VERONA: Aida – Giuseppe Verdi, 14 giugno 2024 a cura di Silvia Campana
Aida
opera in quattro atti di Giuseppe Verdi
su libretto di Antonio Ghislanzoni
basata su un soggetto originale dell’archeologo francese Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo
Direttore Marco Armiliato
Regia, scene, costumi, luci, coreografia Stefano Poda
Personaggi e Interpreti:
- Aida Marta Torbidoni
- Amneris Agnieszka Rehlis
- Radamès Gregory Kunde
- Il Re Riccardo Fassi
- Ramfis Alexander Vinogradov
- Amonasro Igor Golovatenko
- Un messaggero Riccardo Rados
- Sacerdotessa Francesca Maionchi
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Direttore allestimenti scenici Michele Olcese
Arena di Verona, 14 giugno 2024
Ritorna in Arena di Verona l’Aida ideata da Stefano Poda per l’apertura della prestigiosa stagione scorsa e ormai soprannominata Aida “di cristallo” data la quantità di effetti di luce che si realizzano in palcoscenico.
Sicuramente più rodata rispetto alla prima dello scorso anno e certo attentamente ripresa dal regista, sempre presente ad ogni recita dei suoi spettacoli, questa si conferma un’operazione di indubbia efficacia che giunge a ben coniugare un piano drammaturgico diversificato e di criptica interpretazione con una sua spettacolare realizzazione che, portata avanti con coerenza, stupisce quando non abbacina, data la fantasmagoria di effetti speciali e gli splendidi costumi che la animano.
Teatralmente centrato è il potente messaggio veicolato dai bravissimi mimi, sempre presenti nelle produzioni del regista trentino: essi ben riescono a trasmettere l’impalpabile e soffocante angoscia dell’informe massa di umanità (che tanto rimanda alla memoria la schiera dei dannati nelle celebri illustrazioni di Gustavo Dorè per l’Inferno dantesco) da cui sono avviluppati i cantanti, inghiottiti nella ragnatela dei loro conflitti.
Certo di grande effetto scenico questa particolare situazione credo altresì crei non poche difficoltà agli artisti che, perennemente circondati e fagocitati da questo vero e proprio magma antropomorfo , devono anche pensare a cantare … e bene oltretutto!
Una produzione dunque che, pur affascinando, non smette di sollevare qualche perplessità sotto un profilo strettamente drammaturgico ma che indubbiamente deve essere vista dal vivo per apprezzarne o meno le diversificate implicazioni filosofiche.
Teatralmente ben coinvolto ed attento il cast impegnato in palcoscenico.
Marta Torbidoni, al suo debutto sul palcoscenico areniano, grazie alla bella e pastosa vocalità ha delineato un profilo di donna complesso ed assai ben cesellato attraverso un taglio interpretativo intenso ed un tratteggio sfumato privo di ogni convenzione. Sottomessa ma mai doma la sua protagonista ha così trovato accenti misurati e sensibile espressività attraverso un fraseggio sempre morbido e cangiante.
Molto bene anche Agnieszka Rehlis (anch’essa al suo debutto areniano) quale Amneris che, attraverso una vocalità molto interessante per colore, musicalmente precisa e tecnicamente ben sorretta ha sapientemente marcato i chiaroscuri del suo complesso personaggio.
Il Radames di Gregory Kunde non smette di emozionare (ad onta di qualche affaticamento più che comprensibile) per l’acciaio della sua timbrica sempre dominata da una robusta tecnica e da un accento che mai si disgiunge dall’artista: egli riesce così a tratteggiare un Radames tanto guerriero quanto amante mostrandone le fragilità in modo drammaticamente espressivo.
Interessante per timbro e colore ma troppo sommario nell’accento, l’Amonasro delineato dal terzo debuttante della serata Igor Golovatenko.
Imponente ed autorevole quale Ramfis Alexander Vinogradov e professionale e corretto il Re interpretato da Riccardo Fassi.
Completavano il cast Riccardo Rados (un messaggero ) e Francesca Maionchi (una sacerdotessa).
Bene il coro della Fondazione diretto da Roberto Gabbiani.
Marco Armiliato alla guida dell’orchestra areniana dirigeva con la consueta professionalità indulgendo però a tratti (non so se per sintonia con la ricercata dimensione registica) in tempi eccessivamente meditati e slargati.
Grande successo di pubblico per tutti gli interpreti ed il Direttore per questa Aida “di cristallo” che sembra davvero essere già entrata nel repertorio areniano.
Silvia Campana