VENEZIA: Fidelio – Ludwig van Beethoven, 27 novembre 2021 a cura di Silvia Campana
FIDELIO
Opera in due atti di Ludwig van Beethoven
su libretto di Joseph Sonnleithner e Georg Friedrich Treitschke.
versione 1814
Direttore Myung-Whun Chung
Regia Joan Anton Rechi
Personaggi e Interpreti:
- Don Fernando Bongani Justice Kubheka
- Don Pizzarro Oliver Zwarg
- Florestan Ian Koziara
- Leonore Tamara Wilson
- Rocco Tilmann Rönnebeck
- Marzelline Ekaterina Bakanova
- Jaquino Leonardo Cortellazzi
- Primo prigioniero Enrico Masiero
- Secondo prigioniero Nicola Nalesso
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Mestro del Coro Claudio Marino Moretti
Scene Gabriel Insignares
Costumi Sebastian Ellrich
Light designer Fabio Barettin
Teatro La Fenice, 27 novembre 2021
In parte simbolica, in tempi di continue cadute e rinascite, la decisione del teatro La Fenice di Venezia che sceglie, quale titolo inaugurale della stagione 2021/2022, un suo nuovo allestimento di Fidelio, una delle opere certo più complesse e difficilmente definibili del repertorio internazionale. Unico melodramma del genio beethoveniano, questo lavoro si pone infatti a metà tra lo schema di un singspiel ed una assai più complessa contestualizzazione drammaturgica sfaccettata ed universale.
Da questo approccio muove la regia ideata da Joan Anton Rechi che sembra declinare in maniera classica, ma non banale, i temi portanti della partitura (libertà, amore e fraternità) ispirandosi ad un luogo emblema della cultura e storia spagnola quale la Valle de los Caídos (un monastero che venne costruito da prigionieri politici negli anni Quaranta) accostando il significato storico-politico del sito a quello della pièce.
Nel I° Atto la scultura di un’enorme testa marmorea in costruzione (ma resterà incompiuta) ruota durante lo svolgimento dell’azione, mutandosi a tratti quasi in un praticabile che Pizzarro scala e domina con il suo cieco assolutismo e sembra porre una lettura in netta contrapposizione con quella del II° Atto dove tutto cambia e appare un tunnel costituito da una serie di cerchi concentrici e pareti (che si solleveranno poi al termine dell’opera) che ben alludono alla prigione di Florestan ed alla sua liberazione finale.
Certo il concetto è già visto e dipanato più volte ed anche la veste scenografica non introduce nulla di nuovo, nondimeno la narrazione accenna alcuni elementi di riflessione con eleganza, lasciando al pubblico il compito di interrogarsi sui temi centrali (dalla chiave classico-mitologica che l’idolo del I° Atto rimanda a quella più propriamente sociale del II°) veicolati dalla potente struttura beethoveniana.
La terza e definitiva versione del 1814, in due atti, in abbinamento con l’ouverture Leonore n. 3 in do maggiore op. 72b creata invece da Beethoven per la seconda versione e poi eliminata perché troppo grandiosa, è quella proposta dalla Fenice in questa sede: essa privilegia, com’è noto, l’aspetto più possente della partitura attutendo però l’efficacia del contrasto determinato dalle prime scene di carattere, quasi blocchi di partenza allo sviluppo del centrale nucleo drammatico.
Interessante nel suo assieme il cast di professionisti impegnati in palcoscenico.
Tamara Wilson quale Leonore sfoggia un timbro lucente, omogeneo e dall’estensione potente e sicura dominando anche la corda più forte ed emotiva del personaggio con sobria intensità.
Bene anche il Florestan dipinto da Ian Koziara, attento a sfumature ed intenzioni di buon effetto anche se nel passaggio il timbro sembra perdere omogeneità e il sostegno di forza lo porta ad una disparità di emissione non sempre piacevole.
Concentrato su di una vocalità attenta ma poco espressiva il pur buon Pizzarro delineato da Oliver Zwarg, mentre dolente, raffinato e di grande umanità è apparso Tilmann Rönnebeck quale Rocco.
Composti la Marzelline di Ekaterina Bakanova e Leonardo Cortellazzi quale Jaquino mentre Bongani Justice Kubheka ha trovato bell’intensità e spessore quale Don Fernando.
Completavano il cast Enrico Masiero (Primo prigioniero) e Nicola Nalesso (Secondo prigioniero).
Bene il Coro della Fenice diretto da Claudio Marino Moretti.
Myung-Whun Chung alla guida dell’Orchestra del teatro ha evidenziato una lettura appassionata e dominante della partitura, centrata sul possente sinfonismo pur a scapito di una drammaturgia a tratti troppo sommariamente cesellata.
Applausi al termine per tutti gli interpreti ed il direttore.
Silvia Campana