di suono, che, incalzante, ben si fonde ad un tesissimo racconto drammatico, misterioso, notturno, innervato di potente teatralità. È sempre interessante ascoltare un’opera che si conosce piuttosto bene e trovarvi nuovi colori, nuove e convincenti dinamiche e interessanti prospettive. Uno straordinario talento in continua crescita quello del Maestro Viotti.
Dell’abbacinante cascata di dovizie sonore di cui è dispensatore il Coro scaligero diretto da Alberto Malazzi, è ormai quasi pleonastico scrivere. Un miracolo che continuamente si rinnova e ingigantisce.
Sul palcoscenico si stagliano le prove vocali di Luca Salsi e Eleonora Buratto. Lui, nei panni del protagonista, è uno dei maggiori baritoni verdiani di oggi, per intensità vocale, varietà di fraseggio, scavo della parola, gioco di piani e pianissimi, tornita sicurezza negli acuti, ampiezza di volume. Evidentemente “sente” moltissimo questo ruolo e ciò arriva a chi ascolta. Il soprano è tra le voci femminili che oggi recano vanto al canto italiano; bellissima qualità di timbro e colore, sicurissima in ogni registro, acuti luminosi e penetranti, partecipe e appassionata nel porgere frasi e accenti: una splendida prova la sua come Amelia/Maria.
Molto bravo Roberto De Candia nello scomodo ruolo del “cattivo” Paolo Albiani, e non solo per l’eccellente resa vocale, ma anche per l’insinuante, intelligente e raffinata resa interpretativa del ruolo. Un malvagio con stile.
Charles Castronovo (Gabriele Adorno) ha iniziato con la voce un po’ dura e “spinta” ma si è prontamente ripreso e ha siglato una prova di bella autorevolezza: voce maschia e di slancio gagliardo, di notevole impatto, ha avuto nella sua grande pagina “Sento avvampar nell’anima… Cielo pietosa rendila” un risultato di assoluta rilevanza vocale, giustamente coronato da uno dei rarissimi applausi a scena aperta della serata, tributato da un pubblico folto ma per il resto praticamente surgelato (mi sono chiesto se esistesse un nuovo turno Findus di abbonamento).
L’anello debole del cast era rappresentato da Ain Anger, nel ruolo chiave di Fiesco. Il cantante sarà anche bravo professionista in altro repertorio, ma qui c’entra poco o nulla. Ed è del tutto alieno al canto verdiano o comunque all’opera italiana per timbro, emissione, tinta vocale, fraseggio, senso della parola. Un altro pianeta, purtroppo. Senza contare che anche le noti gravi del ruolo sembravano artefatte e il “colore” della voce dava la sensazione di essere più chiaro di quello di Salsi.
Molto bene Andrea Pellegrini come Pietro; completavano la locandina Haiyang Guo (Capitano dei baletrieri) e Laura Lolita Perešivana (Ancella di Amelia).
Resta da dire dello spettacolo, ma poco c’è da dire; uno dei soliti spettacoli alla Daniele Abbado, non belli, non brutti, semplicemente non. Solite scene grigiastre stile caseggiati dell’Est pre caduta del Muro (dello stesso Abbado e Angelo Linzalata), costumi (di Nanà Cecchi) che richiamano uno stilizzato medioevo per i protagonisti e la fine dell’Ottocento per coro e figuranti, un racconto della trama sostanzialmente chiaro e didascalico, un’azione scenica senza particolari guizzi né inventiva e qualche momento un poco più suggestivo nella seconda parte. Tutto qui, senza troppi danni collaterali né palpiti per lo spettatore. Può bastare per dirsi Teatro?…
Nicola Salmoiraghi