VENEZIA: Falstaff – Giuseppe Verdi, 20 novembre 2022 a cura di Silvia Campana

VENEZIA: Falstaff – Giuseppe Verdi, 20 novembre 2022 a cura di Silvia Campana

  • 25/11/2022

FALSTAFF

Giuseppe verdi

libretto di Arrigo Boito
dalla commedia The merry Wives of Windsor e dal dramma The History of Henry the Fourth di William Shakespeare

prima rappresentazione assoluta: Milano, Teatro alla Scala, 9 febbraio 1893
editore proprietario Casa Ricordi, Milano

direttore Myung-Whun Chung

regia Adrian Noble

Personaggi e Interpreti:

  • Sir John Falstaff Nicola Alaimo
  • Ford Vladimir Stoyanov
  • Fenton René Barbera
  • Dr. Cajus Christian Collia
  • Bardolfo Cristiano Olivieri
  • Pistola Francesco Milanese
  • Mrs. Alice Ford Selene Zanetti
  • Nannetta Caterina Sala
  • Mrs. Quickly Sara Mingardo
  • Mrs. Meg Page Veronica Simeoni

 

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Alfonso Caiani
scene Dick Bird
costumi Clancy
light designer Jean Kalman e Fabio Barettin
regista associato e movimenti coreografici Joanne Pearce

 

Teatro La Fenice di Venezia, 20 novembre 2022


Con questa nuova produzione di Falstaff, scelto come titolo inaugurale per la stagione 2022/2023, il teatro la Fenice di Venezia presenta uno spettacolo completo, omogeneo e brillante dove ciò che sembra scolpire e dominare il palcoscenico è il senso del teatro, quello di Shakespeare, Boito e Verdi in mirabile fusione.

È una sottile e sofisticata sceneggiatura ricca di argute controscene e riferimenti colti ma mai banali quella che anima la visione del regista inglese Adrian Noble che, da esperto del teatro shakespeariano (per anni ha ricoperto l’incarico di direttore artistico alla Royal Shakespeare Company), si accosta con cura certosina al personaggio ricreato in musica da Verdi, cercando di evidenziarne tutte le più sfaccettate caratteristiche teatrali.

Il risultato è uno spettacolo arguto, sciolto, disinvolto e marcatamente teatrale sia nell’impostazione spaziale (un vero e proprio teatro elisabettiano creato da Dick Bird ed animato attraverso i costumi di Clancy) sia nell’approfondito lavoro con il cast e con il Direttore, atto a cesellare e sottolineare con grande misura la parola (e le frasi in orchestra) con la sua centrale importanza in questa partitura che, forse più di tutte quelle verdiane, conosce accenti e sfumature espressive che non smettono di stupire ad ogni nuova esecuzione.

La scelta di Noble  va oltre l’annosa e bolsa ‘querelle’ su allestimenti tradizionali o moderni e ci presenta uno spettacolo che si pone si il proposito di interpretare il libretto ma senza pedissequamente seguirlo; manca la quercia nel III atto ad esempio, presente solo con un massiccio tronco quasi altare sacrificale per il malcapitato cacciatore nero, così come il conflitto in scena tra Ford e Falstaff diventa lotta tra due mondi e due modi di vedere la vita e, non a caso, Ford è abbigliato come un puritano al quale un bistrattato artista (che molto assomiglia all’amato William) cerca di vendere le sue nuove commedie. Una visione che segue, secondo una propria personale e legittima interpretazione, un sentiero non così semplice, ricco di citazioni particolari (irresistibile il Punch/Falstaff che appare nel II quadro insieme a Puck, Oberon e Titania durante una simbolica rappresentazione di Sogno di una notte di mezza estate) che tracciano una linea sottile che sembra collegare il mondo estetico e culturale anglosassone con quello italiano, rendendo ogni movimento quasi sorto dall’unisono di una pagina di testo ed una frase musicale.

Come già accennato perché questo accada felicemente è necessario che si crei in teatro una forte sinergia tra le varie parti impegnate e qui questa non è certo mancata.

Nicola Alaimo si conferma interprete eccellente: il suo Falstaff, che può contare su uno strumento vocale sempre morbido ed espressivo, è ulteriormente maturato in questi anni e va alla sempre più difficile ricerca di quell’equilibrio fra componente comica e patetica che rende questo personaggio verdiano tra i più affascinanti e difficili, sotto ogni punto di vista.

Aiutato da un canto sempre misurato e completamente concentrato sul fraseggio il suo carattere non conosce mai quello stampo macchiettistico che troppo spesso lo schiaccia ma vive della sua stessa natura, quel misto di bonomia, arguzia, presunzione e ingenuità che lo rendono sempre e comunque vincente … anche quando perde. La verve dell’interprete teatrale poi completa l’opera interpretativa ben calibrando ogni gesto, senza mai scadere nell’ovvio, o peggio, nel volgare.

Quale ottimo ‘competitor’ si pone il Ford di Vladimir Stoyanov, assai ben tratteggiato attraverso un mirabile ed accurato gioco espressivo, scenico e vocale.

Sul fronte femminile (a parte la sempre cesellata classe interpretativa di Sara Mingardo quale Quickly) è sembrato forse mancare un po’ quell’allegro e vivace gioco espressivo così evidente in quest’opera: Selene Zanetti (Alice), Veronica Simeoni (Meg) e Caterina Sala (Nannetta) cantano infatti assai bene con le loro peculiari ed interessanti vocalità ma sembrano a tratti restare un po’ al margine di questa partitura così sfaccettata e variopinta.

Stessa sorte capita a René Barbera quale Fenton, pur dotato di un timbro davvero molto interessante e sicuro.

Perfettamente compenetrati nei loro ruoli apparivano gli ottimi Christian Collia (Dott. Cajus), Cristiano Olivieri (Bardolfo) e Francesco Milanese (Pistola).

Bene il Coro del teatro diretto da Alfonso Caiani.

Quella che crea Myung Whun Chung, alla guida dell’orchestra della Fenice, è una vera e propria danza continua, caratterizzata da una teatralità sottile che si esprime attraverso una grande attenzione alle dinamiche e ad un’aderenza totale, a tratti anche rischiosa per l’unisono, alla parola ed al suo significato. Così il gesto, sensibile e misurato, diventa simbolico e pratico tramite per una fusione teatrale e musicale di grande efficacia.

Grandissimo successo di pubblico per tutti gli interpreti ed il Direttore per questa gran bella produzione che è sembrata comunicare con grande semplicità espressiva l’essenza del teatro stesso … e non sempre questo avviene con facilità.

Silvia Campana

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