VERONA: Aida – Giuseppe Verdi,  a cura di Matteo Cucchi

VERONA: Aida – Giuseppe Verdi, a cura di Matteo Cucchi

  • 03/09/2024

AIDA

Edizione Storica 1913

di Giuseppe Verdi

Opera in quattro atti

Libretto di Antonio Ghislanzoni


Direttore Daniel Oren

Regia di Gianfranco de Bosio

Personaggi e Interpreti:

  • Il Re Simon Lim
  • Amneris Agnieszka Rehlis
  • Aida Maria José Siri
  • Radames Ivan Magrì
  • Ramfis Alexander Vinogradov
  • Amonasro Youngjun Park
  • Un messaggero Carlo Bosi
  • Una sacerdotessa Francesca Maionchi

Coreografia di Susanna Egri

Primi Ballerini Futaba Ishizaki, Denys Cherevychko, Gioacchino Starace

Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona

Maestro del Coro Roberto Gabbiani

Coordinatore del Ballo Gaetano Bouy Petrosino

Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese

 

Arena di Verona,


PHOTO©ENNEVI

Dopo aver assistito a un’edizione di Aida proposta in salsa futuristica e dalle realizzazioni sceniche semiconcettuali che al suo secondo anno di vita ha già (o “ormai”, a seconda del gradimento) assunto la denominazione di “di Poda”, dal nome del suo regista, assistiamo ora a una versione storica.

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Un’edizione storica sotto più aspetti. Scenografia e costumi ricreano un panorama verosimile dell’Antico Egitto facendoci immergere in quel contesto culturale realizzatosi nelle menti prima di Auguste Mariette (autore della novella da cui è tratta l’opera) e poi di Antonio Ghislanzoni e Giuseppe Verdi. La compresenza di due regie di Aida così diverse nella medesima stagione operistica mette in evidenza la complessità di quest’opera e di conseguenza la possibilità dal lato registico di concentrarsi su particolari aspetti e dal lato dello spettatore di esaminare i diversi volti della vicenda dei due protagonisti. Abbiamo infatti visto nell’Aida di Poda come l’opera di Verdi-Ghislanzoni abbia un nebbioso sfondo a metà strada tra la storia e la fantasia; del resto la natura della novella non ha la pretesa di voler esser storicamente attendibile. Ecco che quindi tutto ciò che circonda Aida, Radames e Amneris può facilmente scomparire e nell’edizione Poda di fatto avviene: scompare la guerra, la società egizia passa in secondo piano e l’attenzione verte sulla vicenda amorosa e sull’inquietudine di un fato ineluttabile. Nell’edizione 1913 tutto cambia. I contorni non sono più di luci e fumi e ci ritroviamo catapultati in un’immagine dell’Antico Egitto con i suoi edifici imponenti, le sue sfingi, i suoi geroglifici e la sua opulenza. La regia dell’Aida del veronese Gianfranco de Bosio, scomparso nel 2022, fa uso dei grandi spazi dell’anfiteatro per ricostruire un apparato scenografico che immerge e stupisce. Dopo gli elogi è però doveroso aprire una dolorosa parentesi sulle luci che, almeno a mia personale sensazione, parrebbero essere stateconsiderate unicamente nel loro aspetto funzionale. Come già detto quest’edizione ha l’intenzione di calare il pubblico, oltre che in una storia, in un mondo realistico. Ci troviamo invece delle luci che nel mezzo della scena si accendono e spengono di colpo commettendo l’errore più grave che si possa commettere in uno spettacolo: ricordare al pubblico che è uno spettacolo! Vi sono poi parti dell’opera con svolgimento tutt’altro che notturno nelle quali l’illuminazione non riesce a contribuire al panorama e si ricorda di farlo solo in sporadici momenti evidenziando con questo andamento altalenante non un’impossibilità tecnica ma una scarsa cura.

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Abbiamo detto all’inizio delle nostre considerazioni che Aida 1913 è una versione storica ma non lo è solo per una questione legata alle scelte registiche. Questa versione di Aida è infatti un omaggio all’Aida del 1913 che aprì il festival lirico areniano cambiando per sempre l’immagine stessa della città di Verona nel mondo. Da De Bosio, nel 1982, vennero recuperate per la prima volta le scene originali di Ettore Fagiuoli. Gli stessi costumi sono inoltre ispirati ai figurini di Auguste Mariettee la regia intende seguire filologicamente le disposizioni sceniche di Giuseppe Verdi stesso.

Ognuno di questi aspetti ha indubbiamente il suo fascino ma come abbiamo detto poc’anzi le due Aida ci lasciano qualcosa di diverso. Della regia Poda abbiamo già discusso e impresso le dovute considerazioni nella recensione alla recita del 7 luglio (INSERIRE LINK).

L’ambientazione di Aida, lo abbiamo già detto, è nebbiosa. Ci viene dipinta attorno ai protagonisti, non tanto la storia, ma quanto una società. Un contesto sociale così come lo avevano immaginato i padri dell’opera e che pretendere di definire egizia per un regno plurimillenario sarebbe a dir poco ingenuo.

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In un’Aida più contestualizzata viene più naturale riflettere sulla conflittualità evidenziata da Ghislanzoni tra la casta  sacerdotale, tradizionalmente emblema della fazione conservatrice della cultura occidentale e non solo, e quella politica e militare, le cui ambizioni e ideologie sono talvolta divergenti. La guerra, il trionfo e la giustizia nell’Aida sono sempre accompagnate dagli inni a Ftah che se da una parte contribuiscono all’esotismo dell’opera dall’altra richiamano l’attenzione sul vero potere nella società egizia; un potere così grande da potersi imporre sul generale che ha salvato la patria e perfino sulla figlia del Re. Non sarebbe così assurdo pensare all’Aida come una sintesi nostalgica della parabola napoleonica e se diamo per buono questo accostamento non è così difficile togliere la maschera ai sacerdoti di Ftah e intravedere il volto della Restaurazione che manda in esilio Napoleone (Radames) insieme all’illuminismo francese (l’amore impossibile di Napoleone: l’illuminismo). Naturalmente è solo una personale interpretazione ma considerando i contenuti e le modalità espressive della letteratura storica ottocentesca non sia così improbabile.

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Per quanto riguarda l’esecuzione l’Orchestra della Fondazione Arena di Verona diretta Daniel Oren è stata meno convincente del solito con i fiati spesso in eccessiva predominanza sul resto dei musicisti. Buona interpretazione di Ivan Magrì nel ruolo di Radames che, contrariamente al suo personaggio, si è onorato del plauso del pubblico. Maria José Siri (Aida) decisamente più in forma rispetto alla sua performance nell’Aida di Poda del 7 luglio. L’Amneris di Agnieszka Rehlis, nonostante l’eccesiva enfasi su alcune geminate e vibrate che la rendono meno convincente per quanto concerne la dizione italiana, riesce a mantenere un livello apprezzabile. Buone le interpretazioni di Simon Lim (il Re), Youngjun Park (Amonasro) e Alexander Vinogradov (Ramfis).

Matteo Cucchi

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