VERONA: Aida – Giuseppe Verdi, 7 luglio 2024 a cura di Matteo Cucchi

VERONA: Aida – Giuseppe Verdi, 7 luglio 2024 a cura di Matteo Cucchi

  • 16/07/2024

AIDA

di Giuseppe Verdi

Opera in quattro atti

Libretto di Antonio Ghislanzoni


Direttore Alvise Casellati

Regia, scene, costumi, luci e coreografia di Stefano Poda

Assistente a regia, scene, costumi, luci e coreografia Paolo Giani Cei

Personaggi e Interpreti:

  • Il Re Marko Mimica
  • Amneris Clémentine Margaine
  • Aida Maria José Siri
  • Radames Yusif Eyvazov
  • Ramfis Rafał Siwek
  • Amonasro Igor Golovatenko
  • Un messaggero Riccardo Rados
  • Una sacerdotessa Francesca Maionchi

Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona

Maestro del Coro Roberto Gabbiani

Coordinatore del Ballo Gaetano Bouy Petrosino

Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese

Arena di Verona, 7 luglio 2024


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Il quinto appuntamento dell’Aida sui marmorei spalti dell’Arena di Verona è iniziato sotto un cielo che sin dalle prime note ha lasciato presagire una pioggia fatale per lo spettacolo; le prime note sono infatti riecheggiate nel monumento romano accompagnate da sporadiche gocce,minacciandone subito l’interruzione. Tuttavia, Fortuna ha favorito gli artisti e il pubblico e, dopo una pausa di ricognizione di pochi minuti, gli interpreti hanno potuto esibirsi fino alla fine senza ulteriori imprevisti.

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Aida è un’opera i cui legami con l’Egitto sono tanto evidenti quanto poco essenziali per la vicenda al centro del libretto di Ghislanzoni. Certamente i riferimenti alla cultura egizia sono palesi e la narrazione è assolutamente verosimile; non per nulla la novella che gioca il ruolo di soggetto utilizzato da Ghislanzoni e Verdi è di Auguste Mariette, l’egittologo fondatore del Museo Egizio del Cairo. L’Antico Egitto è però null’altro che un contesto storico, indubbiamente suggestivo ed esotico, nel quale a dominare la scena sono però i personaggi travolti da gloria, amore e sventura. Al termine del conflitto tra Egizi ed Etiopi né vincitori né vinti sembrano essere destinati alla felicità e in una visione al quanto pessimistica sembra che ad aggiudicarsi il trionfo sia unicamente lo status quo, rappresentato, come sovente accade, dalla casta sacerdotale, vera arbitra della storia.Amneris, figlia del monarca egizio, pur appartenendo alla fazione dei vincitori, viene sconfitta in amore da Aida e a causa delle sue stesse trame finirà per perdere ciò che più le è caro.

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Aida è per certi versi un personaggio speculare alla sua rivale: figlia del padre sconfitto in guerra dai carcerieri presso i quali è tenuta come ostaggio, è invece vincitrice del cuore di Radames ma con lui dovrà condividere lo sfortunato destino. Radames è un Napoleone egizio: la sua vita, come quella dell’Imperatore dei Francesi, è una gloriosa e drammatica parabola. Dopo essersi cinto degli allori della vittoria (una simbologia certamente più europea che egizia, anche questa ben accostabile al generale corso) perde tutto miseramente inseguendo un sogno che il destino non vedeva di buon occhio.

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Al centro dell’Aida vi è quindi l’uomo con le sue glorie e le sue sventure ed è perciò abbastanza semplice liberarsi dell’ambientazione storica e concentrarsi sui protagonisti e le loro vicende ed è quello che fa il regista Stefano Poda in questa seconda edizione all’Arena di Verona. Il regista abbandona quasi tutti i riferimenti all’Antico Egitto mantenendo solo alcuni elementi tradizionali dell’iconografia classica come le maschere di Anubi e gli occhi di Horus; una conservazione questa che se da una parte facilita l’identificazione delle comparse in scena dall’altra stona notevolmente con le altre scelte scenografiche (nonché con gli altri costumi).

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La regia di Stefano Poda più che distaccarsi dall’ambientazione, cosa che comunque gli riesce (salvo le eccezioni citate), sembra avere come principale scopo lo stupore del pubblico attraverso ricercati ed efficaci giochi di luce che vendono l’impiego di laser, fumi e un sapiente uso di riflessi su costumi e oggetti di scena.L’accentramento dei ruoli nelle mani del regista non ha giovato particolarmente allo scopo prefissato infatti per quanto siano indubbie le buone idee, la loro realizzazione risulta ben eseguita ma non perfezionata e spesso ripetitiva in diversi ambiti: l’utilizzo delle luci rivela certamente una notevole tecnica e ingegno ma una scarsa varietà, stesso dicasi per le coreografie che vedono ottimi interpreti eseguire stupende coreografie ma troppo ripetute. Se si considera la durata di uno spettacolo come Aida, è un difetto questo non di poco conto che forse si sarebbe potuto evitare.

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Le buone idee non mancano e confido che una terza edizione, qualora dovesse esserci, veda il perfezionamento di questi aspetti. Dopo quattro spettacoli di Aida diretti da Marco Armiliato, questa è la volta di Alvise Casellati che riesce a meritarsi il plauso e l’apprezzamento di un pubblico entusiasta. Eccellente il lavoro degli artisti e tecnici della Fondazione Arena di Verona. Il Coro, che, complice talvolta un ingegnoso impiego dei corridoi di accesso agli spalti (adibiti a dietro le quinte per gli spettacoli), regala attimi suggestivi in particolar per le preghiere e la sentenza a Radames). Tecnici superlativi in particolar modo gli incaricati alle luci e ottima l’orchestra. Altrettanto meritevole il corpo di ballo tanto per la tecnica e la coordinazione nei balletti quanto per le coreografie di scena che hanno accompagnato gli interpreti offrendo una rappresentazione più dinamica al canto dei solisti.

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Parlando di solisti merita una speciale menzione il talento di Igor Golovatenko nei panni di Amonasro, il quale si è trovato a cantare quasi sepolto dai mimi. Tanto l’Amneris di Clémentine Margaine quanto il Radames di Yusif Eyvazov si sono guadagnati un meritato e scrosciante applauso del pubblico dopo aver dato prova di grande talento. Meno convincente l’Aida di Maria José Siri la quale sia per dizione che per qualità canora non risulta sempre all’altezza del ruolo. Meglio riuscite sono le interpretazioni di Rafał Siwek nei panni di Ramfis e di Marko Mimica in quelli del Re.

Matteo Cucchi

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