VERONA: Aida – Giuseppe Verdi, 16 giugno 2023 a cura di Silvia Campana
AIDA
opera in quattro atti di Giuseppe Verdi
su libretto di Antonio Ghislanzoni
(basata su un soggetto originale dell’archeologo francese Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo)
Direttore Marco Armiliato
Regia, scene, costumi, luci e coreografia Stefano Poda
Marco Armiliato
16, 17, 25, 29 giugno 09, 16, 21, 30 luglio 02 agosto
Personaggi e Interpreti:
- Il Re Simon Lim
- Amneris Olesya Petrova
- Aida Anna Netrebko
- Radamès Yusif Eyvazov
- Ramfis Michele Pertusi
- Amonasro Roman Burdenko
- Un messaggero Riccardo Rados
- Una sacerdotessa Francesca Maionchi
Arena di Verona, 16 giugno 2023
È storicamente provato quanto l’Arena di Verona sia stata considerata, attraverso i secoli, un contenitore perfetto per ogni sorta di manifestazioni, creata proprio per ospitare ed offrire al pubblico esattamente ciò che questo cerca o sembrerebbe cercare.
Non deve dunque stupire che la nostra rete nazionale l’abbia scelta per confezionare una serata (accuratamente ripulita da inopportune quanto sgradite intemperanze) che unendo spettacolarità (le stupende visioni aeree) e cultura avesse l’intento di proiettare al mondo una preziosa immagine della nostra nazione.
Un breve foglietto, consegnato gentilmente all’ingresso al pubblico, stilava un preciso (e assai discutibile) vademecum su cosa fare e non fare, precisando tempistiche ed entusiasmi, evidentemente unici rivelatori del complesso spettro delle reazioni umane.
Detto questo, inutile soffermarci su una serata che, alternando verità ed immagine, aveva il chiaro obiettivo di trasmettere al mondo un patinato ritratto del nostro bel paese attraverso una visione, se non fedele, almeno accuratamente confezionata.
L’occasione peraltro era ghiotta, si festeggiano infatti quest’anno le 100 stagioni liriche nell’anfiteatro areniano (fatte salve le interruzioni belliche e quelle causa Covid) iniziate proprio con Aida nel 1913 che hanno portato l’Arena a diventare il teatro di tradizione all’aperto più importante, celebre ed amato al mondo.
Per festeggiare l’evento la Fondazione ha deciso di fare le cose in grande presentando una stagione assai ricca e diversificata: otto opere (tra cui due nuovi allestimenti per Aida e Rigoletto), tre concerti lirici, un Gala di danza ed un concerto sinfonico.
L’impegno è grande e speriamo che possa essere coronato da successo visto il grande impegno di tutti i lavoratori coinvolti in ogni campo.
Si è dunque iniziato con questa serata evento trasmessa in mondovisione e con tanto di esecuzione dell’Inno Nazionale e spettacolare passaggio delle Frecce Tricolori che avrebbe (il condizionale è d’obbligo) dovuto fare da semplice cornice al nuovo allestimento dell’opera verdiana.
Stefano Poda ha impostato la sua regia attraverso uno sguardo (caratteristico peraltro di molti suoi spettacoli che cura personalmente in ogni aspetto) che vorrebbe astrarre l’opera dal suo contesto teatrale per traslarlo in un ambito più metafisico e filosofico, in cui non è tanto l’impianto drammaturgico a contare ma il modo in cui ogni singolo individuo lo percepisce e arriva a fondersi con esso.
Un mastodontico affresco universale sulla storia dell’umanità in cui noi, quali spettatori, dovremmo immergerci.
L’immenso palcoscenico areniano è così dominato da una lucida piattaforma piana e leggermente inclinata, dietro la quale domina, incombente, una gigantesca mano (simbolo del potere demiurgico di quella umana, capace di carezzare quanto di uccidere), ai lati opposti delle gradinata giacciono, abbandonati sui gradoni, due simboli in frantumi: a destra una colonna romana e a sinistra quello che sembra un braccio robotico che, congiungendosi metaforicamente al centro attraverso il dramma rappresentato, vorrebbero forse simboleggiare il viaggio umano che, affondando le radici nel nostro passato, attraversa il presente per proiettarci nel nostro futuro.
Operazione ‘fusion’ certo fascinosa, stordente, abbacinante che vive di sofisticate installazioni degne di un’immensa Biennale e potenti scorci emotivi (in particolare l’ingresso di Amonasro e il quadro finale che assai bene veicolano la disperazione degli ultimi e la pace dell’anima cercata e trovata)… ma Verdi ?
È davvero identificabile una qualche interpretazione della drammaturgia e dello scavo della parola (punti cardine in continuo sviluppo nella produzione del compositore) in questa sorta di metaverso intellettuale che ingoiandoci rischia di farci dimenticare cosa stiamo vedendo e perché siamo qui riuniti?
Ricordiamo che Aida è opera più di drammi individuali che di grandi quadri, i personaggi sono spesso soli e vivono di un conflitto che appare ancor più lacerante nell’immensità degli spazi.
Non è però la spettacolarità eccessiva che rischia di uccidere il dramma ma l’assenza di un vero lavoro registico sui singoli personaggi. Quasi mai soli in scena questi risultano perennemente immobilizzati da masse di comparse, un magna informe che ne blocca le azioni e i gesti; solo i volti parlano … ma raccontano un’altra storia, empatica forse, ma che sembra appartenere ad un ambito espressivo tanto più olistico e distaccato quanto meno attinente alla drammaturgia verdiana.
La moltitudine di effetti scenici (le innumerevoli luci laser, la gigantesca mano, l’enorme strobosfera) e la massa (tra coro, comparse, mimi e solisti circa 500 persone sono impegnate in scena) abbigliata con elaboratissimi costumi (che rischiano di imprigionare i cantanti nelle loro strutture) contribuiscono infatti solo ad ingigantire un messaggio che sembra muoversi sempre uguale a sé stesso e che sembra affascinare come un’immensa bolla di sapone.
Così la dimensione teatrale viene appiattita e la partitura verdiana rischia di essere relegata a colonna sonora di un grande spettacolo.
Per fortuna sotto il profilo musicale le cose si sono professionalmente svolte, anche se con esito alterno.
Anna Netrebko, interprete del personaggio di Aida in questa serata di gala, ha confermato la sua classe interpretativa.
Perfettamente tratteggiata sin dal suo ingresso in scena, la sua interpretazione trova però i suoi momenti migliori soprattutto nel III e IV Atto dove la vocalità sembra acquistare ancor più teatralità alla ricerca di una potente intensità drammatica ed insieme si cesella attraverso sofisticati pianissimi sempre sostenuti e preziosi. L’interprete poi non abbandona mai il suo personaggio e ne rende lo spessore con carisma intatto e teatrale e sfaccettata intensità. Una grande prova per una grande artista.
Attraverso un giusto uso della sua non facile vocalità Yusif Eyvazov è riuscito, con giusta misura, a cesellare il suo Radames, delineandolo attraverso un gioco espressivo e musicale sempre vincente e raffinato.
Non così Olesya Petrova che, a scapito di un timbro nel suo complesso molto interessante, ne faceva un uso sostanzialmente piatto e superficiale, favorendo un’emissione quasi perennemente sfogata che non aiutava certo l’artista ad una sottile definizione del suo personaggio.
Troppo sommario sotto un profilo musicale ed espressivo anche l’Amonasro interpretato da Roman Burdenko.
Prezioso e solenne il Ramfis delineato da Michele Pertusi.Completavano con professionalità il cast l’ottimo Simon Lim (Il Re), Riccardo Rados (un messaggero) e Francesca Maionchi (una sacerdotessa)
Molto bene il Coro della Fondazione Arena di Verona diretto da Roberto Gabbiani.
Marco Armiliato ha diretto con sicurezza e matura professionalità l’orchestra della Fondazione riuscendo a far emergere (ed in tale contesto) l’essenza drammaturgica verdiana attraverso un bel lavoro con i solisti.
Una menzione a parte meritano i bravissimi mimi che, spesso impegnati in movimenti davvero sofisticati e complessi, sono riusciti a renderli spesso (III Atto duetto Aida – Amonasro) impattanti e fortemente teatrali.
L’Arena, gremita da un pubblico che si divideva tra illustri invitati ed appassionati, sembrava tributare un pieno successo a questa nuova produzione che, un po’ come i fuochi d’artificio a Ferragosto, forse non infastidiva troppo nessuno, se poi questo sarà sufficiente si vedrà con il tempo … la stagione del Centenario è intanto iniziata, mille auguri dunque!
Silvia Campana